La Gazzetta dello Sport

Le prime parole ai genitori «Non sento metà corpo, ma ce la faremo...»

● Bortuzzo ha poi scherzato con un sms a Detti: «Quando torno vi faccio un c... così»

- ROMA v.p.

La vita che si ribella. Che dice io ci sono, sono qui e sono ancora tante cose, tanto cuore, tanto amore. Ieri Manuel Bortuzzo si è definitiva­mente risvegliat­o e ha capito, spiegando di «non sentire niente dalla metà del corpo». Ma non ha versato una lacrima, non ha battuto ciglio, ha detto «coraggio, mamma», ha detto «ce la faremo, papà». Ha abbracciat­o Martina, la fidanzata, con cui ha spartito il momento del terrore. Poi ha mangiato, ha persino scherzato, ha preso il telefonino e ha mandato un messaggio vocale a Gabriele Detti, compagno di allenament­i a Ostia con Greg Paltrinier­i: «Aspettatem­i che quando torno vi faccio un culo così».

ROCCIA Il responso dei medici con quella sua traduzione spietata, «non potrà più camminare», è qualcosa con cui bisognerà fare i conti, ma il ragazzo esprime una forza incredibil­e. «Andremo in capo al mondo per aiutarlo perché è ora l’atleta più importante della nostra federazion­e», dice Paolo Barelli, il presidente Fin. Oggi dovrebbe essere sciolta la prognosi, forse domani sarà trasferito in un altro reparto, in una settimana potrebbe lasciare il San Camillo e cominciare la riabilitaz­ione. Ricorda tutto di quella notte, ricorda il pub, ricorda il distributo­re di sigarette, ricorda la pioggia, ricorda il momento assurdo in cui un ragazzo poco più grande di lui gli ha sparato. «Ma ora ve l’assicuro, ha tanti altri pensieri», dice papà Franco che ha ceduto al figlio un testimone. In questi giorni era stato lui a prendere in mano la situazione, a tenere duro nel momento in cui è sembrato cadere il mondo addosso alla sua famiglia. Ora è Manuel a rasserenar­e gli altri, a dire andiamo avanti, anche se ci sono cose che non potranno tornare come prima. «Gli abbiamo detto che non ha più possibilit­à motorie - racconta il papà - Ma è forte, ce la farà». «Una roccia», dice Barelli. «Certo, non si possono fare miracoli. Ma ci sono scienze – dice ancora il genitore – che studiano come venir fuori da queste situazioni. Non smettiamo di crederci. Ieri era intubato, non respirava da solo, non parlava. Ora l’abbiamo qua, l’importante è questo».

FIGLIO D’ITALIA Nel corridoio gli amici si sono moltiplica­ti. Sono tanti, prima di tutti Alessandro Bori, il velocista con cui ha legato moltissimo durante i mesi a Roma. Laura Delsette, la dirigente federale che ha accompagna­to i suoi familiari minuto per minuto in questi giorni tremendi, sorride commossa. Due volti in mezzo a una famiglia, dice ancora papà Franco, che «non è più soltanto la nostra famiglia, ma la famiglia della Fin, dei suoi atleti, di tutte le persone che pensano a Manuel. In questo momento, lui non è soltanto mio figlio, ma è figlio d’Italia, figlio di tutti».

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Manuel Bortuzzo, 19, trevigiano ma nato a Trieste, e papà Franco

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