Il suo scopritore Buriani: «Quello che aveva da giocatore lo sta mettendo da allenatore»
●«>ino conosce il mondo Milan ed è un ragazzo pulito: purtroppo nel calcio questo non sempre è un pregio...»
Ruben Buriani fa parte della storia del Milan. Ha indossato la maglia rossonera per cinque stagioni vincendo nel ’79 lo scudetto della stella – inconfondibile la sua testa bionda che correva ovunque –, ha lavorato in società e, tra i vari meriti, a lui si deve l’arrivo di Gennaro Gattuso al Milan. «Ero il d.s. della Salernitana e avevamo questo ragazzo che vedevo crescere più degli altri. Rino. Non per le qualità tecniche, ma per quelle morali e fisiche: mi sembrava sottovalutato. Ne parlai con Ariedo Braida. Ai tempi il Milan aveva un centrocampo mostruoso dal punto di vista tecnico, ma sotto l’aspetto agonistico poteva essere deficitaria. Braida mandò degli osservatori: ad alcuni piaceva, ad altri no. Alla fine lo presero».
Si era fatta viva anche la Juve.
«Una domenica mattina, giochiamo a Cagliari, Rino mi chiama in camera e mi dice che lo ha chiamato Moggi. Gli rispondo che abbiamo una mezza parola con il Milan, stanno valutando. Per questo chiamiamo “in diretta” Braida che ci passa Galliani: ti abbiamo dato la parola, gli dice, tu sei un giocatore del Milan. E il resto, come si dice, è storia».
Ma all’inizio non fu facile per Gattuso.
«Calcisticamente sembrava inferiore agli altri. Ma aveva una tempra incredibile, serviva pazienza. E infatti... Presto è diventato indispensabile. E quello che aveva dentro da giocatore lo ha anche adesso da allenatore. Ha studiato, si è modernizzato, ha lavorato. È retrocesso con il Pisa e si è rituffato sulla Primavera, con il Milan, segno che voleva far strada e mettersi in discussione, capire i propri errori e correggerli».
Ma è un allenatore da Milan?
«Sì, anche se i grandi allenatori li fanno i grandi giocatori. Ma Rino è nato lì, conosce il mondo Milan meglio di chiunque altro fosse arrivato dopo Montella. Ha un grande rapporto con il pubblico e con la società, non ha troppi grilli per la testa. È un ragazzo pulito, che purtroppo nel mondo del calcio non sempre è considerato un pregio».
Forse ci sono giocatori non da Milan?
«Qualcuno è stato sopravvalutato, magari qualche altro giovane non è cresciuto subito come ci si aspettava».
Se fosse arrivato Verratti…
«Già. Lo vidi a Pescara contro i nostri Allievi nazionali nel 2008, ottavi di finale. Ai tempi mi occupavo del settore giovanile del Milan. Verratti aveva 15 anni. Parlammo subito con il Pescara, dopo la partita di ritorno il ragazzo doveva fermarsi da noi: avevamo già prenotato l’albergo, la mattina dopo avrebbe dovuto sostenere le visite mediche. Ma qualcuno non era convinto e alla fine non se ne fece niente. Peccato».