Cina arrrivo Ora sono un drago
Paltrinieri nuota verso il decimo oro «Torno alle origini Qui ho iniziato a diventare grande» ●Da Shanghai 2011 ai Mondiali che scattano oggi «Il mio simbolo è saggezza e longevità: nei 1500 sfido tutti. In estate mi sono rivisto nella Quadarella»
Il ritorno del drago azzurro: in Cina. Gregorio Paltrinieri non lo conosceva nessuno quando nel 2011 a Shanghai si presentò da ultimo qualificato per i Mondiali. Diventò personaggio, suo malgrado, per come lo sistemarono i compagni: un tagliaccio di capelli — obbligatoriamente imposto a tutte le matricole — che più rovinati non avrebbero potuto essere. Aveva 16 anni, Greg: la sua epopea nel mezzofondo sarebbe partita da una vasca cinese. Sabato il dominatore dei 1500 tornerà, per il suo 10° oro in carriera, nella vasca cinese di Hangzhou dove oggi si assegnano le prime medaglie mondiali, la città del suo predecessore olimpico Sun Yang, al quale nella prossima estate il reuccio di Carpi tenterà di strappare l’ultima cosa che gli manca, ovvero il record mondiale in vasca lunga. Perché quello in vasca corta da tre anni è nelle mani del drago d’Italia.
Paltrinieri, bentornato dove tutto ebbe inizio...
«Io ero un bambino, avevo 16 anni, sono stato eliminato in batteria (19o posto, ndr) e dopo la finale sono andato a fare i complimenti a Sun. Dalla prima volta che ci siamo incontrati, siamo diventati subito amici. Ci siamo rivisti ai Giochi di Londra 2012 dove mi ha salutato prima della finale e abbiamo conversato brevemente. Lo stesso è accaduto a Barcellona nel 2013. Eravamo in attesa di salire sul podio (oro Sun, bronzo Paltrinieri, ndr) e abbiamo passato 10 minuti chiacchierando del più e del meno. Lui è sempre stato formidabile, certo nei 1500 non siamo mai riusciti ad avere un confronto diretto».
Lei è riuscito a farlo scappare da questa gara...
«Già, ai Mondiali di Kazan nel 2015 non s’è presentato al blocco di partenza».
E anche stavolta non nuoterà le 60 vasche: meglio o peggio?
«Una volta per tutte avrei voluto sfidarlo, speravo all’Olimpiade di Rio ma ormai il cinese fa le distanze più brevi».
Al contrario di lei che fa le distanze più lunghe, anche in mare...
«Anche questo ci ha diviso».
Ma questo record riuscirà a toglierlo al cinese prima o poi? Il suo allenatore Morini dice che ormai per battere lei bisogna fare il record mondiale?
«Prima o poi cadrà, magari quando meno te l’aspetti o se ne parla».
Serve una gara da drago... A proposito, come nasce questa storia del drago?
«Sono un creativo, mi diverto, ho disegnato la collezione perché mi piacciono le figure mitologiche e il drago è una figura leggera. Il mio drago è saggezza, longevità. Io sono uno che si trasforma».
Anche sulla longevità, vuol dire che non intende mollare almeno fino a Tokyo?
«Fuori dall’acqua mi piace sparare cavolate, ma quando mi tuffo mi trasformo, divento quasi paranoico, fatico a interagire. Appunto, come una bestia affamata e soprattutto incontentabile».
Beh, dopo aver cancellato il mitico Hackett, davvero manca solo l’ultimo step.
«Finché non riuscirò a fare la gara perfetta sarò incontentabile. Penso di essere neanche a metà del percorso che posso immaginare: trovo sempre errori, sono stato anche in Australia, e questa è la motivazione più forte che mi sta spingendo a superarmi ancora, come nel fondo».
In vasca e in mare, come se ci fossero due Greg.
«Con una doppia personalità e in continua evoluzione».
Se pensa ai limiti?
«Non voglio pormeli proprio adesso, voglio solo cercare di andare più forte possibile e divertirmi più possibile».
Con tre gare da preparare verso i Giochi di Tokyo, non sarà affatto uno scherzo.
»Col fondo sono partito bene, ai campionati italiani pure. Adesso ci sono questi Mondiali».
Ricorda Windsor 2016? Fresco di oro olimpico perse dal coreano Park Tae Hwan, un altro con una squalifica doping come Sun. Come la mettiamo con questi avversari?
