La Gazzetta dello Sport

Talento cresciuto sotto le bombe Con il Real Madrid ha vinto tutto

●Da un paesino croato alla gloria mondiale. Ma Modric sembrava troppo magro

- Filippo Maria Ricci CORRISPOND­ENTE DA MADRID @filippomri­cci

Dalla casa di pietra nel villaggio di Zaton Obrovacki al Grand Palais parigino. La strada che ha portato il gracile Luka al Pallone d’oro non è stata solo lunga e tortuosa, ma anche dura, insanguina­ta, triste, pericolosa. Per il piccolo Luka le bombe erano vere, non i tiri forti che dava alla palla suo zio, gemello di suo padre e discreto calciatore. Le bombe che cadevano dagli aerei croati che il padre riparava, in risposta a quelle dei caccia serbi: la guerra dei Balcani. Il 18 dicembre del 2001 Luka Modric fu ucciso da miliziani serbi. Era il nonno di un bambino anche lui chiamato Luka, che a 6 anni fu portato via da Zaton Obrovacki insieme alla sorellina di un anno: il rischio di morire era concreto. Finì prima su un’isoletta dell’Adriatico e poi a Zara, in un albergo zeppo di rifugiati dove resterà per 7 anni, aspettando che suo padre tornasse dalla guerra e che tornasse la pace. La casa di nonno Luka fu bruciata, e nel 2003 altri sei Modric furono uccisi nel paesino di collina dove quasi tutti si chiamano così.

VETRI ROTTI E GAVETTA Il bimbo Luka era nell’hotel Kolovare di Zara, dove rompeva vetri col pallone e sognava di diventare calciatore. Il fisico, complice la malnutrizi­one della guerra, non l’aiutava. Lo presero alla Dinamo Zagabria ma non è che credessero troppo in quel biondino che camminava e dribblava appoggiand­osi su due stecchini. Lo mandarono in prestito in Bosnia, e poi all’Inter, quella di Zapresic però. Fece tanto bene che alla Dinamo si accorsero di lui: lo ripresero e in 3 anni vinsero 3 campionati e 2 double.

L’AMORE DEL BERNABEU Nella primavera del 2006, la prima stagione completa alla Dinamo, fu chiamato anche in nazionale: 118 partite dopo è ancora li, ed è il faro della Croazia che ha stupito il mondo, basta sentire come parla di lui Ivan Rakitic, mica un pivello qualsiasi. Nel 2008 lo spagnolo Juande Ramos lo volle al Tottenham, nel 2012 lo sbarco a Madrid con Mourinho. L’anno dopo arrivò Carlo Ancelotti e con lui la Décima, prima delle 4 Champions madridiste in questi 5 anni incredibil­i. Culminati per Luka, che intanto ha avuto un figlio e l’ha chiamato come il nonno, con la finale Mondiale e il Pallone d’oro. L’amore assoluto del complicato pubblico del Bernabeu, quello «Lukita» se l’è conquistat­o da tempo: per i fedeli della Casa Blanca il talento vero è sempre stato lui, con buona pace di Ronaldo e dei suoi 50 gol a stagione.

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