Napoli, c’è ancora un gap da colmare Volontà e tattica non bastano più
●In Europa decidono i campioni come Salah e Alisson. E fatturati di club come Liverpool e Psg...
In questioni di calcio, si sa, i taxisti sono oracoli. Uno di Liverpool che ci stava traghettando alla vigilia del match, predisse: «Finisce 2-2. Passa il Napoli». Cinque anni fa non avrebbe avuto dubbi sui suoi Reds. È la prova del capolavoro compiuto da Aurelio De Laurentiis che per la nona stagione consecutiva presenta il Napoli in Europa e per la quarta lo sta tenendo nelle prime tre posizioni di Serie A. Con bilanci virtuosi. Mazzarri, Benitez e, soprattutto Sarri, hanno raffinato un’identità tattica che ha raccolto ammiratori ovunque, da Pep Guardiola in giù. Ancelotti ha impennato ulteriormente una credibilità internazionale ai massimi storici, come certificato dall’oracolo.
NON SOLO MILIK Riconosciuti i grandi meriti della società e della squadra, va fatta con altrettanta chiarezza una constatazione: il Napoli non è all’altezza del Liverpool, anche se l’ha sconfitto al San Paolo. Dire «avesse segnato Milik…» non è una sintesi onesta. Mané ha sbagliato di tutto, Salah – autore dell’1-0 finale – pure. Il Napoli, nei 90 minuti, ha spedito tra i pali una sola telefonata di Koulibaly di testa su angolo. Fosse finita con 3-4 gol di scarto non sarebbe stato assurdo. A parte l’illusione dei primi minuti, mai il Napoli ha dato la sensazione di poter competere con un Liverpool superiore in tutto: tecnica, fisicità, personalità, ritmo. Salah ha segnato, Alisson ha parato, Van Dijk ha respinto tutto. Hanno deciso i campioni strapagati, come succede spesso a queste quote. Mario Rui, asfaltato dal Faraone, è la metafora migliore di un Napoli ricco di volontà e limiti, anche fisici. Se hai la tecnica sopraffina del Barcellona, puoi cavartela palleggiando, altrimenti davanti a giganti quali Wijnaldum ed Henderson sei destinato a soffrire. Capitan Hamsik ha confermato il suo tramonto atletico. Insigne in notti speciali fatica ad essere il reuccio del San Paolo. Chiediamoci: quali giocatori del Napoli potrebbero essere titolari nel Liverpool o in club del genere? Koulibaly. E poi? Stop.
SOLO JUVE Chiariamo: questa non è un’accusa, ma una fotografia dello stato di fatto. Il Napoli fa molto più del dovuto. Come potrebbe rincorrere il Liverpool? Acquistando campioni, sfondando il tetto-ingaggi, dotandosi di strutture migliori di Castel Volturno che non respingano le stelle, rendendo più ospitale e produttivo il San Paolo. Ma potrebbe De Laurentiis investire tanto con un fatturato di 200,7 milioni e con un bacino d’utenza troppo inferiore ai super-club? Psg (486,2 milioni) e Liverpool (424,2) fatturano oltre il doppio. Il discorso vale anche per le milanesi che sono imbrigliate dal fairplay finanziario e non possono comprare i campioni di qualità di cui avrebbero bisogno. La Roma i campioni li vende per sopravvivere. Un tempo vincevamo grazie ai fuoriclasse strappati agli altri, ora ci sculaccia Salah. Il girone del Napoli l’ha vinto il Psg, galassia di stelle. Decidono i campioni, tesoro dei ricchi. Chi non ce li ha, si arrangia con la tattica, il pane dei poveri. Per questo la Juve ha comprato il violino numero 1: CR7. Oggi soltanto il club di Agnelli, che ha innescato da anni il circolo virtuoso di investimenti-vittorie-ricavi, può competere a certe altezze. L’effetto collaterale di questa rincorsa poderosa dei bianconeri alle super-potenze europee è un rafforzamento che ha ucciso la corsa scudetto.
THE GAP
Preso atto di tutto ciò, ogni volta che si parla del Napoli in Champions deve risuonare nelle orecchie l’annuncio della metropolitana inglese: «Mind the gap». Significa: «Occhio al buco tra il treno e la banchina». Nel nostro caso: «Tenete a mente il gap con le big». E allora, presa coscienza del contesto, si possono calibrare meglio le ambizioni prima di affrontare una nuova Champions e le delusioni, dopo l’eliminazione da un girone di ferro soltanto per aver segnato meno gol con differenza reti alla pari. Di più era quasi impossibile. Si doveva vincere a Belgrado? Sì, ma ci stava il pareggio a Napoli col Liverpool. Sofismi. «Mind the gap». Questa è la realtà. E allora, tenendo a mente il divario, diventa più facile trovare entusiasmo per l’Europa League che verrà. Se Diego Maradona non si vergognava di rincorrere e vincere una Coppa Uefa giusto trent’anni fa, può farlo anche Lorenzo Insigne.
>De Laurentiis con Ancelotti ha portato credibilità internazionale ai massimi livelli
>Ma gli azzurri sono stati inferiori ai Reds: per ritmo, tecnica, fisicità e personalità