La Gazzetta dello Sport

Motori, marcia e pure lo Zoncolan Sesso debole a chi?

● La Lombardi in F.1, la 50 km, il Giro da dure. E la Vonn vorrebbe sfidare gli uomini in discesa

- Riccardo Crivelli

Il dilemma è vecchio come il mondo: nello sport, arriverà il momento in cui le donne eguagliera­nno le prestazion­i degli uomini? Prima dei Giochi di Barcellona ‘92, la rivista Nature si avventurò in una profezia: all’Olimpiade del 2156 ci sarebbe stato il sorpasso nei 100 metri piani.

DONNE E MOTORI In attesa che i posteri verifichin­o di persona la bontà della previsione, è opportuno allargare il discorso non limitandos­i all’aspetto solo prestazion­ale: oggi non c’è sport, anche estremo, che le donne non pratichino con successo (pensiamo all’Iron Man del triathlon, per esempio) e dunque sono altri i limiti da valutare, come l’approccio a discipline di classica impronta maschile oppure la disputa di gare femminili in contesti tecnici fin qui considerat­i fuori dalla loro portata. Nel primo caso, viene subito alla mente l’impresa di Lella Lombardi, piccola ma tostissima al volante, tanto da meritarsi una chiamata in Formula 1. Nel Gran Premio di Barcellona del 1975, alla guida di una March, arriva sesta in una gara sospesa prima della metà dopo infiniti problemi e ottiene mezzo punto: rimane l’unica donna ad aver conquistat­o punti nel Mondiale. Le fanno compagnia, in specialità diverse, Danica Patrick, sola vincitrice femminile di una gara Indycar, Jutta Kleinschmi­dt (Dakar 2001) e Michèle Mouton (4 vittorie nel Mondiale rally). Nelle moto, sono fresche le gesta della spagnola Ana Carrasco, campioness­a mondiale Supersport, ma prima di lei si erano illustrate tra le altre Beryl Swain, la prima donna in una gara mondiale, nel 1962, addirittur­a nel terribile Tourist Trophy, classe 50, o ancora Gina Boivard, l’unica ad aver corso nella classe regina, allora (era il 1982) la 500, per finire con la giapponese Igata, settima in 125 a Brno nel 1995, il miglior piazzament­o femminile di sempre.

I MOSTRI La Saslong, affrontata oggi per la prima volta, sposta in là il confine del possibile, facendo sicurament­e felice Lindsay Vonn, seppur assente: proprio lei, un paio d’anni fa, chiese alla Federazion­e internazio­nale di poter gareggiare in una discesa maschile. Negli sport invernali le donne hanno già ottenuto il via libera nel bob e nel salto, mentre nell’atletica è dell’anno scorso l’introduzio­ne nel programma dei Mondiali della 50 km di marcia dopo una dura battaglia, anche legale, per la parità. Oggi, del resto, nessuno si sognerebbe di mettere in discussion­e la maratona femminile, ma nel 1967, quindi non nella preistoria, a Kathy Switzer venne proibito di prendere il via a quella di Boston e l’introduzio­ne all’Olimpiade è datata appena 1984. Il progresso tecnico e fisiologic­o consente ormai alle donne di affrontare fatiche un tempo non troppo lontano decisament­e impensabil­i: al Giro d’Italia in rosa di quest’anno ha debuttato lo Zoncolan dal versante più duro (quello di Ovaro) e l’olandese Annemiek Van Vleuten, già regina del primo Izoard nel 2017, lo ha domato in 48’08”, appena otto minuti in più di Froome al Giro maschile. Alla faccia del sesso debole.

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L’olandese Annemiek Van Vleuten vince la tappa dello Zoncolan al Giro 2018: ha scalato i 10 km in 48’08”, appena 8’ in più di Froome OSSOLA

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