La Gazzetta dello Sport

QUANDO IL MILAN ERA «MONDIALE»

Nel dicembre del 2007 la vittoria nell’Interconti­nentale

- Di ALBERTO CERRUTI email: acerruti@rcs.it

Sono giorni di compleanni e ricorrenze per il Milan. Anche senza l’atteso ritorno al gol, Higuain ha festeggiat­o ieri i suoi primi 31 anni. Dopodomani Maldini e Gattuso torneranno ad Atene, dove il 23 maggio 2007 i rossoneri hanno vinto l’ultima Champions battendo 2-1 il Liverpool con doppietta di Inzaghi. E soprattutt­o domenica prossima, 16 dicembre, giorno in cui la società rossonera venne fondata nel 1899, sarà l’anniversar­io dell’ultimo successo internazio­nale del Milan. Era il 16 dicembre 2007 e il Milan di Ancelotti fece ancor meglio del River perché, al contrario dei neocampion­i del Sudamerica, non dovette soffrire fino ai supplement­ari per battere gli argentini del Boca nella finale del mondiale per club, che vale ancora di più della finale Libertador­es. Sono passati undici anni e anche se eravamo già entrati nel Duemila sembra il ricordo di un altro secolo. Da quando Berlusconi ha preso il Milan, nel 1986, i rossoneri infatti non sono mai rimasti così a lungo senza trofei internazio­nali, grazie ai quali erano diventati la squadra «più titolata al mondo», come amava ripetere l’ex presidente.

E allora vale la pena lucidare la memoria in attesa di tempi migliori, per far capire ai tifosi rossoneri quanta pazienza ci voglia per ricostruir­e una squadra all’altezza di quei tempi felici ma sempre più lontani. Ed è importante sottolinea­re il termine «squadra», perché come oggi non basta Higuain, allora non bastava Inzaghi, perfetta ciliegina su una torta completata con gli indispensa­bili ingredient­i di qualità forniti da tutti gli altri suoi compagni. In quel 16 dicembre, domenica come stavolta, nello stadio giapponese di Yokohama, Ancelotti mandò in campo Dida in porta; Bonera, Nesta, Kaladze e Maldini in difesa; Gattuso, Pirlo e Ambrosini in mezzo al campo; Seedorf e Kakà alle spalle di Inzaghi. I successivi inseriment­i nel corso della ripresa di Emerson, Cafu e Brocchi, rispettiva­mente al posto di Gattuso, Inzaghi e Seedorf, servirono per aggiungere forze fresche e cementare ancora di più un gruppo con grande qualità in ogni reparto, come si può vedere rileggendo questi grandi nomi tra l’altro su una base italiana. In partenza, infatti, gli stranieri erano soltanto quattro (Dida, Kaladze, Seedorf e Kakà), mentre nell’ultima partita contro il Torino erano quasi il doppio: Zapata, Rodriguez, Suso, Kessie, Bakayoko, Calhanoglu e Higuain.

In vantaggio con Inzaghi, ma subito raggiunto dal futuro interista Palacio, miglior talento del Boca, dopo aver chiuso il primo tempo sull’1-1, il Milan si scatenò nella ripresa con altri tre gol di Nesta, Kakà e ancora Inzaghi. E così la seconda rete di Ledesma servì soltanto per ridurre l’enorme differenza tra le due squadre, perché il 4-2 finale fu il giusto premio per il grande lavoro di Ancelotti, non a caso il tecnico rimasto più a lungo sulla panchina rossonera nei 31 anni di gestione con Berlusconi e Galliani, con pochi bassi e molti alti durante le sue sette stagioni e mezzo. E non a caso, mentre il suo vecchio allievo Gattuso si deve accontenta­re di tornare ad Atene per qualificar­si in Europa League, Ancelotti stasera incrocia di nuovo il Liverpool ascoltando la musichetta della Champions. Emozionant­e anticamera di quel lontano trionfo a Yokohama, quando il Milan salì per l’ultima volta sul tetto del mondo.

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