La Gazzetta dello Sport

MILANO SÌ, ROMA NO VAR A TARGHE ALTERNE

- di ALESSANDRO CATAPANO

Tu quoque, Rocchi... Proprio il nostro arbitro migliore, il più autorevole, l’unico italiano che abbia fischiato (sul campo) all’ultimo Mondiale, sul più bello tradisce. Noi addetti ai lavori che stavamo celebrando una giornata in qualche modo epocale, per il primo rigore concesso dal replay tv, e loro, i colleghi di Rocchi, che avevano portato a casa un turno molto positivo, senza alcuna insufficie­nza. Prima della frittata dell’Olimpico. Nel concorso di colpa che provoca l’incidente al 36’ di Roma-Inter, come spieghiamo nella moviola della gara, è l’arbitro al Var, Michael Fabbri da Ravenna, che ha le responsabi­lità maggiori, perché non suggerisce a Rocchi, comunque colpevole di non averlo visto, di andare al monitor (in gergo OFR, on field review) a rivedere il contatto tra D’Ambrosio e Zaniolo, e anzi lo rassicura sulla bontà della decisione presa sul campo. Strano, Fabbri non è un novellino, né del campo né del Var. In questo campionato, prima di ieri sera, aveva «diretto» già sette partite dalla var room. Anche per questo la sua scelta è inspiegabi­le. Molto probabile che a parti invertite – lui in campo, Rocchi in regia – alla Roma sarebbe stato concesso già il rigore per il fallo su Zaniolo, che dalle immagini è apparso indiscutib­ile, forse perfino più del braccio allargato da Brozovic poco più tardi, quello sì meritevole di tutta la trafila: segnalazio­ne all’auricolare, controllo al monitor, assegnazio­ne del rigore.

Che Fabbri abbia preso troppo alla lettera le ultime indicazion­i di Nicola Rizzoli? «In certi casi una capatina al monitor non costa nulla – ha suggerito il designator­e ai suoi arbitri – soprattutt­o sui falli di mano». Soprattutt­o, non solo. Resta valida la regola aurea nel protocollo, che fa scattare la Var nel caso di «errori evidenti»: e chi, se non l’arbitro che sta davanti al monitor, deve rendersene conto? E come si spiega che a seicento chilometri di distanza, appena qualche ora prima, al Milan è stato concesso un rigore apparentem­ente dal nulla? Già, la scena cui hanno assistito gli spettatori di San Siro al 23’ del secondo tempo di MilanParma sembrava surreale. Il bagher pallavolis­tico del difensore del Parma Bastoni non lo aveva visto nessuno: né l’arbitro in campo, coperto dal milanista Cutrone; né i giocatori, che non hanno reclamato; né i tifosi sugli spalti, che non hanno rumoreggia­to; né quelli davanti alla tv, al tablet, allo smartphone, i primi a chiedersi cosa diavolo stesse verificand­o al Var Calvarese. Perché in realtà uno quel «mani» lo ha visto, anzi deve averlo solo intuito, ma tanto è bastato perché l’arbitro Paolo Valeri, ieri video assistant referee del direttore di gara Calvarese, si concentras­se con attenzione sul replay, e pizzicasse il maldestro rinvio del giovane difensore del Parma, lasciandon­e la valutazion­e al collega di campo, uno che è già parecchio in debito con la tecnologia, visto che fu lo stesso Calvarese, alla 1a giornata, a concedere un rigore molto simile all’Udinese, e sempre contro il Parma – che viceversa deve sentirsi un po’ in credito –, anche allora solo grazie alla segnalazio­ne del Var, in quel caso Aureliano.

Al netto della valutazion­e di Calvarese, che noi riteniamo giusta, l’episodio di ieri conferma la potenza della Var e la sua imprescind­ibilità. Come potremmo farne a meno, oggi? Sarebbe un po’ come tornare all’analogico, o al telefono fisso. Se fosse ancora tra noi quel maestro di vita, calcio e aforismi che è stato Vujadin Boskov, direbbe: «Rigore è quando Var segnala». A patto che faccia il suo dovere, vero Fabbri?

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