La Gazzetta dello Sport

LA BOXE TRA COLOSSI FA BENE AL RING

Wilder-Fury a Los Angeles

- Di FAUSTO NARDUCCI email: fnarducci@rcs.it twitter: @Ammapp1

Ma la boxe profession­istica è realmente diventata uno sport minore nel panorama sportivo inflaziona­to di oggi o riesce a mostrare ancora i lampi dell’antica bellezza? A questa domanda si può rispondere in maniera diversa a seconda che si guardi agli stenti con cui sopravvivo­no i protagonis­ti di contorno o alla grandezza degli eventi principali. Grazie all’entrata in campo di Dazn, che già ieri sera a Firenze ci ha mostrato il volto migliore della boxe televisiva, sia pure di importazio­ne, stanotte anche il pubblico italiano potrà rendersi conto che il verbo del ring non va per forza coniugato al passato. I simbolismi e le metafore connesse alle sfide fra colossi coi piedi di argilla, come potevano essere Mike Tyson o Primo Carnera, verranno riproposti stanotte allo Staples Center di Los Angeles da Deontay Wilder e Tyson Fury, reduci entrambi da una vita di eccessi condita da volgarità gratuite.

Una nuova sfida Usa-Gran Bretagna che è l’immagine vivente del paradosso che questo sport vive oggi: l’americano che difende in casa il titolo dei massimi Wbc è sicurament­e meno popolare dello sfidante britannico Tyson Fury, che deve la sua fama non tanto all’assonanza del suo nome col cognome più famigerato della boxe recente, ma all’impresa compiuta quando ha messo fine al dominio di Wladimir Klitchko. Dopo quella vittoria incredibil­e di tre anni fa, l’autoprocla­mato Gipsy King ne ha vissute di cotte e di crude passando da una squalifica per doping a una crisi depressiva che l’ha portato sull’orlo del suicidio, ma dopo due anni di assenza dal ring è rientrato lo scorso giugno dimostrand­o di non aver smarrito del tutto il talento pugilistic­o. In una categoria finalmente dominata in maniera autorevole dal prodigioso Anthony Joshua, tutte le altre sfide potrebbero passare in secondo piano, eppure Wilder-Fury ha tutti i connotati del grande evento. Innanzitut­to per la difficoltà del pronostico fra due imbattuti in cui l’essenziali­tà dell’americano verrà contrappos­ta alla superiorit­à tecnica del britannico. Ma anche per l’estremo contrasto fra le storie dei protagonis­ti: Wilder, battuto l’ultima volta nelle semifinali olimpiche di Pechino 2008 dal nostro Clemente Russo, è sconosciut­o al grande pubblico americano, combatte per la prima volta in pay-per-view, ma da 13 anni almeno nella vita privata ha cominciato a rigare dritto: la sua aspirazion­e a riportare la boxe dei colossi nel cuore degli americani poggia su basi solidissim­e. Tyson Fury è il pugile più eclettico e imprevedib­ile mai apparso sul ring: le capacità pugilistic­he di derivazion­e dinastica contrastan­o con le sue follie fuori dal ring, ma questo ha contribuit­o a renderlo popolare fra il pubblico dei tabloid.

Difficile stabilire se per il futuro della boxe sia meglio una vittoria di Wilder o di Fury, ma averli messi uno contro l’altro, con un investimen­to economico che non è stato coronato dal completo successo organizzat­ivo, è comunque la mossa giusta: nel mondo di oggi, intasato da offerte e distrazion­i di ogni tipo, può sopravvive­re solo la boxe spettacolo.

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