ROMA FLOP PER DIFRA COL GENOA È DECISIVA
●Il k.o. contro il Plzen, che va in Europa League, è indolore per la qualificazione, ma acuisce la crisi
INVIATO A PLZEN (REP. CECA)
Se «Bohemian Rhapsody» è stato il brano più ascoltato del XX Secolo, siamo convinti che la «rapsodia boema» virata al calcio messa in scena da Viktoria e Roma sarebbe stata dimenticata in fretta. Ma tutto ciò che coinvolge la squadra giallorossa si trasforma in psicodramma e così i cechi – vittoriosi per 2-1 grazie ai gol di Kovarik e Chory, intervallate dal pari di Under – e innescano il caso, cioè la contestazione vigorosa dei 700 romanisti che hanno sfidato il freddo di Plzen per assistere alla settima sconfitta stagionale in 21 partite dei propri (ex) beniamini, «respinti» nei saluti a fine partita, non risparmiando neppure insulti (con striscione «Go home») a Pallotta. Insomma, la festa dei padroni di casa, qualificati per l’Europa League a spese del Cska, finisce con la ennesima crocifissione di Di Francesco, che adesso si giocherà tutto col Genoa domenica.
RUGGINE PASTORE
Tra assenze e quel minimo di rotazioni doverose in vista del delicato match di domenica contro Prandelli, i giallorossi in avvio rilanciano in porta Mirante, in difesa Marcano e sulla trequarti Pastore, per disegnare un 42-3-1 più di posizione in mediana – con Cristante e Nzonzi – e un attacco baby (solo) sulla carta peperino, anche perché poco servito sulle fasce da Santon e Kolarov. Certo, con la qualificazione agli ottavi già archiviata e il freddo che morde i muscoli (a volte cadono anche fiocchi di neve), l’impegno romanista è al minimo sindacale, senza contare che la 21a formazione diversa in altrettante partite stagionali non aiuta i meccanismi. Ne consegue una Roma che largheggia nel possesso palla, ma lo fa a ritmi assai ridotti, tanto da impensierire poco la retroguardia ceca, ben guidata da Hubnik. Pastore, poi, non si accende mai, cosicché le accelerazioni sono dovute solo ai guizzi di Under e Kluivert, che però trovano al loro fianco uno Schick spaesato anche in Patria. Il paradosso poi, se si eccettua un fiacco tiro del Flaco al 19’, le occasioni migliori sono per il Viktoria, con Kovarik che al 26’ sciupa dall’altezza del dischetto dopo una maldestro rinvio di Under. Le pressioni sbagliate del turco e dell’olandese – che si accentrano sui difensori e lasciano spesso liberi i terzini Havel e Limbersky di andare a sovrapporsi a Kopic e Kovaric – danno campo ai padroni di casa, soprattutto da quando arriva la notizia del vantaggio del Cska a Madrid. E se al 35’ una mischia in area era stata ben risolta da Manolas, al 39’ su un cross di Kovarik ad un passo dalla linea di fondo Chory non arriva per un pelo.
IN DIECI
Nella ripresa – se si eccettua un rigore non concesso su Schick – il Viktoria cresce e comincia a sfruttare meglio le praterie nelle ripartenze, con Santon e Kolarov sempre più in difficoltà e Marcano in crisi. In vetrina va Kovaric, che diventa protagonista. Al 12’ crossa per Cermak che manda a lato da buona posizione, poi al 17’ si mette in proprio quando raccoglie un tiro cross di Kopic e batte Mirante anticipando Santon. La Roma si scuote e sull’asse Nzonzi-Santon costruisce un’azione che Under santifica con un tiro in porta da biliardo. Ma è la volontà a fare la diffe-
renza. Il Viktoria vuole la vittoria e la costruisce sempre in ripartenza su cattive pressioni alte della Roma. Così al 27’ ancora Kovarik conclude e sulla respinta di Mirante segna Chory. E’ festa ceca, che per poco Petrzela non anabolizza in contropiede, mentre la Roma sfiora il pari solo su un bel tiro di Cristante al 40’. Troppo poco, anche perché i cambi (Florenzi, Zaniolo e Luca Pellegrini) non producono nulla. Anzi, l’ultimo riesce a rimediare un doppio giallo in tre minuti. Un record alla rovescia, che fotografa il buco nero in cui pare caduta la Roma. Il 5-0 della partita di andata sembra lontano anni luce.