«Qui il coreano non c’è, ma ci sono altri avversari, magari si nascondono o stanno in incognito: ci sta che giovani nuovi possano uscire, come successe a me nel 2012 ai Giochi di Londra».
LA CHIAVE Greg domenica sulla sua distanza per riprendere il dominio
«Il fondo non appesantisce ma rende il lavoro facile e vado più veloce»
Gregorio Paltrinieri è nato a Carpi il 5-9-1994 e si allena ad Ostia con Stefano Morini. Poliziotto, 191 cm per 80 kg, figlio unico, tra le sue passioni ci sono il basket e la Juve. Nuota da quando aveva 3 anni (viene dal fondo). In totale vanta 25 medaglie tra 800 e 1500
NELLA NAZIONALE NUOVA MENTALITÀ, COSÌ VINCONO ANCHE I GIOVANI
GREGORIO PALTRINIERI CON DETTI E MORINI
Neanche il tedesco Wellbrock, che agli Europei di agosto ha approfittato del suo stato fisico per batterla e interrompere la sua striscia d’oro.
«Ma c’è il ceco Micka che ha fatto un secondo meno di me a Riccione dov’ero però sotto carico, c’è l’ucraino Romanchuk che ho battuto nel 2017 a Budapest: il pericolo viene dagli atleti dell’Est anche se li conosciamo bene essendosi allenati con noi ad Ostia. C’è sempre qualcuno che dà filo da torcere ma le sensazioni sono buone. Magari l’americano Wilimovsky che fa fondo come me».
In vasca corta è più dura per via delle virate?
«Diciamo che è un altro sport».
L’impressione è che sia pure un altro Paltrinieri...
«Sono carico, ho voglia di riprendere dalla sfortunata estate, e all’inizio di questa stagione ho fatto un po’ di tutto: per la prima volta, dovendomi qualificare all’Olimpiade anche nella 10 km in estate, ho nuotato molto seriamente in mare. Il fondo è benzina per me, in questo momento mi tiene molto motivato e mi fa lavorare bene e serenamente per il biennio da qui ai Giochi di Tokyo. Intanto spero di far bene questi Mondiali cinesi».
Il fondo non appesantisce un lavoro già così al limite della sopportazione?
«Il fondo mi piace un sacco, è un’esperienza continuamente nuova, è molto intrigante: fare fondo mi rende tutto più leggero, e faccio il resto anche meglio. Mi sono piaciuto fin qui, e nei 1500 mi sembra tutto addirittura più facile, mi sento paradossalmente molto più veloce: mi sembra anche di finire prima la gara. È la cosa più bella che volessi fare».
Cosa le resta di questo 2018 tra Australia ed Europei d’argento?
«Ho tirato fuori il meglio di me anche da una situazione negativa, non era Glasgow il mio livello. Ma se mi sono ammalato non posso farci niente, guardate cos’è successo a Detti o Martinenghi. Sto tornando ora in super forma e perciò non sono preoccupato, né spaventato dagli avversari».
In questa nazionale che va dai trentenni come Pellegrini e Scozzoli (neo capitano) ai diciassettenni come Ceccon e Burdisso, lei che ha vinto tutto che leader si sente?
«Tutti i giovani che ho cominciato a conoscere mi hanno sorpreso. Mi sono rivisto nella Quadarella, in estate. Io mi sento un professionista che ci tiene: come tutte le altre punte. Siamo tutti concentrati e ognuno poi si comporta come ritiene. Non si viene più in nazionale solo per partecipare, non si dice più “che bello sono in nazionale”, ma si pensa alla finale, anzi alla medaglia. I compagni che fanno il tifo e la voglia di competere ad alto livello ti danno una carica in più. È un’identificazione completa».
Cos’è cambiato secondo lei all’interno della squadra?
«Prima mancava la mentalità vincente delle seconde linee: svettavano solo i campioni. Ora anche in allenamento si fanno scelte giuste, e i risultati arrivano di conseguenza».
Rispetto ai più giovani, cosa non ha Greg?
«Non amo i tatuaggi o i piercing».
E cosa consiglierebbe a un deb per questi Mondiali?
«Di non ripetere l’errore che feci a Shanghai neo 2011, dove pensai che sarei diventato grande: ma la tensione mi giocò un brutto scherzo».