Meraviglioso Dominik Si prende l’oro della consacrazione BOLZANINO
●L’altoatesino rischia, ma è bravo a gestire gli errori e alla fine vince il titolo per 9/100 su Clarey e Kriechmayr. Innerhofer 4°
Il pastore è diventato re. Aveva 18 anni, Dominik Paris, quando decise di isolarsi dal mondo, di andare a spalare letame per tre mesi in una malga al Passo Spluga. Aveva bisogno di mordere la parte dura della vita, voleva capire quale posto avrebbe avuto la passione per lo sci che papà Albert gli aveva instillato quando era piccolo. Nei mesi precedenti aveva perso un po’ la voglia, aveva frequentato compagnie sbagliate. Forse, nel febbraio di quel 2007, non si era nemmeno accorto che un suo conterraneo, Patrick Staudacher da Colle Isarco, aveva vinto l’oro mondiale in superG in una località sperduta nel gelo svedese, Are. Aveva la testa altrove, Domme. Ma il silenzio, le mucche e la fatica lo fecero ragionare. Alla fine dell’estate di 12 anni fa quel giovane irrequieto scese dalla malga dello Spluga con le idee più chiare. E ieri, esattamente 12 anni dopo il trionfo di Staudacher, si è laureato campione del mondo in superG.
COMPLETO Era la corona che gli mancava. Il Domme padrone di Kitzbuehel, il ragazzone dai piedi d’oro che va forte soprattutto in discesa, soprattutto sulle piste che gli piacciono, soprattutto su un certo tipo di neve, ieri ha mostrato di saper vincere anche nelle gare secche, quelle più difficili perché piene di imprevisti e di pressione. È venuto a prendersi lo scettro di re del superG in Scandinavia, prendendolo idealmente dalle mani di Aksel Lund Svindal, che cercava la nona medaglia iridata di una carriera clamorosa e che invece se ne è rimasto a un secondo dall’oro, scombussolato come tanti da una luce piatta, traditrice. L’hanno patita anche Christof Innerhofer, alla fine quarto per 35/100, poco sereno per la disavventura dei bagagli («Ho fatto il meglio, qui ho sciato la prima volta 20 ore fa senza il mio materiale», dirà) e Mattia Casse, comunque ottimo ottavo («Non ho ancora la consapevolezza di chi ha vinto, ma ci sto arrivando»), in una giornata piena di promesse in vista della discesa di sabato. Anche Domme ha rischiato di deragliare: nella parte finale ha preso troppo stretta una porta che portava al salto e si è trovato largo in quella successiva, infilata con una correzione di traiettoria che gli è costata qualche decimo. Ma come aveva fatto la Sofia Goggia d’argento di martedì, è stato bravissimo a gestire gli inevitabili errori, ad andare forte dove poteva e a limitare i danni dove non si poteva fare a meno. Anche lui, come Sofia, al traguardo ha scosso la testa, come a dire «non basta, non può bastare». Invece è
bastato, eccome. Si sarebbero avvicinati a lui solo Vincent Kriechmayr e Johan Clarey, l’austriaco che l’anno scorso sulla stessa pista vinse superG e discesa e il francese che a 38 anni diventa il più anziano medagliato ai Mondiali, l’uomo che più di tutti, la scorsa stagione, patì la tragica scomparsa di David Poisson: entrambi d’argento a 9/100 dall’azzurro.
EMOZIONI E AGONISMO «Io non sono un uomo di emozioni» dirà a fine gara Paris, mentendo. Il fatto è che di emozioni ne ha vissute tante nella sua giovane vita, e non sempre positive, dalle turbolenze adolescenziali fino alla scomparsa del fratello René in un incidente in moto nel 2013. E così Domme ha dovuto imparare a pesarle, a trattenerle, a separare il contesto pubblico dal privato. Ha costruito la sua casa, ha trovato delle passioni fuori dalla pista (i suoi «Rise OF Voltage», gruppo metal in cui canta), ha messo su famiglia con Kristina diventando papà di un bambino, Niko, del quale in pubblico non parla. La nascita del piccolo ha coinciso con la definitiva esplosione agonistica: quest’anno sono arrivate le due vittorie a Bormio, quella in discesa sulla Streif – curiosamente, proprio come era successo nel 2012-13, quando fu argento in discesa ai Mondiali di Schladming –, i terzi posti di Beaver Creek e Ki tzbuehel in una specialità che in passato gli SANTA VALBURGA aveva dato poche soddisfazioni, e che ora lo vede in piena corsa per la sua prima coppa di specialità. «Sta andando bene – spiega –. Abbiamo lavorato molto per avere più continuità anche su nevi diverse. In più c’è stato lo sviluppo sul materiale che mi ha dato fiducia e mi permette di sciare a modo mio su ogni tipo di neve. Alla fine, però, bisogna arrivare giù con pochi o nessun errore». Che significa «sciare a modo mio»? «Veloce» taglia corto Paris, perché «se inizio a spiegare davvero come scio, non finiamo più». E allora ci prova Jansrud, il campione uscente. «È il migliore al mondo a bilanciare tattica, velocità e rischio». «Dominik è in un buon momento – riassume il tecnico Alberto Ghidoni –. È stato molto bravo, con la visibilità che aveva. Quando uno è così convinto non ci sono consigli da dare. Magari si parla delle linee da seguire, ma in pista sceglie lui». Perché Domme ha imparato a decidere tanti anni fa. A sinistra, Dominik Paris in azione nel vittorioso superG mondiale di Are, su un tracciato difficile e insidioso. Qui sotto l’esultanza dell’azzurro che adesso aspetta la discesa in programma sabato