La Gazzetta dello Sport

Leo sogno proibito Ricordi quando ti voleva Moratti?

Dopo Neymar, Pogba, Higuain, Insigne e Icardi, oggi Paolo Condò racconta Leo Messi, fuoriclass­e argentino, che stasera dovrebbe essere titolare nel Barcellona contro il Tottenham, con l’Inter interessat­issima...

- di PAOLO CONDÒ

Questa sera un vecchio sogno di Massimo Moratti troverà realizzazi­one: Leo Messi giocherà per l’Inter. Anche senza avere la maglia nerazzurra addosso, infatti, è lui la principale garanzia che il Tottenham al Camp Nou trovi vita dura, e che quindi un successo sul Psv possa bastare a Spalletti per qualificar­si agli ottavi di Champions. Leo sta molto bene. Sabato ha trafitto l’Espanyol con due punizioni euclidee, prodigi da illusionis­ta come quelli che hanno ritmato la sua rapida crescita da talento a fuoriclass­e, permettend­ogli poi di mantenere questo status per lunghe e intense stagioni. Prodezze come quelle di Cornellà abbagliano, e col sole negli occhi diventa complicato mettere in gerarchia le altre fonti di luce. Che

pure ci sono, visto che la scorsa settimana è stato assegnato il Pallone d’oro e, per la prima volta dopo undici anni filati, Messi non è salito sul podio. Undici anni. Più di chiunque altro, in qualsiasi epoca. Per capirci: Roger Federer è rimasto consecutiv­amente nella top 3 della classifica Atp per otto anni, dal 2003 al 2011, e il tennista che ha resistito sul podio per più tempo, Ivan Lendl, c’è riuscito per dieci. Messi è andato oltre questi due fenomeni.

Quel gol al Mondiale come la colomba di Picasso

Nel 2018 il funambolo argentino ha vinto Liga e Copa del Rey, appuntando­si altre medaglie su un petto che da tempo non ce la fa più a contenerle, ma ha perso male le due competizio­ni più importanti dell’anno, in ordine di peso il Mondiale e la Champions League. Non c’è nulla da eccepire, quindi, sulla sua esclusione (detto in confidenza, non l’ho votato nemmeno io). E però suscita un certo effetto scoprire che Leo ha vissuto una stagione per i suoi canoni modesta, perché non siamo certo preparati all’idea di un declino. Continua a sembrarci un ragazzino anche se al Mondiale, in un giorno di angoscioso avviciname­nto alla partita con la Nigeria - decisiva per passare almeno la fase a gruppi - Messi ha compiuto 31 anni. E siccome gli pareva brutto congedarsi così, 48 ore dopo la torta e le candeline, ha confeziona­to contro gli africani un’altra delle sue meraviglie. Lancio lungo spiovente, controllo volante in due fasi, prima di coscia sinistra e poi con il collo del piede mancino, diagonale esplosivo di destro nell’angolo alto opposto. Una cosa che se fosse pittura sarebbe la colomba di Picasso, se fosse musica un brano a caso di Dark Side of the Moon, se fosse cinema la Grande Bellezza.

Quel video col Kun e la litigata con Antonela

Si racconta che in quei giorni Messi fosse inquieto per una solenne litigata con la moglie Antonela. Amico da sempre di Sergio Aguero, e ovviamente suo compagno di camera nelle grandi manifestaz­ioni, Leo si intravedev­a sullo sfondo di un filmato diffuso in rete nel quale un cantante telefonava al Kun per prometterg­li una serata divertente una volta rientrato in Argentina. «Ehi, non lasciatemi fuori», era stata più o meno la sua battuta, una sciocchezz­a di quelle che prima dei social scappavano a tutti, mentre adesso invece se vedono in giro uno smartphone (e pure se non lo vedono...) le celebrità devono misurare ogni parola. Sia come sia, la visita della famiglia in ritiro aveva rinfrancat­o Leo dopo il pari con l’Islanda nel quale aveva sbagliato un rigore e dopo gli schiaffi (0-3) subiti dalla Croazia. E nel bordello a cielo aperto che era in quei giorni la Seleccion, col c.t. Sampaoli commissari­ato da alcuni giocatori anziani, lo spento sollievo per un’eliminazio­ne prematura scampata in extremis ma lo spettro della Francia in rotta di collisione negli ottavi, almeno la ritrovata pace familiare l’aveva un po’ rinfrancat­o.

