LA PARTITA DI MAROTTA Derby d’Italia nel suo segno Un Kissinger nato a Varese
Anastasi lo ricorda magazziniere. È pronto per un’altra impresa
Trentadue anni e una partita, la sua. Non c’è altro personaggio, CR7 e Icardi si dividano pure la controcopertina: lo strillo è Giuseppe Marotta, che definirlo convitato di pietra del Sant’Ambrogio calcistico è persino riduttivo. Perché hai voglia a rimandarne l’annuncio, hai voglia a posticipare per non turbare pensieri e parole dell’Inter prima di Juve e Champions. Marotta c’è. C’è a Torino, emotivamente anche se non fisicamente. In fondo sarà molto più comodo gustarsi la partita dal divano di una casa dentro il quadrilatero della moda, a due passi dagli uffici milanesi della Juventus, a due e mezzo dall’attuale sede nerazzurra, prima del trasloco che verrà in Porta Nuova. Il trasloco di Marotta è piuttosto un ritorno alla casella uno, giro immenso per riatterrare a 58 km da casa, tanto passa dallo stadio Ossola dove andava a tifare Varese fino al Meazza.
LUI E BORGHI Il varesotto che da bambino teneva l’impermeabile di Giovanni Borghi, la mascotte che vedeva in quel cognome e in quella famiglia il modello d’impresa e che ha pescato lì dentro buona parte della sua capacità di organizzazione, è lo stesso varesotto che torna lombardo a 360 gradi, a Milano, con l’Inter. Al liceo classico Cairoli Beppe era per tutti Kissinger, celebre segretario di Stato negli Usa anni Settanta: diplomazia e visione d’insieme, le basi di una programmazione vincente. E a pensarci bene, quel volo per Nanchino di tre settimane fa è la metafora perfetta di oltre 40 anni di carriera. Dall’altra parte del mondo per sentirsi a casa: strano giro e strano effetto, perché l’incrocio con Zhang Jindong ha ricordato al futuro amministratore delegato nerazzurro proprio i suoi primi passi con la famiglia Borghi, l’imprenditore di casa che diventa potenza economica, ancor prima che mecenate nel mondo del calcio, senza perdere la propria identità.
PACCHETTO COMPLETO Ma anche un mecenate ha bisogno d’aiuto, arrivato a a un certo punto della storia. Il giovane Steven Zhang è oggi l’Andrea Agnelli di ieri: il calcio accoglie tutti, ma per alcune stanze serve il passaporto. Marotta è questo. Questo è stato alla Juventus e con le dovute proporzioni – in rapporto a obiettivi differenti – questo è stato in tutte le sue squadre. L’Inter lo chiama per affidargli una centralità di scelte. Lo porta ad Appiano consegnandogli tutte le password d’accesso. Lo sceglie perché sceglie il pacchetto completo. Il Marotta all inclusive è una gestione totalizzante che può essere suddivisa in quattro grandi macro aree.
AREA SOCIETARIA L’organizzazione societaria è sempre stata il suo pallino, un gioco di squadra che non va in contraddizione con compiti precisi e ampie deleghe. Negli anni Marotta ha sempre lavorato con un direttore sportivo di peso, ecco perché il ruolo di Piero Ausilio non verrà ridimensionato. Anzi. E ciò vale anche per le altre posizioni strategiche, dal settore giovanile alla preparazione atletica. Un esempio: alla Juve ha portato lui Roberto Sassi, quale supervisore per tutte le squadre del club. In casa bianconera ha introdotto anche il ruolo dello psicologo, Giuseppe Vercelli, a disposizione di tutto il mondo Juve. In tutte queste scelte c’è un’unica ratio: governare senza pressioni. Ma con il continuo controllo di tutte le situazioni.
