Caso Genoa-striscioni Coni e Lega con Preziosi
●Il patron amareggiato: «Volgarità e ignoranza» Malagò: «Inammissibile coinvolgere la famiglia»
Capolinea. Siamo arrivati al punto di non ritorno: il livello più basso della contestazione al presidente Enrico Preziosi è stato raggiunto domenica, quando gli ultrà hanno alzato il tiro andando a colpire anche la figlia del numero uno rossoblù, Paola, con uno striscione irripetibile esposto nel corso del primo tempo al Ferraris e poi rimosso all’inizio della ripresa dopoché lo speaker aveva rivolto più volte l’invito a non esporre scritte offensivi sugli spalti. Grande amarezza, ieri, da parte del presidente: «Quando la volgarità e l’ignoranza parlano, l’intelligenza tace».
ANTEFATTO La contestazione al presidente è ripresa dopo un breve periodo in cui il numero uno del Grifone era tornato a vedere il suo Genoa in tribuna d’onore al Ferraris. Era il 26 agosto scorso, dopo un’assenza durata ben sedici mesi, cioè dal giorno della pesante sconfitta interna del 2 aprile di un anno fa contro l’Atalanta dell’ex Gasperini. Tre mesi e mezzo fa, però, era stata la notte del ritorno del calcio giocato a Genova dopo la tragedia del ponte Morandi: peccato che la pace sia durata poco. La scintilla che aveva riacceso gli animi dei contestatori è stata l’esonero di Ballardini. I primi venti contrari durante ItaliaUcraina al Ferraris, il 10 ottobre, poi la situazione è tracimata. Lì Preziosi ha fatto la scelta più saggia: un passo indietro per non avvelenare ancor più l’ambiente. Dopo il ritorno di Juric in panchina, la malasorte che ha accompagnato l’avventura del croato prima dell’arrivo di Prandelli ha contribuito a far salire l’escalation di violenza verbale degli ultrà: dopo lo striscione velenoso nei confronti di Preziosi esposto nell’anticipo del 10 novembre con il Napoli, i tifosi più caldi (che già in Coppa Italia avevano contestato Veloso, genero del presidente) hanno alzato il tiro domenica con la Spal, andando a coinvolgere anche la figlia del presidente, Paola, nonché moglie del centrocampista rossoblù. Stavolta, nell’intervallo della partita, su pressione delle forze dell’ordine, lo striscione incriminato è stato tolto, ma ormai il danno era fatto.
DISSOCIATI Una situazione che, però, non ha lasciato in silenzio la componente più civile (e numericamente in maggioranza) della tifoseria genoana, che ieri a più livelli, sui social e con messaggi, ha preso posizione contro quanto accaduto. Prandelli, insomma, non ha ancora riportato la pace sociale, e forse soltanto i buoni risultati potranno aiutare a ritrovare il sorriso nell’ambiente del Grifone. Adesso rimane da capire come sia stato possibile che certi striscioni abbiano avuto accesso in gradinata o, possano essere stati realizzati all’interno del Ferraris.
APPOGGIO Ieri il presidente Preziosi ha incassato la solidarietà della Lega Calcio (che già aveva preso posizione con un comunicato dopo quanto accaduto con il Napoli) e dello stesso presidente del
Coni, Giovanni Malagò: «Credo che gli attacchi personali siano in assoluto sempre sbagliati, ma quello che trovo inammissibile è il coinvolgimento della famiglia. Certi messaggi vanno dunque condannati in modo inequivocabile. Per questo motivo esprimo tutta la mia solidarietà al presidente Enrico Preziosi».
DISAGIO Si attendono, adesso,
gli sviluppi del caso sul fronte giudiziario, che ha lasciato intanto grande amarezza, oltre che nel presidente Preziosi, anche in Veloso, riuscito comunque a giocare senza contraccolpi una partita psicologicamente per lui doppiamente difficile, visto il coinvolgimento personale, ma molto provato dalla situazione. Il Genoa avrebbe bisogno di ritrovare al più presto una situazione che non vada a ferire le persone, senza alcun nesso con gli aspetti sportivi del club.
ANGELI E pensare che proprio Genova nel settembre 1989 era stata la città dov’era nato il primo «Ufficio-Stadio» della Digos in una questura italiana, un reparto che si occupava esclusivamente dei tifosi. Era una Polizia attenta anche al sociale, che teneva un filo diretto continuo con la parte più calda del tifo rossoblucerchiato. Un rapporto di fiducia che era poi cresciuto diventando quasi di collaborazione reciproca. Un modello poi ripreso negli anni da altre questure italiane. Una primogenitura di cui il capoluogo ligure è andato fiero per molti anni, ma che adesso non sarebbe più attuabile. C’è evidentemente una strategia da rivedere, ritornando ciascuno nei propri ruoli. Qui non si tratta più di essere pro o contro un presidente, favorevoli o contrari ad alcune scelte di mercato. Occorre non tirare fuori l’anima peggiore di una città che calcisticamente parlando ha invece offerto negli anni molti esempi di civiltà.
IL TIFO
Molte le voci di dissenso fra i genoani dopo il fatto avvenuto con la Spal
L’arrivo di Prandelli sulla panchina rossoblù non ha sanato le fratture