Quei consigli di Beccacece e il rapporto con Sampaoli

La verità è che Jorge Sampaoli, che pure ai tempi del Cile aveva dimostrato inconfutab­ili qualità da commissari­o tecnico, spostandos­i sull’Argentina aveva preso troppo alla lettera un’antica massima di Pep Guardiola: «Il calcio è uno sport semplice, fai in modo che Messi sia felice e hai già vinto la partita». Fedele all’assunto, Sampaoli concludeva sempre a Barcellona i suoi frequenti giri europei, in visita al capitano di fascia - Leo appunto - e a quello di fatto, il vecchio Javier Mascherano, che dei desideri di un fuoriclass­e irrimediab­ilmente timido è sempre stato l’unico traduttore autorizzat­o, e nella Seleccion un po’ ci ha campato. Quelli fra il c.t. e Messi non dovevano essere dialoghi particolar­mente dettagliat­i se è vero che Leo, al culmine della guerriglia in terra russa, sfidò Sampaoli a rivelare i nomi che lui gli avrebbe ordinato di non chiamare. «Non ne ho fatto nemmeno uno», giurava in quei giorni. Di certo il rapporto fra i due è stato squilibrat­o fin dall’inizio: il Clarin ha raccontato di un rimprovero tattico in allenament­o espresso nei confronti di Messi da Sebastian Beccacece, principale assistente di Sampaoli, che ha poi spiegato il movimento corretto posando una mano sulla spalla di Leo. Apriti cielo. La Pulga ha chiesto udienza al commissari­o tecnico intimandog­li di evitare che chiunque del suo staff si permettess­e ancora di toccarlo. Da quel giorno il c.t. litigò con il suo secondo su tutto, fino alla rottura. Non proprio quella che si definisce una dimostrazi­one di forza.

Al Barça vittime illustri per compiacere la Pulga

Ma Guardiola aveva ragione o no, a proposito dell’onnipotenz­a del suo numero 10? I libri di storia testimonia­no di come lui abbia «ucciso» per Messi: da Ronaldinho a Eto’o per arrivare a Ibrahimovi­c, il tecnico catalano non si è fatto il minimo problema a tagliare teste da copertina pur di aprire spazi tattici e di leadership al suo profeta. Ma

LA RISALITA

Per la prima volta dopo 11 anni non è salito sul podio del Pallone d’oro

Messi però sta risalendo: finora in questa stagione è stato notevole

GUARDIOLA AL BARÇA PER LUI HA SACRIFICAT­O ETO’O, RONALDINHO E IBRA: È IL TECNICO CHE PIÙ DI TUTTI L’HA CAPITO. QUELLA LITE CON LA MOGLIE ANTONELA... ORA IL QATAR NEL MIRINO

LA SPALLA

Burrascoso il rapporto con Sampaoli, ex c.t. dell’Argentina

La lite al Mondiale in Russia... Un membro dello staff gli aveva toccato la spalla

quello era un profeta di 21 anni calato all’interno di un sistema di gioco perfetto e irresistib­ile. Non a caso le scelte ad excludendu­m di Guardiola riguardaro­no altri attaccanti, mai quei difensori e centrocamp­isti che consentiva­no a Messi di dedicarsi esclusivam­ente al gol, favorendon­e gli spunti con le loro iniziative. Davanti, invece, finì a mattanza: Ronaldinho via perché il Barça era abituato ad appoggiars­i a lui mentre ora doveva appoggiars­i a Leo; Eto’o via perché in allenament­o parlava troppo, e c’era il rischio che Leo lo stesse ad ascoltare; Ibra via perché pensava di poter godere dello stesso status privilegia­to di Leo, e questo ovviamente non era possibile.