AREA COMUNICAZIONE Ad ogni livello Marotta ha sempre prestato molta attenzione ai media. Riuscendo ad interpretare il ruolo del frontman con particolare naturalezza, alla lunga è diventato anche popolare. Ovviamente tra gli juventini, ma anche tra i rivali storici (interisti compresi) che ne hanno apprezzato l’equilibrio. Così ha gestito anche situazioni scabrose, ad esempio un calciatore da proteggere (Cassano, Vidal e Caceres per citare dei nomi), facendo sempre emergere la centralità del club. Con questa filosofia i singoli tesserati sono chiamati a fare un passo indietro, anche per sollevarli da responsabilità e possibili polemiche. Potrà avvantaggiarsene di sicuro Luciano Spalletti, com’è già successo con Massimiliano Allegri alla Juventus. Con il passare degli anni il tecnico livornese ha mirato sempre più le sue uscite pubbliche, mostrandosi in sintonia con la linea societaria. Nulla di più facile che ciò possa accadere anche in casa interista. AREA POLITICA In fondo il soprannome Kissinger a qualcosa sarà pur dovuto. Non è per nulla casuale la recente elezione di Marotta a consigliere federale. Il consenso personale raccolto è la prova che il suo lavoro meticoloso ha prodotto risultati eccellenti, sia tra i potenti che tra gli interlocutori di medio livello. Scontato sottolineare come e quanto queste relazioni personali possano servire ai nerazzurri. Del resto nella gestione Moratti tutto ruotava attorno al presidente. E il carisma di Moratti ovviamente non lasciava spazio a nessuno. Ora, invece, tocca a Marotta indirizzare Steven Zhang nelle giuste direzioni e aiutare la squadra dirigenziale nerazzurra anche al di fuori di Appiano. Per tradizione l’Inter non ha mai curato troppo gli aspetti diplomatici. Invece nel metodo-Marotta il lavoro diplomatico è centrale. Tanto per dirne una: anche da presidente dell’A.di.se. (l’associazione dei manager e dei direttori sportivi) esercita un’influenza importante nel mondo del mercato. E in questa semina speciale la forza dei suoi nervi distesi è una garanzia per tutti.
AREA MERCATO C’è poi l’aspetto più visibile della faccenda. Marotta porterà all’Inter tutte le sue competenza e i suoi link in sede di mercato, magari cambiando anche qualche rapporto di forza dentro la griglia del calciomercato. Normale per un ragazzo cresciuto nel ruolo nel corso degli anni, ma che non ha
1,5 ● milioni di euro, più alcuni bonus che possono raddoppiare la cifra: questo è il contratto da dirigente che legherà Beppe Marotta all’Inter
mai dimenticato i tempi in cui faceva «solo» il direttore sportivo. Quella rete di contatti consentirà a Marotta di tradurre subito in pratica le linee guida dettate da Zhang, in termini di obiettivi da raggiungere. Il Marotta della Juventus è stato il dirigente dei grandi colpi a costo zero, delle scoperte low cost, dei grandi acquisti ma pure delle cessioni pesanti, punto di partenza per gli investimenti successivi. Pogba è l’esempio principe. Ma il modello è riproponibile anche all’Inter. Di più: Marotta è stato scelto anche per questo. L’acquisto sostenibile e la successiva cessione a cifre monstre dello stesso calciatore sarà un protocollo da seguire con attenzione. Che magari potrà coinvolgere il nome di Skriniar, nell’idea – con il conseguente ricavo – di scegliere un sostituto all’altezza e contemporaneamente rinforzare altri reparti. Del resto, questa è la via più breve per accorciare il divario di fatturato con la Juventus, divario che non si può pensare di ridurre solo contando sui ricavi dalla Cina e sul botteghino. Ecco: di tutto questo hanno parlato a Nanchino Marotta e Zhang Jindong. Non senza qualche difficoltà: raccontano che quest’ultimo sia solito esprimersi in dialetto, a volte mettendo in difficoltà persino l’interprete. Ma lo faceva pure Borghi dentro la Ignis, benedetto flashback.
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● milioni di euro: è la cifra incassata dalla Juve per la cessione di Pogba allo United nel 2016, record di sempre per un’uscita in Italia