Spalletti I GUAI E LE COLPE Scelte, testa, gioco e uomini chiave Alle radici del mese di buio nerazzurro
●●estione mentale errata dei match decisivi, cambi contestati e il «tradimento» di Perisic e Nainggolan
Definirlo imputato rende l’idea, anche se non ci sono processi, giudici, pubblici ministeri. Aver lasciato così la Champions, dopo la partenza da 6 punti in 2 gare, è stato un delitto. I colpevoli sono molteplici, ma le accuse e gli sguardi, il giorno dopo, si rivolgono tutti verso di lui. È il destino degli allenatori. E Luciano Spalletti non ci si sottrae: «In prima fila tra i responsabili? Certo, mi ci metto da solo, sempre». Un mese orribile, una sola vittoria (col Frosinone) in 7 partite, una caduta cominciata a Bergamo e che ha trascinato giù anche un girone europeo ben avviato. Ce n’è abbastanza, se ci aggiungete il -14 dalla Juve, per rimettere in discussione il bilancio stagionale, per piazzare il tecnico nella scomoda posizione di chi deve rispondere alle accuse.
GESTIONE MENTALE L’Inter si è presentata alla gara più importante (e alla sua portata) con l’approccio sbagliato. La carica iniziale si è spenta sul palo di Perisic, poi troppe teste sono state occupate dal tabellone e dalle notizie del Camp Nou. Concentrazione approssimativa, errori, incomprensibile «pancia piena» dopo il pareggio, quando ci si è affidati alla tenuta del Barça, dimenticandosi di provare a vincere a San Siro: c’erano 17’ più recupero e un’inerzia positiva. Un errore ripetuto: a Londra (primo match point) l’Inter giocò per lo 0-0, quando provare a segnare, anche perdendo, avrebbe cambiato il bilancio degli scontri diretti. Mentalità conservativa, in contraddizione con le dichiarazioni della vigilia.
SCELTE TECNICHE Alcune scelte tecniche, come il cambio Vrsaljko-Politano sull’1-1, sono espressione di tale volontà. Certo, bisognava riequilibrare una squadra che aveva Perisic terzino, ma evitare rischi, a quel punto, era a sua volta un rischio. Che non ha pagato. Nessun dividendo nemmeno dalla scelta di rispolverare Candreva, da mezzala, nella gara decisiva. Antonio non giocava titolare da Barcellona (24 ottobre), quando peraltro uscì dopo 45’ per evidente difficoltà. Dopo di allora, 16’ complessivi. Ok, era emergenza a centrocampo, ma qualcos’altro ci si poteva inventare.
PUNTE IN PANCA Già, le invenzioni: in passato Spalletti ne ha piazzate parecchie, anche geniali. In questa parte di stagione non ha mai trovato il modo di sfruttare appieno le risorse a disposizione. Lautaro usato solo per far rifiatare Icardi o come mossa della disperazione, Keita senza continuità: le aggiunte del mercato estivo, per superare la Icardi-dipendenza, declassate di fatto a «seconde scelte». L’equilibrio tattico è sovrano, ma dopo oltre 100 giorni una soluzione per trovare spazio e collocazione, ad almeno uno dei due, andava trovata.
PIÙ NERVI CHE GIOCO Subire meno gol è il primo passo per vincere. Spalletti su questo ha lavorato con la società, pretendendo tre centrali di livello internazionale. Ma in Champions i conti non tornano: sei volte su sei l’Inter è partita sotto di un gol e ha dovuto rincorrere per centrare la vittoria. Alla lunga le rimonte hanno richiesto un extra lavoro, fisico e mentale. Anche per questo non si è mai visto un gioco fluido come mostrato in Serie A, dove l’Inter riesce a gestire spesso la partita. E martedì contro il Psv la squadra è crollata soprattutto a livello nervoso, come ha ammesso anche Borja Valero nel dopo partita: «Avevamo tutto in mano, abbiamo iniziato bene, dopo il loro gol ci siamo fatti prendere dalla frenesia. L’emozione gioca contro di te».
I PROBLEMI
In Italia l’Inter sa imporsi in campo, in Europa ha sempre dovuto inseguire
PERISIC INTOCCABILE Ma Spalletti è stato tradito anche dai singoli. Su tutti è mancato l’apporto di Ivan Perisic, quello che nei piani iniziali del tecnico poteva essere il CR7 nerazzurro: «Per caratteristiche fisiche è l’unico che può essere accostato a Ronaldo» ha detto in estate, quando pensava a un modulo per avvicinarlo di più alla porta. Ma anche se Ivan continua ad andare a sprazzi, a essere dottor Jekyll e mister Hyde all’interno di una stessa partita, per Luciano resta intoccabile.
Mentalità troppo conservativa col Psv e nel match point di Londra
QUESTIONE NAINGGOLAN Ma il capitolo più doloroso è quello legato a Nainggolan, l’espressione massima del calcio spallettiano. Il Ninja è stato il vero colpo del mercato: è diventato grande con Spalletti e lui l’ha voluto per fare grande l’Inter anche in Champions. Invece ha vinto la sfortuna, vestita da Lucas Biglia: dopo lo scontro nel derby è cominciato il calvario di Radja, che ha bruciato i tempi per essere disponibile per il match interno col Barça, senza però rientrare al cento per cento. E a Londra, per troppa fretta o generosità, è finito di nuovo nel tunnel del dolore. Tocca a Spalletti guidare lui e l’Inter di nuovo verso la luce.