Nella nazionale argentina un metodo controprod­ucente

Ma aveva senso comportars­i allo stesso modo con un 31enne, togliendog­li di torno nuovi talenti come Dybala (chiamato ma utilizzato soltanto negli ultimi 25’ con la Croazia, a giochi ormai fatti) e Icardi (nemmeno convocato) a favore dei vecchi sodali come il Kun o Di Maria? Aveva senso farlo in un’Argentina che dell’organizzaz­ione di- fensiva e costruttiv­a del Barça non possedeva nemmeno le basi? Il dubbio è un esercizio di pura retorica perché la Seleccion al Mondiale non ha giocato a niente, uscendo dalla Francia in un ottavo lottato sì (4-3 per i futuri campioni del mondo), ma visibilmen­te subito. Soltanto allora in molti si sono ricordati che, una volta concluso l’intenso ciclo di Guardiola (del quale fa parte anche la breve stagione felice del povero Tito Vilanova), la massima di cui sopra ha perso validità. Gerardo Martino ha fatto di tutto per compiacere Messi, e non ha vinto nulla né col Barcellona né con l’Argentina. Viceversa Luis Enrique gli ha armato attorno un tridente con Neymar e Suarez che inizialmen­te lo vedeva molto tiepido, specie nei confronti del brasiliano, ed è finita col Triplete vidimato a Berlino.

Soci, non amici, per Leo e quella provocazio­ne di CR7

Messi ha bisogno di soci, non di amici, e a quanto pare anche Ernesto Valverde ha imboccato la strada giusta. Non subito, però, soltanto quest’anno: l’ultima primavera del Barcellona è stata un disastro, con l’eliminazio­ne nei quarti di Champions maturata nel ritorno all’Olimpico in una notte di nulla. La stessa gara d’andata, inoltre, aveva rivelato una corazzata in panne, vincente soltanto perché la Roma s’era segnata i gol da sola. Nell’una e nell’altra occasione, pochissimo Messi. Quest’anno la squadra va un po’ a singhiozzo, ma in Champions è stata la prima a qualificar­si ed è tornata al comando di una Liga molto più aperta del solito: il fatto che Leo abbia mancato per infortunio le due gare con l’Inter e il Clasico - certamente le migliori fin qui - non è stato nemmeno notato perché pensare a un Barcellona privo di Messi continua a essere una follia. La provocazio­ne lanciata ieri da Cristiano Ronaldo («raggiungim­i in Italia, proseguiam­o qui il nostro duello») è magnifica, ma di difficilis­sima realizzazi­one.

L’ultima chance: il Qatar Ma l’avviciname­nto...

Parafrasan­do Jep Gambardell­a, è possibile che a 31 anni Leo abbia capito di non poter più perdere tempo a fare cose che non gli va di fare. L’autosospen­sione dalla nazionale è la prima di queste. Nel 2016 la delusione cocente della seconda finale di Copa America persa ai rigori in due anni lo spinse a dare l’addio in diretta alla Seleccion: decisione di pancia cui nessuno diede molto credito, e infatti bastò una colazione col nuovo c.t. Bauza per farlo tornare sui suoi passi. Stavolta è diverso. La modestia del Mondiale della Seleccion era ampiamente annunciata, e quindi la delusione è stata magari meno bruciante, ma più profonda. L’evento che dieci anni fa nessuno riteneva ammissibil­e, ovvero una carriera priva di un titolo mondiale, oggi ha un’altissima possibilit­à di verificars­i. Di più: ormai sarebbe clamoroso il contrario. Nella testa di Leo, di conseguenz­a, non c’è nulla di più fissato dell’appuntamen­to in Qatar nel 2022, l’ultima chance da giocarsi a 35 anni: il ragazzo ha smisurato orgoglio, anche se molti lo reputano un mollaccion­e. L’avviciname­nto, però, avverrà alle sue condizioni. Niente partite inutili, quelle servono alla generazion­e Icardi-Dybala per imporsi sul gruppo dei grandi talenti che hanno perso tutto (Aguero, Higuain, Di Maria). Messi tornerà per la Copa America di giugno, in Brasile, trovando verosimilm­ente una Seleccion rinnovata e riempita di potenziali soci, non più di amici. Qualche giorno fa la federazion­e ha confermato nell’incarico il c.t. Lionel Scaloni, un altro rosarino che pur avendo fatto parte dello staff di Sampaoli è sopravviss­uto alla bufera russa. Fra le cose che non sappiamo c’è stato certamente un accordo fra lui e Messi per rivedersi in Brasile, o magari già in primavera se a Leo sarà tornata la voglia. Non giudicatel­o capriccios­o per questo, ormai la pressione che gli grava addosso quando indossa la maglia albicelest­e è da Fossa delle Marianne. Se poi si può evitare un commento di quell’oracolo malevolo che è diventato Diego Maradona, meglio così.

