La Gazzetta dello Sport

Bulls, ciao Hoiberg. Storia di un amore mai nato

●Dopo 19 k.o. in 24 match silurato il coach della ricostruzi­one. Il g.m. Paxson: «È imperativo far passi nella direzione giusta»

- Davide Chinellato

Storia di un’amore mai nato. Di una franchigia che, intrappola­ta in un passato troppo glorioso per essere dimenticat­o, cerca faticosame­nte di uscire dalla mediocrità. E non ci riesce. I Bulls hanno deciso di cambiare allenatore, di esonerare quel Fred Hoiberg a cui nel 2015 avevano affidato il tentativo di tornare almeno vicino a quello che sono stati con Jordan, dopo le promesse dell’era Thibodeau non mantenute per gli infortuni di Rose. Hoiberg paga un avvio con 19 sconfitte in 24 partite di una squadra costruita per far crescere i giovani. Chicago non cambiava a stagione in corso da 10 anni: nel 2008 Scott Skiles, dopo 19 k.o. in 25 gare, venne rimpiazzat­o da Jim Boylan. Adesso al posto di Hoiberg c’è Jim Boylen, 33 anni di esperienza da assistente. Come il suo quasi omonimo dovrà fare da traghettat­ore fino a fine stagione.

PROMESSE E REALTÀ Chicago in questo momento è quanto più lontano possibile dai fasti dell’era Jordan. È una squadra mediocre destinata a rimanere tale ancora per un pezzo. Hoiberg, che da giocatore in 4 stagioni ai Bulls aveva vissuto proprio gli anni bui dell’era post MJ, era stato ingaggiato sperando AP diventasse quello che Brad Stevens è per Boston: un allenatore giovane, pronto a fare la differenza in Nba dopo una grande esperienza al college. La differenza coi Celtics, però, è che a Hoiberg è stato chiesto di vincere subito o quasi. E lui ha fallito, gestendo male la fine dell’era Rose, scontrando­si nel 2016-17 (l’ultima apparizion­e ai playoff dei Bulls), con le star Jimmy Butler, Dwyane Wade e Rajon Rondo. Solo lo scorso anno, con una squadra giovane da plasmare a sua immagine e somiglianz­a, aveva dato qualche buon segnale nonostante le 27 vittorie finali fossero il minimo dal 2008. Si aspettava di poter continuare su quella strada, con le sconfitte parzialmen­te giustifica­te dagli infortuni a tre titolari (Lauri Markkanen, la pietra miliare dei nuovi Bulls, Khris Dunn, e Bobby Porter). È stato licenziato senza preavviso. Così, poco prima dell’allenament­o del lunedì mattina.

FUTURO «Ho deciso di procedere in questa direzione perché ho a cuore lo sviluppo della nostra squadra: penso sia imperativo per noi fare passi avanti nella giusta direzione» ha detto John Paxson, general manager dei Bulls, altro esponente di quel passato targato Jordan da cui i Bulls non possono scappare. Il futuro in questo momento è l’unica cosa su cui Chicago deve concentrar­si. Sulla crescita di Markkanen e di Wendell Carter Jr, promettent­e 7ª chiamata all’ultimo draft, sul talento di Zach LaVine, a cui Chicago si è legata fino al 2023. Michael Jordan, i sei anelli, il fascino che ha permesso di varcare ai Bulls i confini della Windy City e diventare icona globale, sono quanto di più lontano ci possa essere dalla realtà.

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Fred Hoiberg, 46 anni, durante un timeout dei Chicago Bulls

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