MARIO FA L’ATTILA LUCIANO TRAFITTO
Juve inarrestabile, una bella Inter finisce a -14
Attila non è stato protagonista solo alla Scala di Milano, ma anche all’Allianz Stadium di Torino. Ti aspetti i colpi di Ronaldo e Icardi e spunta la faccia scolpita nella pietra, feroce e impavida di Mandzukic. È il condottiero croato a decidere il derby d’Italia con una capocciata rabbiosa e vincente su assist delizioso del talento portoghese. Cristiano? No Cancelo, uno degli ex della partita, protagonista rimpianto dai tifosi nerazzurri. Mentre è l'altro ex Asamoah a farsi anticipare dal tuffo di SuperMario. I 7 sigilli dell’attaccante uniti ai 10 gol di Ronaldo certificano che con 17 reti in 15 partite la coppia della Juve è la migliore della serie A. Più di un gol a gara: una tassa.
L’Inter si ritrova ora a 14 punti di distanza dalla Juve: di fatto la squadra di Allegri ha praticamente conquistato un punto a partita sui rivali nerazzurri: la sintesi è impietosa. Tra le due squadre c’è ancora tanta differenza. Eppure stasera, per almeno un’ora, non si è vista. Schierata con un 4-3-3 (4-5-1 in fase di non possesso) corto e aggressivo, l’Inter ha giocato a testa alta, pressato con continuità, creato pericoli, sfiorato il gol in più occasioni (il palo nel primo tempo di Gagliardini grida vendetta) e forse avrebbe meritato il vantaggio prima dei bianconeri. Però ha commesso qualche errore di troppo. Spalletti l’aveva preparata bene. Ma a vincerla, ancora una volta, è stato Allegri. Sul tabellino resta l’1-0, e la quattordicesima vittoria (con un pari) in 15 partite di questa Juve mostruosa nel suo rullino di marcia: eguagliato il record nei 5 grandi campionati europei. Magari il City di Guardiola quando gioca il suo calcio migliore è più armonioso e spettacolare. Probabilmente il possesso palla del Barcellona è più tecnico e prolungato. Ma c’è oggi in Europa una squadra più compatta, solida, concreta in difesa e in attacco della Juve?
Il campionato italiano è un lungo monologo bianconero. Solo il Napoli pare in grado di mantenere un distacco non umiliante, le altre hanno bisogno del binocolo. A inizio stagione si immaginava un campionato meno sproporzionato. Si credeva nell’effetto Ancelotti, nell’instant team di Spalletti, nei giovani talenti della Roma, nella voglia di rivincita del Milan di Higuain. Non ce n’è per nessuno. Questa Juve, tra le squadre italiane più forti di sempre, è un gruppo granitico dove tutti si sacrificano, lottano, sudano, soffrono (poco per la verità) e vincono. Può anche far a meno ogni tanto di Ronaldo, ieri per una volta quasi impalpabile. Alla fine vince ugualmente: il suo 43-3 non dà punti di riferimento, con il continuo muoversi dei tre attaccanti, gli inserimenti dei centrocampisti e le giocate di un regista laterale come Cancelo quando attacca. I meriti di Allegri sono evidenti, innegabili e sotto gli occhi di tutti. Dove può arrivare la Juve? Da qui alla fine dell’andata ancora due ostacoli tosti, anche per la grande rivalità (Torino e Roma), ma sulla carta non ha avversari. Le proiezioni di punti sono affascinanti ma poco importanti. Allegri è uno pratico: ai record preferisce i trofei. Obiettivo: aumentare a dismisura il vantaggio in A per concentrasi sulla Champions. L’Inter non deve deprimersi, ma guardarsi le spalle sì: 4 punti nelle ultime 4 partite. Per Milan e Lazio l’occasione di farle sentire il fiato sul collo. Poi martedì il bivio Champions: dentro o fuori. La stagione vive un momento decisivo.