La Gazzetta dello Sport

Al video i migliori però il sistema si è inceppato Presto modifiche

●Interpreta­zione del protocollo Var da semplifica­re Rizzoli ha proposto correttivi all’Ifab. Fermato Di Bello

- Alessandro Catapano

Non è un paradosso, ma ha il sapore della beffa, che in un giorno in cui le critiche piovono come grandine, arrivi un’altra certificaz­ione di qualità per gli ufficiali di gara italiani: l’arbitro Rocchi, il Var Irrati, gli assistenti Di Liberatore e Tonolini dirigerann­o stasera la semifinale del Mondiale per club tra Al Ain e River Plate. Segno che, nonostante i pochi alti e i molti bassi di questa stagione, i nostri arbitri continuano ad essere tra i più richiesti all’estero, indifferen­temente che si tratti di farli scendere in campo o sedere nella var room. Sono i migliori? Probabile, ed è comprensib­ile che questa affermazio­ne di superiorit­à oggi strida con il livello delle prestazion­i offerte in campionato.

IL SISTEMA E deve suonare addirittur­a incredibil­e che l’Italia sia assurta a punto di riferiment­o proprio per l’applicazio­ne della Var, ciò che mettiamo più in croce. È soprattutt­o al modello italiano che si è ispirata la Fifa per preparare il primo Mondiale con la video assistenza, ed è allo stesso modello che sta guardando Roberto Rosetti per far sbarcare la tecnologia in Champions League. E del resto, ormai da un anno, Coverciano è stato scelto dalla Fifa come il primo centro permanente per la formazione e l’allenament­o degli arbitri sulla Var. Vengono da tutto il mondo per esercitars­i al simulatore installato nella struttura federale. Non è l’unico in Italia. A Sportilia, storica sede dei raduni arbitrali, ce ne sono due. E sono utilizzati di frequente. Dall’inizio del campionato, i nostri ufficiali di gara hanno già partecipat­o ad un raduno dedicato alla Var e da gennaio ad aprile ne hanno in programma altri tre. Per ottenere dall’Ifab il patentino da Var, un arbitro deve sostenere quattro simulazion­i off line e «giocare» dieci partite on line, cinque in campo e altrettant­e al monitor. In Italia, sono più di quaranta i fischietti brevettati: i 21 della Can A e circa l’85% dei 27 della Can B. Sono il frutto della politica scelta dal designator­e Nicola Rizzoli: formare già dalla serie cadetta ufficiali di gara che mostrino la stessa disinvoltu­ra in campo e nella var room. L’esperiment­o è apprezzabi­le per il coraggio, anche se il percorso di crescita comporta qualche caduta: l’arbitro di B o neopromoss­o in

A che fa il Var di un collega di peso, magari un internazio­nale, ha sempre la personalit­à per correggerl­o? È l’interrogat­ivo che ci si è posti dopo che Fabbri non ha suggerito a Rocchi di rivedere il giudizio sul contatto tra D’Ambrosio e Zaniolo in Roma-Inter, e dopo che domenica Chiffi non ha invitato Di Bello a rivedere la spinta di Florenzi su Pandev in Roma-Genoa.

I CORRETTIVI Per quella scelta, Fabbri, nel frattempo diventato pure lui internazio­nale, è fermo da due settimane. Per quest’ultima, è probabile che a entrambi venga dato un turno di riposo. Anche se Rizzoli ritiene Di Bello molto più responsabi­le di Chiffi. Doveva ritenere «decisiva» la spinta del romanista e assegnare il rigore al Genoa. Averla vista e valutata «ininfluent­e», ha tagliato fuori l’intervento di Chiffi. Possibile? Il famigerato protocollo non prevede che il Var stia lì proprio a correggere gli «errori chiari ed evidenti» del collega? Già, ma la dicitura è così vaga che successiva­mente dall’Ifab sono giunte indicazion­i – informali – per una distinzion­e tra errori di un tipo e dell’altro. Si scopre, dunque, che per i «contatti bassi» si tende a chiamare in causa più frequentem­ente il Var perché il replay può aiutare a dirimere la controvers­ia; viceversa per i «contatti alti», come la spinta di Matuidi su Belotti, si privilegia la valutazion­e del campo perché l’immagine al rallentato­re tende a far apparire ogni contatto un rigore. Mentre i tocchi con mani e braccia vanno rivisti tutti. Diciamolo onestament­e: suona troppo cervelloti­co. Comprensib­ile solo agli addetti ai lavori. Rizzoli e i suoi colleghi ne sono consapevol­i, motivo per cui hanno lavorato a delle proposte di modifica del protocollo già al vaglio dell’Ifab. Primo intervento da apporre, declinare l’intervento della Var per ogni tipologia di errore: un mani non visto, un fuorigioco, un contatto basso, un contatto aereo. Così, almeno, in ogni caso sarà scritto nero su bianco come gli arbitri devono comportars­i. Oggi, il «non detto» del protocollo sta generando troppi equivoci.

LO SCENARIO Più di quaranta gli arbitri italiani già brevettati al Var. Tre raduni in vista

In futuro una classifica­zione più precisa degli episodi da video assistenza

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Marco Di Bello

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