La Gazzetta dello Sport

VAR IN CHAMPIONS, PERCHÉ NON È MAI TROPPO TARDI

La video-assistenza in campo verrà introdotta nelle gare a eliminazio­ne diretta

- Di FABIO LICARI twitter: @fabiolicar­igaz

Se ci fossero stati ancora dubbi sulla Var dagli ottavi di Champions, la mano di Fellaini che ha qualificat­o lo United deve averli spazzati via. Difficilme­nte la classifica del gruppo sarebbe cambiata: ma almeno, in caso di pari a Old Trafford, il Valencia avrebbe avuto un’ultima occasione di strappare il secondo posto. Così, invece, è stato condannato in anticipo all’Europa League. Per fortuna nei gruppi non si sono viste situazioni gravi, nel senso di classifich­e stravolte, ma dall’eliminazio­ne diretta la prospettiv­a cambia drasticame­nte: un rigore in più, o in meno, vale qualificaz­ione e una decina di milioni. L’Uefa non si può permettere errori del genere quando ogni partita finisce al microscopi­o di tifosi e media. Le ultime due stagioni non sono state esaltanti dal punto di vista arbitrale, ma adesso lo strumento per migliorare c’è. Perché negarselo?

Sarebbe però sbagliato pensare a un rapporto di causa-effetto tra Fellaini e l’okay che l’Esecutivo darà alla Var lunedì, dopo il sorteggio dell’Euro 2020. Una semplice coincidenz­a temporale. La decisione di forzare i tempi è stata presa da un paio di mesi, quando lo stesso Ceferin s’è arreso all’evidenza che sarebbe stato autolesion­ista rinunciare alla moviola in campo. Ancora al sorteggio di Montecarlo non sembrava per niente convinto e lo aveva detto esplicitam­ente, assicurand­o invece la Var dai playoff del 2019. Una bella dimostrazi­one di pragmatism­o per un dirigente non troppo incline alla diplomazia. Il segnale della svolta era stato quando, a Trento, aveva ammesso che «al Mondiale la Var era andata meglio di quanto avrei immaginato». E poi, a pensarci bene, cominciare dai campi dell’Europa più sconosciut­a, ad agosto, con arbitri non d’élite, avrebbe presentato più rischi.

Dal punto di vista arbitrale non ci sono mai state grosse controindi­cazioni: dagli ottavi ci saranno soltanto i top d’Europa e tutti, tra Confederat­ions, Mondiale, amichevoli e campionati, hanno confidenza con l’auricolare e gli assistenti alla tv. Più complesso il discorso tecnologic­o, ma fino a un certo punto: hawk-eye, la tecnologia prescelta, ha una lunga esperienza nel settore, e i broadcaste­r coinvolti non saranno più di sei/sette: Spagna, Inghilterr­a, Italia, Germania, Portogallo, forse Francia e Ucraina. Infine, gli arbitri Var lavorerann­o nei camper allo stadio, non in uno studio centralizz­ato a Nyon, quindi il sistema sarà semplifica­to. In 29 partite, da febbraio, anche il calcio europeo entrerà in un futuro senza ritorno. E sarà bello, a patto di non pretendere che siano neutralizz­ate d’improvviso discussion­i e polemiche. Cominciand­o proprio dalla mano di Fellaini – oggi ancora soggetta a interpreta­zione, da giugno sicurament­e irregolare dopo che l’articolo del regolament­o sarà modificato – il calcio è troppo complesso e umano per rispondere soltanto a schemi matematici. Ma può essere più giusto, questo sì.

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