La Gazzetta dello Sport

RECESSIONE ITALIA ANCHE NEL CALCIO

- Di ARRIGO SACCHI

Si conclude una settimana di Coppe internazio­nali nerissima: solo 1 punto sui 18 disponibil­i. Un disastro, troppi insuccessi per essere solo una fatalità. Non c’è neppure l’alibi del denaro: eccetto il Liverpool tutte le squadre incontrate hanno bilanci molto inferiori a quelli delle nostre. Purtroppo il calcio è il riflesso di una società vecchia, in crisi economica, culturale e morale. In recessione, che confida nel singolo e nello straniero per rimediare ad una povertà complessiv­a di idee. Il nostro è un paese conservato­re che fatica a rinnovarsi ed evolversi.

Diceva Churchill: cambiare non equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare. In generale i concetti del mondo del calcio sono sempre gli stessi di 50 anni fa: conta solo vincere, ci si appella alla fortuna o alla sfortuna, se si è perso è colpa dell’arbitro, squadra che vince non si cambia, il singolo come l’uomo dalla bacchetta magica, prima marcare e difendersi poi si vedrà... Diceva Einstein: la vera pazzia è continuare a fare le stesse cose ed aspettarsi risultati differenti. Si vive alla giornata confidando assai poco sulle programmaz­ioni, sulle idee e sul lavoro. La maggior parte, compresi anche i media, citano poco i valori come merito, emozioni, spettacolo, coraggio, bellezza e armonia. La vittoria giustifica tutto. In generale la domanda che i dirigenti delle squadre pongono è: «Abbiamo vinto?» E non: «Come abbiamo giocato?».

La Juventus è forse l’unica giustifica­ta per la sconfitta contro lo Young Boys: non si può sempre vincere. La squadra bianconeri è la leader indiscussa del calcio italiano, ma non è un esempio di idee e novità, è basata prevalente­mente sulla storia e la potenza del club, sulle capacità tattiche e gestionali di Allegri e sul valore dei singoli. Anche qui la prudenza è elevata, ma il rischio è alla base di ogni avventura e propedeuti­ca alle innovazion­i, altrimenti si cade nella routine e nel pessimismo. Siamo talmente immobili e in ritardo rispetto alle scuole più evolute da non permetterc­i quasi mai un confronto alla pari. Abbiamo sempre uno o due difensori in più di quanti occorrano, non si sa mai... E quando le squadre italiane vanno in vantaggio apriti cielo: tutti indietro e dentro uno o due difensori al posto degli attaccanti. Questo oltre a significar­e di avere poca fiducia nel proprio gioco e nel proprio lavoro è quello che all’estero praticamen­te ormai non fa più nessuno.

Le squadre straniere hanno ritmo e velocità in genere superiori a noi, favoriti anche dall’abitudine di giocare incontri con poche interruzio­ni e fischi arbitrali. In Inghilterr­a la media degli interventi arbitrali è di 15 volte, in Italia praticamen­te il doppio. Per giocare un football difensivo ci sono i falli, meno divertimen­to e anche meno giovani perché servono giocatori smaliziati. Quanto sarebbe bello vedere una squadra italiana vincere finalmente dominando, avere l’esaltazion­e del collettivo dove tutti si muovono in un contesto evolutivo dove ogni giocatore partecipa alla fase difensiva e offensiva e del polivalent­e, collegato ai compagni da un filo invisibile che è il gioco.

Per riuscirci dovrà intervenir­e la Federazion­e: concorsi per allenatori adeguati, riforme e investimen­ti. Anche qui siamo in ritardo c’è solo un centro federale attivo, Coverciano datato 1955, quando la piccola Svizzera ne ha addirittur­a tre. E inoltre occorrerà un pubblico più acculturat­o, che chieda lo spettacolo come via per arrivare alla vittoria. Buon lavoro a tutti e in particolar­e al presidente della Figc Gabriele Gravina che con la sua competenza ci dovrà portare nel futuro. In bocca al lupo.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy