Febbraio è il suo mese L’Inter aspetta le mosse
●Dirigenti presenti ad Appiano per rafforzarne la posizione Ecco come il tecnico prova a riprendersi squadra e spogliatoio
È
la settimana delle attenzioni, delle prove, delle analisi, dell’appello. È la settimana dei dirigenti che vedono (tutto) e si fanno vedere (tanto): basta la presenza, in certi casi. E non oltre, perché al resto – leggi colloqui con la squadra – deve pensare Luciano Spalletti. E ci pensa, solitamente, a giudicare dai risultati. I numeri non sono casuali, se le panchine in Serie A sono la metà di mille (e non è un modo di dire, siamo a 467). Febbraio è il secondo mese più prolifico della storia dell’allenatore nel campionato italiano: 1,88 punti di media a partita. Meglio Spalletti ha fatto solamente a maggio, ma il dato in quel caso è decisamente meno significativo, considerando l’avvicinarsi del finale di campionato con i risultati che spesso vengono influenzati dalla classifica.
SEGNALI Febbraio per decollare, anche perché spazio e tempo per atterraggi morbidi ormai non c’è più. Il momento è decisivo, la radiografia ha portato i dirigenti a una lettura condivisa della situazione: l’Inter difetta di personalità. E allora, non sia mai venir risucchiati definitivamente in classifica da chi insegue. Per farlo, l’Inter ha deciso di rassicurare il suo allenatore, un modo chiaro per togliere alibi ai calciatori e metterli davanti alle loro responsabilità. Prima con parole decise all’indomani della sconfitta con il Bologna. E poi, ecco il secondo step, con la presenza assidua di almeno due dirigenti alla volta ad Appiano durante gli allenamenti: ieri è stato il turno dell’a.d. Beppe Marotta e del d.s. Piero Ausilio. La terza mossa è stata quella di evitare contatti diretti con i calciatori, dunque i famosi colloqui individuali: in fondo, da qualche giocatore meno coinvolto sarebbe stata letta come un’invasione di campo nei territori del tecnico, dunque come una delegittimazione dell’allenatore. E invece i confini vanno tenuti separati con convinzione, anche per respingere le voci di uno spogliatoio – o meglio, di parte di esso – dentro il quale Spalletti avrebbe perso l’autorevolezza di inizio stagione.
LE MOSSE Lo Spalletti a cui la società ha deciso di dare piena forza, è però anche lo Spalletti che è chiamato a svoltare. A febbraio, in due delle ultime tre stagioni, è riuscito addirittura a fare punteggio pieno. Qui basterebbe anche meno, a partire da sabato. E per riuscirci, il tecnico ha tre strade praticabili, nessuna alternativa, ma tutte che vanno nella stessa direzione. La prima: stop alla confusione tattica delle ultime partite, all’alternanza di moduli dalla gara di Torino in poi, a mosse filosoficamente e simbolicamente disperate come quella di Ranocchia nel finale con il Bologna. Seconda via: l’azzeramento di qualche gerarchia un po’ troppo scolpita nella roccia, leggi quella di Perisic, messo in campo nella prima parte di stagione a volte oltre ragionevole considerazione di turnover. E la terza via è la lettura delle situazioni d’alta classifica, che Spalletti ha dimostrato di saper riuscire a gestire. Se si resta nell’ambito delle volate Champions, dal 2004-05 in poi il tecnico solo in un’occasione ha fallito il piazzamento nell’Europa top. È quello, in fondo, che gli chiede ora l’Inter. La società ha via abbassato l’asticella, per provare a deresponsabilizzare il gruppo. L’input di Zhang – «è ora di vincere titoli» – è via via diventato prima fare bella figura nelle coppe e ora semplicemente centrare il quarto posto Champions. Che vorrebbe dire non aver migliorato la classifica della scorsa stagione. Ma a questa Inter, al momento, andrebbe bene anche così. Poi ci sarà tempo e modo di scrivere il futuro.
I PRECEDENTI Solo a maggio l’allenatore fa storicamente più punti. E in due delle ultime tre stagioni è stato bottino pieno