Due anni per chi tocca un arbitro «Un atto di civiltà»
●Sale il minimo di pena ai tesserati per violenza Nicchi: «Da 10 anni lo chiedevamo». Gravina: «Promessa mantenuta»
È
un grande passo verso il mondo arbitrale, è un bel segnale per tutto il calcio italiano. Il Codice di giustizia sportiva si arricchisce di un articolo, l’11bis, che disciplina la responsabilità per condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara. Due grandi novità: viene aumentato il minimo edittale di squalifica ed inibizione; e allargata la platea dei soggetti sanzionabili, che ora comprende anche tecnici e dirigenti, prima clamorosamente ignorati dalla normativa.
PAGHERANNO CARO Cosa si intende per condotta violenta nei confronti dell’ufficiale di gara? «Ogni atto intenzionale – recita il Codice dopo la modifica – diretto a produrre una lesione personale o che si concretizza in un’azione impetuosa ed incontrollata, connotata da una volontaria aggressività». Fino a ieri, il responsabile veniva punito con un minimo di otto giornate. Ora il minimo sale ad 1 anno di squalifica (per calciatori e tecnici) o inibizione (per dirigenti e soci), e a 2 anni se la lesione personale «è attestata con referto medico rilasciato da struttura sanitaria pubblica». Sale anche il minimo editale per la condotta gravemente irriguardosa che si spinga fino al contatto fisico, pur senza prefigurare la condotta violenta: in questo caso si sale da 2 a 4 giornate. «Abbiamo mantenuto le promesse – commenta il presidente della Figc Gabriele Gravina –: il primo passo verso l’azzeramento dei casi di violenza nei confronti dei direttori di gara è l’innalzamento delle sanzioni per chi si macchia di questi comportamenti vergognosi. Lo abbiamo fatto per i nostri arbitri e per tutto il sistema: non c’è spazio per i violenti nella famiglia del calcio italiano». «Finalmente la Federazione ha recepito il grido d’allarme che le rivolgiamo da dieci anni – commenta soddisfatto il presidente dell’Aia Marcello Nicchi –. Gli arbitri non si possano toccare, chi lo farà la pagherà cara. È un atto di civiltà».