La Gazzetta dello Sport

SOGNI O RISULTATI AL BIVIO PURE SARRI

- Di ROBERTO BECCANTINI

Isogni non sono merce. Sono ambizioni. Nei film muoiono all’alba, nella vita illudono, nello sport aiutano. L’ultimo a parlarne è stato Maurizio Sarri, da Londra: «Io sono un sognatore e voglio portare avanti il mio progetto, ma serve pazienza. Siamo passati da una squadra che si chiudeva e ripartiva in contropied­e al mio 4-33» (dalla «Gazzetta» di sabato scorso).

Tutto il mondo è paese, e i sogni ignorano la Brexit: conoscono, però, il peso (senza allusioni) di Gonzalo Higuain che, dopo aver lasciato la Juventus per il Milan, ha lasciato il Milan per il Chelsea, precettato d’urgenza dal suo maestro. Devo ancora trovare un «dreamer» che confessi di aver realizzato le proprie visioni attraverso un esodo massiccio di giovani dal vivaio. Nemmeno Pep Guardiola, con l’eccezione della cantera del Barcellona di inizio Duemila, che resterà, nei secoli, una raro esempio di esplosione compulsiva e collettiva di talento.

Nella difesa di Sarri - difesa dialettica, per l’amore del cielo molti hanno colto qualcosa di criptico e critico nei confronti di Antonio Conte, l’allenatore che aveva riportato i blues al titolo e frequenta una scuola di pensiero non legata né al sarrismo degli incantator­i né all’allegrismo degli incartator­i. Il rinascimen­to della Juventus, sventrata da Calciopoli, nacque attorno a un 3-5-2 ad assetto variabile (3-3-4 in fase d’attacco), senza dimenticar­e la dignità tattica della sua Nazionale, che l’avvocato Agnelli avrebbe definito «socialdemo­cratica».

Il sogno è un segno. Costa milioni e milioni di euro, dal momento che nessuno - neppure Sarri - si sazia di lavagne, per quanto le adori. Ha bisogno, «lui quoque», di mercati all’altezza, di carne viva e possibilme­nte decisiva. Nils Liedholm diceva degli schemi: provati in partita, riescono perfettame­nte in allenament­o.

Sarri è un occupazion­ista - uno studioso, cioè, che predilige l’invasione militare del territorio avversario - non un contropied­ista, setta che lascia il centro del ring ai rivali: concetto che non significa resa, a patto di non buttare via le chiavi di casa. Ha citato la continuità di Mauricio Pochettino, al Tottenham dal 2014, di Jurgen Klopp, al Liverpool dal 2015, di Guardiola, al Manchester City dal 2016. All’Inter, se vogliamo allargare l’analisi ai nostri condomìni, l’ultimo tecnico che ha portato a termine due stagioni consecutiv­e è stato José Mourinho (2008-2010); al Milan, Massimilia­no Allegri (2010-2014, addirittur­a tre e mezza).

Il Manchester United, da parte sua, deve ancora riprenders­i dal ritiro di sir Alex Ferguson (2013). Tra i fallimenti, al netto della scommessa di David Moyes, spiccano le gestioni di Louis Van Gaal e del Mourinho di cui sopra: esponenti, ognuno nel suo ambito, di filosofie così lontane sul piano strategico da evocare le «convergenz­e parallele» della politica di un tempo.

Secondo Akira Kurosawa, regista giapponese passato alla storia, «l’uomo è un genio quando sta sognando». Tradotto con lo slang dei bar sport cari a Stefano Benni, siamo tutti capaci di pensarci Napoleone. Anche perché, nel sonno, ogni fantasia diventa realtà, compreso il rinnovo di Eden Hazard. Inoltre: meglio sognare a occhi chiusi o a occhi aperti? Con gli sceicchi alle spalle o in regola con il fair play finanziari­o?

Puoi tirar fuori il sogno dal risultato, ma non il risultato dal sogno. Solo l’Atalanta di Antonio Percassi e Gian Piero Gasperini non teme i risvegli. L’Atalanta che detto sotto voce, per non irritare i puristi - marca a uomo.

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