La Gazzetta dello Sport

Manuel cuore d’Italia «Il mio primo pensiero? La forza di Bebe Vio»

●Bortuzzo: «Quest’abbraccio della gente è una cosa bellissima Che cosa penso di chi mi ha sparato? Non me ne frega niente»

- Valerio Piccioni ROMA

C’è un attimo nel quale la voce di Manuel Bortuzzo finisce sotto assedio. È stata nelle prime risposte forte, bella, squillante. Ma quando il nuotatore – che come dice suo padre Franco «sta diventando il figlio d’Italia» – deve rispondere a una domanda, nella sua testa e nel suo cuore si muove qualcosa di troppo intenso per essere interioriz­zato, nascosto, tenuto a bada. C’è qualche personaggi­o dello sport o delle storie di vita a cui hai pensato in questi giorni? All’inizio, lui dice soltanto «sì». Poi, commosso, il ragazzo ferito gravemente da un colpo di pistola sparato «per errore» che l’ha paralizzat­o alle gambe, spezza il silenzio che è calato sulla conversazi­one via telefono: «Non so perché, ma la prima persona che mi è venuta in mente è stata Bebe Vio». Bebe, proprio lei, uno dei miti paralimpic­i, simbolo della voglia di vivere e di fare sport, non in piscina come Manuel, ma con un fioretto in mano.

Sono passati otto giorni da quel momento. Che cosa ti ricordi?

«Mi ricordo tutto: la notte, la piazza, il distributo­re. Mi ricordo tutto, naturalmen­te fino al colpo di pistola».

Avevi mai visto prima chi ti ha sparato?

«No, mai visti. Solo dopo, quando mi sono risvegliat­o, mi hanno raccontato di tutte le storie che avrebbero provocato la rissa del pub».

Le tue giornate sono piene di gente. Sono le sei del pomeriggio e c’è la fila per salutarti.Ma come riempi il tempo in cui devi stare da solo?

«Adesso? Pensando agli amici, pensando ad andare avanti, a migliorare giorno dopo giorno fisicament­e, pensando a tornare al più presto a casa».

Amici. Questa parola sembra veramente magica per te, la metti in testa al tuo vocabolari­o personale.

«Sono delle persone fantastich­e».

Ci hanno riferito che vorresti cominciare subito la riabilitaz­ione. Tuo padre ha raccontato di una signora che abita vicino al Santa Lucia di Roma e ha offerto tutta la sua casa per aiutarvi.

«Ho tanta voglia di andare avanti, è questa la cosa che riempie le mie giornate. E basta. Anzi no, penso anche ad aspettare tutti gli amici che devono ancora arrivare».

L’altra parola chiave della tua vita è ovviamente nuoto. Come hai cominciato?

«Semplice: mia sorella Michelle aveva cominciato in piscina e io l’ho seguita».

Hai mai pensato in questi giorni a quel qualcosa di speciale che deve unire voi uomini del nuoto, quella solitudine dentro l’acqua che diventa un grande legame che vi unisce fuori?

«Questa cosa non me la so spiegare. Fino a oggi non mi rendevo perfettame­nte conto di tutto quello che è successo, ora ho ripreso finalmente il telefono e sto vedendo che cosa si sta scatenando. Le ragazze che indossano le magliette con il mio volto, gli striscioni con il mio nome, la M sulle spalle di tanti...».

Abbiamo letto soprattutt­o tanti messaggi di madri di figli per i quali sei diventato un esempio. Il tuo modo di reagire a quello che ti è successo sta dando coraggio a tanti.

«Gente che non mi ha mai conosciuto personalme­nte ma che mi scrive “ti voglio bene” e mi dice che sono diventato un punto di riferiment­o. