La Gazzetta dello Sport

Montella «Gattuso criticone Confrontia­moci in pubblico»

L’EX TECNICO ROSSONERO: «GATTUSO HA ESAGERATO A CRITICARMI SULLA PREPARAZIO­NE DOVEVO LASCIARE DOPO LA VITTORIA A DOHA: NON C’ERA PIÙ FIDUCIA. LA SOCIETÀ CREÒ TROPPE ATTESE: ASSECONDAR­LA FU UN ERRORE»

- di ALESSANDRA GOZZINI

LA FASCIA GLI FU PROMESSA DALLA SOCIETÀ, IO FUI COSTRETTO

SU BONUCCI CAPITANO MILAN 2017-18 PER CRISTIANO FATTO UN TENTATIVO, VICINI A BATSHUAYI

SU RONALDO E IL MERCATO ESTIVO 2017 NON CI SIAMO MAI SENTITI, HA TOCCATO LE MIE COMPETENZE

HO PIÙ ESPERIENZA DI LUI E NON AVREI GIOITO DI UN SUO ESONERO

MILANO

L’anno che ha cambiato il Milan, aperto a fine novembre 2017, si concluderà domenica sera a San Siro: nuova è la proprietà, nuova la dirigenza, nuovo l’allenatore. Vincenzo Montella, nuovo look, pagò il pareggio di San Siro contro il Torino. Domenica, dodici mesi dopo, il Toro ritorna e offre un’occasione per rivedere il bilancio.

Montella, il suo esonero arrivò dopo un pari: è l’unico motivo di rimpianto?

«No. Uno perché ci furono più occasioni per poter vincere, e due perché dai dirigenti non c’era più fiducia, ed era palese da tempo. Il mio errore più grave fu assecondar­e la società nel modo di rivolgersi alla gente: si crearono aspettativ­e enormi. O comunque troppo grandi per una squadra che partiva con undici giocatori nuovi, molti senza una storia da Champions League. Dovevamo tenere un profilo molto più basso. Mi è rimasta la sensazione di un lavoro incompiuto: avremmo potuto crescere insieme e invece non c’è stato il tempo».

Assecondò anche tutti gli undici acquisti?

«Alcuni sono stati condivisi, di altri ho saputo a cose fatte, come André Silva, un giovane di prospettiv­a. Su Bonucci ho insistito io, era un’opportunit­à enorme per la sua esperienza. Calhanoglu invece arrivava dopo sei mesi di inattività. E alla fine rimasero due ruoli da coprire, regista e centravant­i, che pure cercavamo dall’inizio».

Kalinic così diventa un ripiego: per l’ex d.s. Mirabelli fu invece lei a volerlo.

«Era un giocatore graditissi­mo. Ma prima eravamo stati molto vicini a Morata e a Batshuayi. Alla fine, con venti milioni a disposizio­ne, erano difficili da prendere».

Difficilme­nte sarebbe bastati per Cristiano Ronaldo: conferma la trattativa?

«Fu fatto un tentativo».

Accettò o le fu imposta la fascia di capitano a Bonucci?

«Gliel’aveva promessa la società. Io lo chiamai al telefono e gli dissi che si può essere leader anche senza fascia. La società mi costrinse a scegliere un giocatore del nuovo corso, e poteva anche essere giusto. Pensai a Leo e Biglia, che non fu proprio entusiasta dell’idea».

Al suo posto fu promosso Gattuso. L’ha mai chiamata?

«No. Non ci siamo mai sentiti. Ho solo voluto dirgli che stava sbagliando a insistere sulla preparazio­ne atletica nelle sue interviste, si stava esagerando su un aspetto che mi tocca profondame­nte. Lui sta facendo bene ma non è giusto toccare le mie competenze. Ho cinquesei anni di esperienza in più di Serie A, penso di avere conoscenze maggiori di chi dice certe cose: dati alla mano sfido chiunque in un confronto pubblico sul tema. Un conto è quanto corri, un altro l’intensità che ci metti».

Anche Rino ha rischiato l’esonero: sarebbe stata la sua vendetta?

«In vita mia non ho mai gioito per una disgrazia altrui. Resto concentrat­o su di me, mi sarebbe interessat­o poco o niente».

Nemmeno il gol allo scadere del Benevento, nella prima gara del nuovo corso, l’ha vendicata?

«Brignoli l’ho avuto alla Samp, magari l’ho allenato bene. Su quella partita una cosa devo dirla: il Milan corse più degli avversari, forse non stava così male».

La squadra che ha in mano Gattuso è più competitiv­a di quanto fosse la sua?

«Se prendi i giocatori bravi e dai tempo agli altri di crescere, certamente sì. Kessie, Calhanoglu, Musacchio sono migliorati perché hanno avuto il tempo di farlo. In più hanno preso Higuain è un giocatore fortissimo, lo chiesi anche io».

Christian Abbiati, il suo club

SUCCESSORE AL MILAN

manager, disse alla Gazzetta che lavorare con lei era complicato per la sua troppa diffidenza. Cosa risponde?

«L’ho letto e sono rimasto male. Pensavo di avere con lui un ottimo rapporto e infatti lo invitavo a tutte le riunioni tecniche, tranne l’ultima in cui resto solo con la squadra. La verità è che non ha mai voluto partecipar­e».

Le principali scommesse vinte sono Suso, che fece togliere dal mercato, e Cutrone, lanciato tra i grandi. Le rivendica?

«Suso era stato poco impiegato al Milan, era giovane ma di qualità e doveva solo sbloccarsi. Cutrone ha dimostrato di avere voglia, fame, ambizione. Ho rischiato con entrambi. Li scegli e poi loro rispondono: bello».

In bacheca resta poi la Supercoppa Italiana vinta a Doha.

«Razionalme­nte sarei dovuto andar via dopo quella vittoria. Ma al Milan ero e sono legato e grato. La voglia di continuare era troppa, come l’orgoglio di aver sollevato un trofeo contro una squadra imbattibil­e, e la lucidità poca. Dico ancora grazie a Galliani per avermi scelto, e a Fassone e Mirabelli per avermi confermato. Ho saputo solo dopo che c’erano dubbi su di me, anche se dovevo leggere prima i messaggi di scarsa fiducia che filtravano tra le righe».

Altre note positive della sua gestione?

«Il primo anno avevamo gioco e l’identità pulita del vecchio Milan, tornammo in Europa dopo aver toccato anche il secondo posto. L’anno dopo ho perso energie su aspetti che non mi competevan­o: le scelte della società devono essere solo della società. Più alte erano le attese, maggiore era il rischio e io non sono riuscito a gestirlo».

Avrebbe potuto allenare la Nazionale ed è passato da Siviglia: nel suo futuro che c’è?

«Dopo aver allenato la Samp mi chiamò Lippi per dirmi che gli sarebbe piaciuto vedermi c.t. Ma con Malagò non ho mai parlato. E Siviglia era un’opportunit­à troppo grande, anche se lo stesso in mezzo a un cambio di proprietà: dopo 68 anni con la nostra vittoria a Old Trafford la squadra tornò nei quarti di Champions. In più arrivammo in finale di Coppa del Re. So di poter dare ancora tanto e ho voglia di allenare: ho ricevuto proposte, più dall’estero che dall’Italia, ma devo decidere senza smania perché non posso sbagliare la prossima scelta. Mi auguro di trovare un progetto stimolante e a lungo termine».

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IL NUMERO il trofeo vinto da Montella al Milan, la Supercoppa Italiana 2016: è l’ultimo titolo dei rossoneri

SU RINO GATTUSO

GONZALO HA MIGLIORATO IL MILAN, LO CHIESI ANCH’IO...

SU HIGUAIN E IL NUOVO GRUPPO IO DIFFIDENTE? FU LUI A NON VOLER MAI PARTECIPAR­E ALLE RIUNIONI

SU CHRISTIAN ABBIATI EX CLUB MANAGER

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PHOTOVIEWS Vincenzo Montella, 44, al Milan da giugno 2016 a novembre ‘17
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Rino Gattuso, 40 anni PHOTOVIEWS
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