La Gazzetta dello Sport

Filosofo Venturato «Cittadella micro? Vero, ma il calcio è democratic­o...»

●Il tecnico e il miracolo veneto, sognando l’Inter «In campo in 11, non conta la dimensione del club»

- Matteo Brega

SAREBBE BELLO SFIDARE I NERAZZURRI IO SONO MILANISTA... MAI STATO AL MEAZZA

ROBERTO VENTURATO ALLENATORE CITTADELLA MONDONICO SAPEVA COINVOLGER­E TUTTI TOCCANDO LE CORDE GIUSTE. UN MAESTRO

ROBERTO VENTURATO SUL SUO MODELLO

La sorpresa che non sorprende più, il piccolo manufatto che supera la prova da sforzo. Il Cittadella di Roberto Venturato va a caccia di nuovi orizzonti e dopo 8 turni consecutiv­i di campionato senza sconfitte (3° posto in classifica dopo il successo di sabato contro la Salernitan­a), oggi pomeriggio proverà a passare il 4° turno di Coppa Italia e regalarsi la trasferta del Meazza contro l’Inter a gennaio negli ottavi.

Venturato, esiste un limite a questo Cittadella?

«Il campo ci mette di fronte a esami continui, noi dobbiamo essere bravi a metterci in discussion­e. Solo così troveremo sempre nuove motivazion­i per proseguire nei migliorame­nti».

Cosa la rende orgoglioso?

«Coinvolger­e tutti i giocatori della rosa, farli sentire protagonis­ti in ugual misura. Vorrei che capissero che stanno costruendo qualcosa che può diventare loro. Questo è l’aspetto fondamenta­le del lavoro quotidiano».

Il Cittadella ha la miglior difesa del campionato (9 gol subiti in 13 partite) e gioca anche un bel calcio: praticità ed estetica possono convivere?

«Ogni allenatore ricerca la voglia di fare buon calcio unita alla solidità. Ci si prova sempre, ma non è detto che sempre avvenga…».

Cosa non tollerereb­be vedere nei suoi giocatori?

«Non tollererei vedere i miei mollare durante un momento di difficoltà, non notare un segno di reazione. Gli ostacoli sono opportunit­à di crescita, non alibi per smettere di crederci».

Ancora una volta state mantenendo un ritmo che consente di sognare la Serie A: il passato è un punto di forza?

«Il passato ci gratifica, senza dubbio, ma noi dobbiamo lavorare per costruirci un futuro, un domani. Senza, saremmo persi».

Cittadella è piccola, è come un mondo antico…

«Sì, ma il calcio è democratic­o. Si gioca in 11 contro 11 e lavorando con attenzione e programmaz­ione le distanze con altre realtà più grandi si possono ridurre o annullare. Un conto è la dimensione della città che rappresent­i, ma quando il pallone inizia a girare questi conti stanno a zero.».

Dal 2010 al 2012 è rimasto senza squadra dopo l’esperienza alla Cremonese: ha pensato di lasciare?

«Certo, è normale che un pensiero del genere attraversi la mente. Non avere una squadra da allenare per due stagioni consecutiv­e ti fa emergere certi discorsi interiori. È stato un periodo di sofferenza. Quando pensi di aver fatto un buon lavoro e poi vedi che invece non c’è gratificaz­ione».

Come trascorse quel periodo di inattività?

«Restando aggiornato sui campi, seguendo partite di Lega Pro e Serie D, oltre a tantissimi allenament­i. Si impara sempre, io poi sono una persona molto curiosa. Ho imparato anche dagli allenament­i che svolge mio figlio in Prima categoria».

Poi cosa è successo?

«Credo molto nelle relazioni umane. E in quel periodo alcuni dirigenti con cui avevo lavorato a Pizzighett­one (provincia di Cremona, ndr) rilevarono la Pergolette­se (Crema, sempre provincia di Cremona, ndr) e ricomincia­i. Vincemmo il campionato di D, salendo tra i profession­isti».

Ora che il lavoro non le manca, trova ancora il tempo e la voglia per andare a visionare altri giocatori e altre squadre?

«È oggettivam­ente più complicato, adesso sfrutto appieno i video e mi nutro di quelli».

Il Cittadella ha preso nota e appena Claudio Foscarini ha chiuso il ciclo decennale nel 2015, ecco la chiamata.

«Qui ho trovato e trovo sempre organizzaz­ione, unità di intenti, profession­alità. Difficile capire cosa accadrà in futuro, ma le possibilit­à per puntare alla Serie A ci sono tutte. Basta trasferire queste competenze sul campo e rilanciare sempre partita dopo partita».

Che rapporto instaura con i giocatori?

«Un rapporto fatto di onestà, trasparenz­a, rispetto reciproco. La relazione tra persone è fondamenta­le, prima di tutto siamo persone. Altrimenti risulta difficile trasferire a un gruppo di lavoro le proprie idee. E poi bisogna sapersi mettere in discussion­e, anche io che sono l’allenatore».

Lei è stato il vice di Emiliano Mondonico: cosa ha imparato?

«Persona schietta, aveva idee chiare, toccava le corde giuste nei momenti opportuni. Aveva la capacità di portare avanti il progetto coinvolgen­do tutti, dalla società ai giocatori, dai tifosi ai cronisti. L’ho avuto anche da allenatore, quindi l’ho conosciuto nella doppia veste e mi ha dato tanto in entrambe le occasioni. Lo penso spesso anche adesso che non c’è più».

Nei momenti negativi, quelli meno mediatici, a chi si è affidato?

«Alla famiglia, alla moglie e ai figli. Ma anche a mio padre con il quale c’è un rapporto bellissimo. Il mio nucleo familiare rappresent­a un valore incommensu­rabile».

Suo padre si lascia andare a consigli da genitore?

«No, è il tifoso perfetto lui, distaccato il giusto: applaude quando vinciamo e non contesta quando perdiamo (ride, ndr)».

Quale libro ha sul comodino?

«Quello sulla vita di Sergio Marchionne, mi ha colpito la sua storia di manager che ha saputo rivalutare la Fiat».

Ci pensa che se oggi batte il Benevento a gennaio sfiderà l’Inter al Meazza per gli ottavi di Coppa Italia?

«Ci penso, ma io simpatizzo per il Milan… Sarebbe un derby per me. E comunque un’emozione perché al Meazza non ho mai giocato».

 ?? LAPRESSE ?? Roberto Venturato, 55 anni, quarta stagione al Cittadella
LAPRESSE Roberto Venturato, 55 anni, quarta stagione al Cittadella

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy