Una Roma da tripletta C’è Fiorentina-Napoli
CECCHINI, FROSIO, MALFITANO, NICITA, SARDELLI
La Capitale ha parlato, Milano risponderà? Anche la Roma ha fatto quel che doveva: bracca la Lazio, si prende almeno un paio di notti al quarto posto mettendo altra pressione all’Inter e sperando in una frenata del Milan, lancia l’operazione Champions scaldando Dzeko, sempre più attaccante di squadra, totale: un gol (il 5° in campionato, tutti in trasferta), un assist, il 4-0 sfiorato due volte. Manifesta superiorità di qualità, per la Roma: altri impegni diranno se è stata vera gloria. Ma intanto: tre gol, due legni(il totale sale a 12), capacità nella sua imperfezione di leggere i momenti per colpire un Chievo che ha detto un altro importante addio ai suoi sogni. Benino a tratti, mai bene bene, quasi sempre male dietro con l’8° gol beccato nel primo quarto d’ora, in totale nove nelle ultime tre partite, e per la prima volta dopo cinque partite un digiuno in casa: così è dura salvarsi.
UNA VORAGINE Il primo gol della Roma è stato un torto dei suoi a Di Carlo, che li aveva scongiurati di non ricadere in certe distrazioni difensive: un colpo di testa centrale di Nzonzi è diventato assist per El Shaarawy (7° gol personale al Chievo), stavolta impietoso nel leggere un errore difensivo collettivo, riassunto dal ciapanò di Bani e Frey. Tutti messi, o usciti, male e in ritardo: più che un buco una voragine. Un regalo, più che altro. Invece il secondo gol, quello del 2-0 (23° nei primi tempi in campionato: record), se l’è fatto da solo Dzeko, con un gol capolavoro per lettura, costruzione (uno-due richiesto a Karsdorp) e soluzione finale: sterzata su Hetemaj che lo sta ancora cercando e traiettoria disegnata in spazi ristretti, sul palo lontano. STOP IMPROVVISO Festa già finita, si è pensato: se non fosse che tutti improvvisamente hanno deciso di rimettere vestiti già indossati. Il Chievo, cercando di rimandare a memoria la rimonta dell’andata, ha iniziato se non altro a mordere: ancora senza spinta sulle fasce, ma scomponendo i lati del suo triangolo offensivo in base alle accelerazioni di Giaccherini e agli incroci di Djordjevc e Stepinski. La Roma, decisa a governare il vantaggio, si è accorta di farlo più per inerzia che con la sicurezza che il suo 4-3-3, con Zaniolo e Cristante nei ruoli «naturali», poteva invece darle. In due parole, si è quasi fermata spalancando spazi al Chievo e costringendosi a chiedere ai suoi difensori recuperi che erano più che altro rimedi: un tiro deviato di Djordjevic, uno smorzato di Stepinski. In mezzo, la chance più nitida: Bani di testa ha attivato Djordjevic (in fuorigioco?), murato da Mirante con un mezzo miracolo.
DZEKO SHOW La vulnerabilità centrale della Roma si è propagata fino ad inizio ripresa ma stavolta, prima di rischiare un’altra salita improvvisa, è emersa anche una spietata tendenza al killeraggio. Sfogliando il manuale della ripartenza perfetta: strappo di El Shaarawy, sponda baciata di Dzeko, corridoio spalancato per fulmine Kolarov. A quel punto Di Carlo ha se non altro ha testato le sue forze nuove (da rivedere Piazon da trequartista, buono l’impatto di Schelotto), mentre la Roma ha potuto destinare testa e energie al Porto (ma Schick ha sentito un muscolo pizzicare) e consegnare il palcoscenico a Dzeko, che in un quarto d’ora ha impegnato Sorrentino dopo gioco di prestigio, fatto tremare la traversa e consegnato a El Shaarawy un invito che non è diventato assist solo per colpa del palo.