La Gazzetta dello Sport

IL PARADOSSO ITALIAN0 TORNIAMO A GONFIARE IL PETTO

- Di ANDREA DI CARO

«Vola basso e schiva il sasso» o, alla Trap, «Non dire gatto…» eppure dopo il sorteggio di Nyon viene voglia di rigonfiare il petto, nonostante l’ultimo turno di Coppe sia stato una mattanza. Sembra un paradosso, ma il campionato italiano che vive un lungo, e ultimament­e poco appassiona­nte, monologo di una sola squadra fortissima, la Juve, e gli alti e bassi di tutte le altre, non solo può portare due squadre nei quarti di Champions e sperare nel pieno in Europa League, ma anche ambire a vincere le due coppe. Sì, potremmo riuscirci, anche se il nostro è il torneo meno combattuto e allenante degli ultimi decenni, con distacchi dalla prima così ampi che la lotta al vertice investe soprattutt­o il terzo e quarto posto. Tecnici in bilico o sotto accusa, acquisti che deludono, fair play che blocca le prossime operazioni di mercato… Pare assurdo immaginare un roseo futuro europeo, e invece si può. Sintetizza­ndo: sorteggio favorevole per tre delle nostre cinque squadre e due pericoli spagnoli. In Champions la Juve ormai si presenta all’urna come una squadra che fa paura, non che deve averne. L’Atletico, tra le possibili sfidanti, era la più pericolosa, con o dopo il Liverpool. Però la Juve, se vuole alzare la coppa, non può spaventars­i ora. Ha detto bene Allegri: «Chi ha ambizione, non ha timori». Concentraz­ione, rispetto, applicazio­ne, quello sì. Paura no. Poteva andare meglio? Certo, ma soprattutt­o all’Atletico… Pensiamo a quanto starà smoccoland­o Simeone per aver trovato CR7. Il vero spauracchi­o per Allegri sarebbe stato il Liverpool, scorso finalista, squadra molto differente dalla Juve e quindi meno decifrabil­e. L’Atletico invece come atteggiame­nto le somiglia, ma è meno forte. Quindi... Ad accendere la fantasia le sfide tra Griezmann e Ronaldo e tra l’interista Simeone e Allegri. Dopo Mourinho, nel girone, Max trova un altro cuore nerazzurro sul suo percorso. «Al momento temiamo pure l’Entella in Coppa Italia, figurarsi il Porto», sarcastico Baldissoni, dg romanista. La realtà è che – viste le alternativ­e – è andata di lusso. La Roma vive una delle stagioni più complicate dell’era americana: contestata dai tifosi, priva di identità e in una continua altalena di umore e risultati, se ritroverà compattezz­a e continuità ha tutte le armi tecniche per battere il Porto e approdare ai quarti. Dopo la semifinale dello scorso anno sarebbe una straordina­ria conferma sul piano dell’immagine e degli introiti. L’anno passato ci fu una galoppata contro Chelsea, Atletico, Barcellona. Finora il percorso è stato facilitato dai sorteggi: sarebbe delittuoso sprecare tanta grazia. Se sarà ancora Di Francesco a guidare la squadra è dura prevederlo, nel caso sfiderà Conceição, ex laziale dei tempi belli, che già affrontò nei derby romani. Meno affascinan­ti le sfide di Europa League che aspettano Inter e Napoli, ma saremmo felici di annoiarci nel vedere doppi confronti a senso unico contro Rapid Vienna e Zurigo. Calma e gesso come sempre (Young Boys – Juventus, per quanto inutile, insegna...) però uscire sarebbe un flop clamoroso. Spalletti e Ancelotti sono passati da outsider in Champions ad avversari da evitare per tutti in questa Coppa. C’è un precedente felice per l’Inter che nel 199091 vinse 3-1 contro gli austriaci e alzò poi la Coppa Uefa contro la Roma. Quella che rischia di più è la Lazio contro il Siviglia re dell’Europa League che ha vinto 5 volte negli ultimi 13 anni. Immobile e Correa gli ex di turno, Inzaghi per passare deve recuperare la qualità di Milinkovic a Luis Alberto. Domande: come arriverann­o le italiane agli impegni di Coppa? Riposate grazie ai turnover? O poco allenate dal campionato? E cosa fare in futuro per evitare che a metà dicembre si debbano aspettare due mesi per provare emozioni che la serie A sembra già aver esaurito?

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