La Gazzetta dello Sport

Spalletti I GUAI E LE COLPE Scelte, testa, gioco e uomini chiave Alle radici del mese di buio nerazzurro

●●estione mentale errata dei match decisivi, cambi contestati e il «tradimento» di Perisic e Nainggolan

- Valerio Clari Vincenzo D'Angelo MILANO

Definirlo imputato rende l’idea, anche se non ci sono processi, giudici, pubblici ministeri. Aver lasciato così la Champions, dopo la partenza da 6 punti in 2 gare, è stato un delitto. I colpevoli sono molteplici, ma le accuse e gli sguardi, il giorno dopo, si rivolgono tutti verso di lui. È il destino degli allenatori. E Luciano Spalletti non ci si sottrae: «In prima fila tra i responsabi­li? Certo, mi ci metto da solo, sempre». Un mese orribile, una sola vittoria (col Frosinone) in 7 partite, una caduta cominciata a Bergamo e che ha trascinato giù anche un girone europeo ben avviato. Ce n’è abbastanza, se ci aggiungete il -14 dalla Juve, per rimettere in discussion­e il bilancio stagionale, per piazzare il tecnico nella scomoda posizione di chi deve rispondere alle accuse.

GESTIONE MENTALE L’Inter si è presentata alla gara più importante (e alla sua portata) con l’approccio sbagliato. La carica iniziale si è spenta sul palo di Perisic, poi troppe teste sono state occupate dal tabellone e dalle notizie del Camp Nou. Concentraz­ione approssima­tiva, errori, incomprens­ibile «pancia piena» dopo il pareggio, quando ci si è affidati alla tenuta del Barça, dimentican­dosi di provare a vincere a San Siro: c’erano 17’ più recupero e un’inerzia positiva. Un errore ripetuto: a Londra (primo match point) l’Inter giocò per lo 0-0, quando provare a segnare, anche perdendo, avrebbe cambiato il bilancio degli scontri diretti. Mentalità conservati­va, in contraddiz­ione con le dichiarazi­oni della vigilia.

SCELTE TECNICHE Alcune scelte tecniche, come il cambio Vrsaljko-Politano sull’1-1, sono espression­e di tale volontà. Certo, bisognava riequilibr­are una squadra che aveva Perisic terzino, ma evitare rischi, a quel punto, era a sua volta un rischio. Che non ha pagato. Nessun dividendo nemmeno dalla scelta di rispolvera­re Candreva, da mezzala, nella gara decisiva. Antonio non giocava titolare da Barcellona (24 ottobre), quando peraltro uscì dopo 45’ per evidente difficoltà. Dopo di allora, 16’ complessiv­i. Ok, era emergenza a centrocamp­o, ma qualcos’altro ci si poteva inventare.

PUNTE IN PANCA Già, le invenzioni: in passato Spalletti ne ha piazzate parecchie, anche geniali. In questa parte di stagione non ha mai trovato il modo di sfruttare appieno le risorse a disposizio­ne. Lautaro usato solo per far rifiatare Icardi o come mossa della disperazio­ne, Keita senza continuità: le aggiunte del mercato estivo, per superare la Icardi-dipendenza, declassate di fatto a «seconde scelte». L’equilibrio tattico è sovrano, ma dopo oltre 100 giorni una soluzione per trovare spazio e collocazio­ne, ad almeno uno dei due, andava trovata.

PIÙ NERVI CHE GIOCO Subire meno gol è il primo passo per vincere. Spalletti su questo ha lavorato con la società, pretendend­o tre centrali di livello internazio­nale. Ma in Champions i conti non tornano: sei volte su sei l’Inter è partita sotto di un gol e ha dovuto rincorrere per centrare la vittoria. Alla lunga le rimonte hanno richiesto un extra lavoro, fisico e mentale. Anche per questo non si è mai visto un gioco fluido come mostrato in Serie A, dove l’Inter riesce a gestire spesso la partita. E martedì contro il Psv la squadra è crollata soprattutt­o a livello nervoso, come ha ammesso anche Borja Valero nel dopo partita: «Avevamo tutto in mano, abbiamo iniziato bene, dopo il loro gol ci siamo fatti prendere dalla frenesia. L’emozione gioca contro di te».

I PROBLEMI

In Italia l’Inter sa imporsi in campo, in Europa ha sempre dovuto inseguire

PERISIC INTOCCABIL­E Ma Spalletti è stato tradito anche dai singoli. Su tutti è mancato l’apporto di Ivan Perisic, quello che nei piani iniziali del tecnico poteva essere il CR7 nerazzurro: «Per caratteris­tiche fisiche è l’unico che può essere accostato a Ronaldo» ha detto in estate, quando pensava a un modulo per avvicinarl­o di più alla porta. Ma anche se Ivan continua ad andare a sprazzi, a essere dottor Jekyll e mister Hyde all’interno di una stessa partita, per Luciano resta intoccabil­e.

Mentalità troppo conservati­va col Psv e nel match point di Londra

QUESTIONE NAINGGOLAN Ma il capitolo più doloroso è quello legato a Nainggolan, l’espression­e massima del calcio spallettia­no. Il Ninja è stato il vero colpo del mercato: è diventato grande con Spalletti e lui l’ha voluto per fare grande l’Inter anche in Champions. Invece ha vinto la sfortuna, vestita da Lucas Biglia: dopo lo scontro nel derby è cominciato il calvario di Radja, che ha bruciato i tempi per essere disponibil­e per il match interno col Barça, senza però rientrare al cento per cento. E a Londra, per troppa fretta o generosità, è finito di nuovo nel tunnel del dolore. Tocca a Spalletti guidare lui e l’Inter di nuovo verso la luce.

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Luciano Spalletti, 59 anni, seconda stagione all’Inter

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