NEDVED-MAROTTA PACE FATTA, MA...
La stilettata del vicepresidente juventino
Ieri sera a Torino, alla cerimonia di premiazione del «Golden Boy», Pavel Nedved e Beppe Marotta si sono abbracciati e salutati con calore, in favore di fotografi. Sul piano dei rapporti personali il caso è chiuso. Un conto sono le relazioni tra ex colleghi, che hanno condiviso tante avventure e partite, e un altro i significati «politici» di certe scelte societarie, nel ramo della comunicazione, motivo per cui la questione NedvedMarotta merita lo stesso un approfondimento. Non si può far finta che nulla sia successo.
Riassunto delle puntate precedenti. Sabato, prima del derby contro il Torino, Pavel Nedved, vicepresidente della Juventus, ha così risposto a una domanda su Beppe Marotta, fino a settembre dirigente della Juve e oggi amministratore delegato dell’Inter: «È un professionista, ma forse non è mai stato juventino». Ieri in tarda mattinata, a margine del sorteggio Champions in Svizzera, Nedved si è ripetuto con altre parole: «La Juventus c’è stata prima di Marotta e ci sarà dopo di lui, come prima e dopo di me. Io credo che ci siano due tipi di dirigenti: quelli che possono andare a lavorare in tutte le squadre e quelli che non andrebbero mai in altre società». Sia sabato a Torino sia ieri a Nyon, Nedved ha usato un tono serio, non c’era traccia di ironia nelle sue parole. Per sua stessa ammissione, la dichiarazione pre-derby su Marotta non è stata una battuta.
Diciamo che l’Avvocato Agnelli, interpellato sull’argomento, se la sarebbe cavata in modo diverso, con superiore disinvoltura, ma il punto è un altro: perché la Juve ha sentito la necessità di punzecchiare Marotta nei giorni del suo insediamento all’Inter? Forse perché ha accusato il colpo, perché aveva (ha) l’esigenza di prendere le distanze da un dirigente che è passato alla massima società concorrente, la «nemica odiatissima». Le spiegazioni fornite da Nedved non convincono. È ovvio che Paolo Maldini, giusto per fare un paragone, non lavorerà mai all’Inter: è stato ed è una bandiera del Milan, come potrebbe spendersi altrove ad alti livelli? Ed è lapalissiano che Marotta ricopra un ruolo differente: non ha un passato da calciatore, ha sempre ricoperto incarichi dirigenziali. È un manager che ha lavorato per diverse società, non è stato e non sarà il vessillo di nessuno. I club che lo «arruolano» lo pagano bene per beneficiare delle sue competenze, accumulate in una vita di calcio. Quando Marotta era amministratore delegato della Juve, si comportava da juventino, rivendicava gli scudetti che la Signora non ha più in bacheca per via di Calciopoli. Risolto il contratto a Torino, per lui un altro giorno è cominciato a Milano. Marotta è un manager, appartiene al mondo dei professionisti, “tifa “per chi lo stipendia, e fa specie che la Juve abbia incaricato Nedved di criticarlo. Ma forse noi siamo ingenui: bisognava dipingere Marotta a posteriori per quello che non è mai stato né sarà mai, un infiltrato, e di riflesso sminuire un po’ il suo operato in bianconero, otto anni di successi.