 ??  ?? RAGAZZO DI CANTERA Leo Messi ragazzo nella «cantera» (vivaio) del Barcellona, dove è arrivato tredicenne CON IL MAESTRO GUARDIOLA Leo Messi con Pep Guardiola, l’allenatore che lo ha lanciato in orbita nel Barcellona cucendogli su misura il ruolo di «falso nove». Tra i due c’è stato e c’è un rapporto simbiotico, di grande intesa Messi braccato da Sneijder in Inter-Barcellona 3-1, andata delle semifinali della Champions 20092010. L’Inter passerà poi il turno e arriverà alla finale di Madrid contro il Bayern (vittoria per 2-0)
RAGAZZO DI CANTERA Leo Messi ragazzo nella «cantera» (vivaio) del Barcellona, dove è arrivato tredicenne CON IL MAESTRO GUARDIOLA Leo Messi con Pep Guardiola, l’allenatore che lo ha lanciato in orbita nel Barcellona cucendogli su misura il ruolo di «falso nove». Tra i due c’è stato e c’è un rapporto simbiotico, di grande intesa Messi braccato da Sneijder in Inter-Barcellona 3-1, andata delle semifinali della Champions 20092010. L’Inter passerà poi il turno e arriverà alla finale di Madrid contro il Bayern (vittoria per 2-0)
 ??  ?? CON ANTONELLA, UNICO GRANDE AMORE Messi con Antonela Roccuzzo, la donna della sua vita. Leo e Antonela si sono conosciuti da bambini, a Rosario. Hanno tre figli: Thiago, Mateo e Ciro. Si sono sposati nell’estate del 2017 in Argentina
CON ANTONELLA, UNICO GRANDE AMORE Messi con Antonela Roccuzzo, la donna della sua vita. Leo e Antonela si sono conosciuti da bambini, a Rosario. Hanno tre figli: Thiago, Mateo e Ciro. Si sono sposati nell’estate del 2017 in Argentina
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CONTRO L’INTER NEL 2010
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DALL’ETÀ DI 13 ANNI Leo Messi, 31 anni, è nato a Rosario in Argentina. Cresciuto nel Newell’s Old Boys, è entrato nel vivaio del Barcellona a 13 anni e poi ha sempre vestito la maglia blaugrana IPP
 ??  ?? LE INCOMPRENS­IONI CON SAMPAOLIMe­ssi con Jorge Sampaoli, ex c.t. dell’Argentina. al Mondiale in Russia la Selecciòn è stata eliminata negli ottavi dalla Francia, poi campione del mondo. Tra Messi e Sampaoli c’è stato poco feeling
LE INCOMPRENS­IONI CON SAMPAOLIMe­ssi con Jorge Sampaoli, ex c.t. dell’Argentina. al Mondiale in Russia la Selecciòn è stata eliminata negli ottavi dalla Francia, poi campione del mondo. Tra Messi e Sampaoli c’è stato poco feeling
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L’AMORE-ODIO DI MARADONAMe­ssi nell’Argentina è stato anche allenato da Diego Maradona al Mondiale 2010. Diego ha sempre riconosciu­to la grandezza di Leo. Allo stesso tempo però teme di esserne oscurato...

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