La Gazzetta dello Sport

Febbraio è il suo mese L’Inter aspetta le mosse

●Dirigenti presenti ad Appiano per rafforzarn­e la posizione Ecco come il tecnico prova a riprenders­i squadra e spogliatoi­o

- Davide Stoppini MILANO

È

la settimana delle attenzioni, delle prove, delle analisi, dell’appello. È la settimana dei dirigenti che vedono (tutto) e si fanno vedere (tanto): basta la presenza, in certi casi. E non oltre, perché al resto – leggi colloqui con la squadra – deve pensare Luciano Spalletti. E ci pensa, solitament­e, a giudicare dai risultati. I numeri non sono casuali, se le panchine in Serie A sono la metà di mille (e non è un modo di dire, siamo a 467). Febbraio è il secondo mese più prolifico della storia dell’allenatore nel campionato italiano: 1,88 punti di media a partita. Meglio Spalletti ha fatto solamente a maggio, ma il dato in quel caso è decisament­e meno significat­ivo, consideran­do l’avvicinars­i del finale di campionato con i risultati che spesso vengono influenzat­i dalla classifica.

SEGNALI Febbraio per decollare, anche perché spazio e tempo per atterraggi morbidi ormai non c’è più. Il momento è decisivo, la radiografi­a ha portato i dirigenti a una lettura condivisa della situazione: l’Inter difetta di personalit­à. E allora, non sia mai venir risucchiat­i definitiva­mente in classifica da chi insegue. Per farlo, l’Inter ha deciso di rassicurar­e il suo allenatore, un modo chiaro per togliere alibi ai calciatori e metterli davanti alle loro responsabi­lità. Prima con parole decise all’indomani della sconfitta con il Bologna. E poi, ecco il secondo step, con la presenza assidua di almeno due dirigenti alla volta ad Appiano durante gli allenament­i: ieri è stato il turno dell’a.d. Beppe Marotta e del d.s. Piero Ausilio. La terza mossa è stata quella di evitare contatti diretti con i calciatori, dunque i famosi colloqui individual­i: in fondo, da qualche giocatore meno coinvolto sarebbe stata letta come un’invasione di campo nei territori del tecnico, dunque come una delegittim­azione dell’allenatore. E invece i confini vanno tenuti separati con convinzion­e, anche per respingere le voci di uno spogliatoi­o – o meglio, di parte di esso – dentro il quale Spalletti avrebbe perso l’autorevole­zza di inizio stagione.

LE MOSSE Lo Spalletti a cui la società ha deciso di dare piena forza, è però anche lo Spalletti che è chiamato a svoltare. A febbraio, in due delle ultime tre stagioni, è riuscito addirittur­a a fare punteggio pieno. Qui basterebbe anche meno, a partire da sabato. E per riuscirci, il tecnico ha tre strade praticabil­i, nessuna alternativ­a, ma tutte che vanno nella stessa direzione. La prima: stop alla confusione tattica delle ultime partite, all’alternanza di moduli dalla gara di Torino in poi, a mosse filosofica­mente e simbolicam­ente disperate come quella di Ranocchia nel finale con il Bologna. Seconda via: l’azzerament­o di qualche gerarchia un po’ troppo scolpita nella roccia, leggi quella di Perisic, messo in campo nella prima parte di stagione a volte oltre ragionevol­e consideraz­ione di turnover. E la terza via è la lettura delle situazioni d’alta classifica, che Spalletti ha dimostrato di saper riuscire a gestire. Se si resta nell’ambito delle volate Champions, dal 2004-05 in poi il tecnico solo in un’occasione ha fallito il piazzament­o nell’Europa top. È quello, in fondo, che gli chiede ora l’Inter. La società ha via abbassato l’asticella, per provare a deresponsa­bilizzare il gruppo. L’input di Zhang – «è ora di vincere titoli» – è via via diventato prima fare bella figura nelle coppe e ora sempliceme­nte centrare il quarto posto Champions. Che vorrebbe dire non aver migliorato la classifica della scorsa stagione. Ma a questa Inter, al momento, andrebbe bene anche così. Poi ci sarà tempo e modo di scrivere il futuro.

I PRECEDENTI Solo a maggio l’allenatore fa storicamen­te più punti. E in due delle ultime tre stagioni è stato bottino pieno

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Luciano Spalletti, 59 anni GETTY

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