CUORE DA DOPPIETTA «L’ITALIA MI MANCA RITORNO AL GIRO PER IL TRIPLETE POI C’E’ IL TOUR»
IN CARRIERA MAI LE DUE CORSE, NELLO STESSO ANNO, CON QUESTE AMBIZIONI. «SENTO LA COMPETIZIONE DENTRO DI ME» IL DEBUTTO AD ABU DHABI, SÌ A SANREMO E LIEGI
INVIATO A HVAR (CROAZIA)
Fermo al centro del palco dell’Arsenale di Hvar, Vincenzo Nibali ha appena sigillato con una frase la busta con i piani della sua prossima stagione. «Nel 2019 correrò il Giro d’Italia e il Tour de France». In prima fila viceministri del governo croato, il sindaco della città, lo stato maggiore della Bahrain-Merida e i rappresentanti della McLaren, entrata nel mondo del ciclismo per cambiarlo, probabilmente per sempre. La decisione era nell’aria. Ma è la chiusura del breve discorso, interrotto come a voler creare un pizzico di attesa, a lasciare il segno. «Il Giro è l’obiettivo più importante, voglio vincerlo». Il doppio appuntamento, nella sua carriera, soltanto nel 2008 (era un ragazzino) e nel 2016, quando andò in Francia dopo il secondo trionfo rosa per preparare l’Olimpiade di Rio. Ora, a 34 anni, sarà diverso.
E’ un proclama. Un guanto di sfida lanciato in faccia ai soliti rivali e ai giovani leoni pronti a entrare nell’arena. Sarà sufficiente leggere tra le righe della risposta tagliente a una domanda su Egan Bernal, investito da tempo del ruolo di temibile outsider, per comprendere. «Sarà tra i favoriti? Può essere, ma il Giro non lo ha mai vinto». Un solco che pare un canyon tra la «Tripla corona» dello Squalo e l’ambizioso colombiano, non ancora 22enne. Un distacco in ogni caso privo di presunzione: «E’ giovane e ha fame, e di chi ha fame c’è solo da aver paura».
LA GALLERIA DEI MITI
Vincendo la sua terza Corsa rosa dopo i trionfi del 2013 e del 2016, il campione siciliano affiancherebbe tra gli altri Bartali, Gimondi, Magni e Hinault. Se dovesse centrare il secondo Tour, appaierebbe Bottecchia, lo stesso Bartali e Coppi. Vorrebbe dire trasferirsi dalla Leggenda direttamente al Mito, dove risiede anche Pantani, che nel 1998 centrò la doppietta. Paolo Slongo, l’uomo che lo segue da sempre, assicura che a 34 anni Nibali sia un corridore migliore rispetto a quello di qualche anno fa. «E’ arrivato a un livello di maturità incredibile.
E’ il miglior Nibali di sempre nella gestione della fatica e degli appuntamenti. Sa come si affrontano gli ostacoli e come rimettersi in gioco se le cose non vanno come devono. Ed è ancora assolutamente competitivo».
Com’è maturata questa scelta?
«Non correre il Giro nel 2018 mi è pesato. Da italiano mi è mancato sentire l’affetto dei tifosi. Cerco di variare sempre gli impegni ed è arrivato il momento di tornare e di puntare nuovamente a vincere. Ho grande voglia di fare bene a maggio. Poi vedremo come affrontare il Tour, dove non è detto che debba per forza presentarmi per vincere. Abbiamo tante soluzioni e una squadra molto forte».
Come gestirà i 34 giorni tra la fine della corsa rosa e l’inizio del Tour?
«Prima di tutto cominciando la stagione con più calma. Meno corse nella prima parte, più lavoro in allenamento e in altura per fare il “fondo” (debutterà il 24 febbraio ad Abu Dhabi, all’UAE Tour, ndr). Dovrò distribuire le forze con attenzione. Fare il Giro e il Tour richiede sacrifici enormi, uno sforzo ben superiore a quello che affronti quando aggiungi la Vuelta a uno dei due».
Bernal a parte, troverà Dumoulin e Valverde, più Simon Yates e magari Thomas.
«Tutti grandi avversari. Dumoulin in particolare è ormai una certezza, al Giro ha sempre dimostrato solidità e continuità. Dovremo tutti arrivare pronti, perché il primo giorno di gara con il San Luca a Bologna non perdonerà».
E le classiche? Alla Sanremo avrà il numero 1. E al Fiandre quest’anno le hanno riservato un’accoglienza da superstar.
«In Belgio ho respirato ciclismo per una settimana, un’emozione unica. Mi piacerebbe riviverla, ma quest’anno non è nel programma. La Sanremo è una corsa particolare, e non mancherò. La Liegi? Sì, vedremo con quale condizione ci arriverò».
A Hvar si lavora già su posizioni e materiali per la cronosquadre. Dalla Bmc, che ha chiuso, sono arrivati Rohan Dennis e Damiano Caruso: due pilastri.
«Entrambi possono darci una mano enorme, soprattutto Rohan che è campione del mondo. In questi anni si sono perfezionati al massimo nelle prove contro il tempo, abbiamo tanto imparare da loro».
Non è che alla scadenza del contratto, a fine 2019, li lascerà per accasarsi altrove?
«Quello che conta per me sono il gruppo di lavoro e lo sviluppo che un team può avere negli anni. Con l’ingresso della McLaren, la Bahrain-Merida ha intrapreso un percorso di crescita e sono molto interessato a capire dove porterà. Bisogna valutare tutto più avanti. Si vedrà».
Sorpreso dall’addio di Sky?
«No. Sapevo già che stava per accedere qualcosa. Credo che il nucleo della squadra resterà intatto. Uscirà solo lo sponsor e ne entrerà un altro».
Molti compagni useranno i freni a disco per tutta la stagione.
«Avrò sicuramente più bici a disposizione. Con i freni a disco
la bici risulta più pesante, e non adatta per un arrivo secco in salita. Per finali più veloci è preferibile montarli perché il peso è ininfluente. Decideremo in base alle tappe. E sarà un vantaggio».
Dove si trovano gli stimoli per ripartire ogni anno con questa determinazione?
«Ci sono sempre nuovi avversari, altri restano e devi farci i conti. E’ un testa a testa continuo, sento la competizione dentro di me».
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