La Gazzetta dello Sport

Leo Junior «TORO CREDICI RONALDO NON È IMBATTIBIL­E»

L’EX CENTROCAMP­ISTA PRIMA DEL DERBY «NESSUNA SQUADRA È INVINCIBIL­E, NON LO ERA NEANCHE LA JUVE DI PLATINI MA SERVE IL GRANDE CUORE GRANATA»

- L’INTERVISTA di ALBERTO CERRUTI

Il primo derby non si scorda mai. E se poi lo vinci subito, ne riparli per tutta la vita, perché a Leo Junior sono bastate tre stagioni per diventare un cuore Toro che continua a battere forte, anche mentre parla al telefono da Rio de Janeiro. «Come potrei dimenticar­e quel primo derby? Sono arrivato nell’estate del 1984 e il primo giorno, al raduno, i tifosi mi hanno detto che dovevamo battere la Juventus. Io sapevo che la Juve era campione d’Italia e aveva tre campioni del mondo che mi avevano già dato un dispiacere al Mondiale in Spagna – Cabrini, Scirea e Tardelli – più due stranieri fortissimi, cioè Platini e Boniek. In quel primo derby, però, non avevamo paura di niente, nemmeno dopo il gol del vantaggio di Platini. Pareggiò Francini. Poi all’ultimo minuto, su un mio calcio d’angolo, Serena segnò il gol del 2-1. Una goduria doppia, proprio sotto la Maratona».

Quel derby è il ricordo più bello dei suoi tre anni a Torino?

«A livello calcistico sì. A livello umano, invece, il ricordo più bello è legato al giorno in cui è nata mia figlia Giuliana. Era il 14 marzo 1986 e così anche lei sarà legata per sempre a Torino, anche se oggi insegna danza e segue poco il calcio».

Suo figlio Rodrigo, invece, è sempre tifoso granata?

«Lui è nato in Brasile ed era troppo piccolo per ricordarmi con la maglia granata, ma segue tutte le partite del Toro attraverso i social e poi mi aggiorna. Adesso ha 34 anni e cinque mesi fa mi ha fatto diventare nonno di Joao Enrique, perché il tempo passa…».

Il tempo che passa si è appena portato via Radice che allenava il suo Torino: che ricordi ha di lui?

«Radice aveva una grande qualità, perché con la sua grinta e la sua carica sapeva ottenere il massimo da ogni giocatore. Mi spiace che sia scomparso e mando un abbraccio a suo figlio Ruggero, con il quale ero rimasto in contatto anche quando sono passato al Pescara».

Quel Torino arrivò davanti alla Juventus, ma secondo alla fine dietro il Verona: non potevate fare di più?

«Quel mancato scudetto è il rimpianto più grosso dei miei anni a Torino, ma bisogna essere onesti e riconoscer­e che il Verona meritava più di tutti».

La Juve di oggi è ancora più forte di quella che lei aveva battuto nel suo primo derby: come può fare il Toro a fermarla?

«Io dico che non ci sono squadre imbattibil­i, nemmeno questa Juventus che macina record. L’importante è andare in campo senza paura, come abbiamo fatto noi quel giorno, perché il Toro è il Toro e può fare qualsiasi impresa».

Che partite ha visto del Torino quest’anno?

«Purtroppo ho potuto vedere solamente qualche gol, un po’ perché qui in Brasile non trasmetton­o quasi mai le partite del campionato italiano e un po’ perché io faccio il commentato­re per tv Globo e spesso, mentre gioca il Torino, seguo il campionato brasiliano».

Che cosa pensa di Mazzarri?

«Conosco la sua carriera e so che è un ottimo allenatore. Trasmette una grande carica e per questo mi sembra che sia l’allenatore ideale per il Toro, uno che sa tirare fuori il massimo dai suoi giocatori, proprio come Radice».

Le piace Belotti?

«È un vero capitano, che dà l’esempio e si butta su tutti i palloni. Gli auguro di segnare il gol decisivo nel derby».

Nel Torino c’è il brasiliano Lyanco: lo conosce?

«È un ragazzo di 21 anni. L’avevo visto quando giocava nel San Paolo, è veloce, bravo nell’anticipo, gli auguro di sfondare in Italia».

Se potesse regalare a questo Torino uno dei suoi compagni di allora, chi scegliereb­be?

«Sicurament­e Dossena, perché oggi non ci sono più i numeri 10, i trequartis­ti di una volta, e lui con la sua fantasia farebbe ancora la differenza».

Con quali compagni andava più d’accordo?

«Eravamo un bel gruppo, una bella famiglia. Ricordo con piacere Zaccarelli, che aveva fatto parte del Toro campione d’Italia, poi Sabato perché ero stato padrino di sua figlia e pure Comi, che allora veniva dalla Primavera. Vedo che ha fatto carriera come dirigente e visto che è l’unico del mio gruppo rimasto in società, ne approfitto per mandargli un grosso “in bocca al lupo” per il derby e per tutta la stagione, perché il Toro può e deve tornare in Europa».

Anche il Milan del suo amico Leonardo punta all’Europa: glielo ha consigliat­o lei Paquetà?

«Leonardo è bravissimo, conosce alla perfezione il calcio brasiliano e non ha bisogno dei miei consigli. Leonardo con Paquetà ha fatto un gran colpo, bruciando la concorrenz­a, perché io sono pronto a scommetter­e su questo giocatore che ho visto da vicino nel Flamengo. Paquetà ha tutto per sfondare nel Milan, è un talento assoluto, ha la testa, l’intelligen­za e le qualità per essere un numero uno, anzi un vero numero 10, di quelli che mancano nel calcio di oggi, come dicevo prima. Lui è una mezzala che crea e finalizza, bravo anche a segnare. E quindi penso davvero che possa essere un nuovo Kakà».

Quando la rivedremo in Italia?

«Mi hanno invitato i tifosi di un club granata. Prima o poi tornerò per rivedere il Toro e riabbracci­are il mio amico Gasperini, che mi aveva ceduto la fascia di capitano quando sono arrivato al Pescara. Il gesto di un grandissim­o uomo. E così, dopo il Toro e il Pescara, a cui auguro di tornare in A, seguo con simpatia anche l’Atalanta».

Leo, chiudiamo con un pronostico per il derby…

«Dico solo “Forza Vecchio Cuore Granata”. E ripeto a tutti che nessuna squadra è imbattibil­e. Non lo era quella di Platini, non lo è nemmeno questa di Ronaldo».

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SU GIGI RADICE E WALTER MAZZARRI BELOTTI È UN VERO CAPITANO, DEL MIO TORO A MAZZARRI DAREI DOSSENA

SU QUALE COMPAGNO REGALEREBB­E AL TORO DI OGGI

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 ??  ?? Leo Junior in alto con la «sua» statua granata del Subbuteo. Sopra, due anni fa al Carnevale di Rio col quartiere Mangueira, vincitore
Leo Junior in alto con la «sua» statua granata del Subbuteo. Sopra, due anni fa al Carnevale di Rio col quartiere Mangueira, vincitore

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