Nzonzi sfida Brozovic Due modi di fare il play
Roma-Inter rivincita mondiale: il francese spera di trasformare i fischi in applausi come il croato
Proprio vero: la storia degli altri insegna spesso qualcosa. E quella di Marcelo Brozovic, ad esempio, potrebbe essere da ispirazione anche per Steven Nzonzi, prima che domani incrocino i tacchetti sulle zolle dell’Olimpico. La lezione è chiara: i fischi possono trasformarsi in applausi. Sempre. A patto e condizione che si riesca a dimostrare il proprio valore. Così il croato potrebbe raccontare al francese come lui ce l’abbia fatta con San Siro,. Sarebbe il modo migliore forse, per il gigante nero, per metabolizzare i fischi che gli hanno riservato i tifosi giallorossi martedì scorso al momento della sostituzione. Risultato: Nzonzi ci è rimasto così male che voleva andare subito negli spogliatoi, prima che venisse convinto a tornare in panchina e a non alimentare lo strappo. A pensarci bene, strana la vita di due centrocampisti che solo nel luglio scorso, nel caldo di Mosca, si affrontavano per decidere quale fosse nel calcio la più bella del reame. Eppure – prima d’incrociarsi per 35 minuti nella finale del Mondiale – hanno «rischiato» di giocare insieme al Siviglia, mentre domani si sfideranno per la prima volta in Serie A. Prendete appunti: come fare il play davanti alla difesa in due modi diversi.
DOPO LA FESTA Ecco, il modo compassato, senza guizzi, di gestire la palla, al momento sembra aver un po’ deluso il popolo giallorosso. Da Nzonzi si aspettavano tanto, mentre al suo arrivo si è capito subito come il francese pagasse la lunga festa del dopo Mondiale. Non solo. Il centrocampista ha dovuto adattarsi anche ad un tipo di preparazione diversa rispetto a quella a cui era abituato. E così, grazie anche al suo preparatore personale, è passato dal privilegiare l’agilità alla potenza. Se per aiutare la convivenza con De Rossi, Di Francesco ha virato sul 4-23-1, adesso le responsabilità di Nzonzi sono maggiori, vista l’assenza del capitano. Che pesa.
L’UOMO CHE CORRE Storia diversa per Brozovic, il metronomo di Spalletti. Il play adattato che alla velocità di pensiero preferisce recuperi, palloni intercettati, verticalizzazioni, polmoni. E ci mette pure qualche gol. Che sia Epic o faccia la mossa del «coccodrillo» nata contro il Barcellona, Marcelo ha una costante: corre, corre, corre. Manco fosse Forrest Gump. Al Mondiale è riuscito a farsi 16,339 km (record) nella storica semifinale contro l’Inghilterra; in Serie A è il primo al momento (davanti a Biglia e Pulgar) con 11,941 km percorsi a partita. L’uomo dell’incostanza un gennaio fa era stato vicinissimo al Siviglia di Nzonzi: l’Inter l’ultimo giorno del mercato invernale bloccò il trasferimento in Andalusia e Marcelo svoltò. Seconda parte della stagione super, Spalletti convinto, Champions conquistata anche grazie a lui: il croato è diventato l’uomo a cui l’Inter rinuncia con difficoltà, anche se adesso sta pagando la rosa corta in Champions, dove le alternative a centrocampo sono limitatissime. Marcelo è il motore: ecco perché il club gli ha appena rinnovato il contratto. Allungamento dal 2021 al 2022, più clausola di rescissione valida per l’estero passata da 50 a 60 milioni. Quanto basta per sentirsi nel cuore dell’Inter. Una sensazione che Nzonzi, a Roma, sta ancora aspettando di provare.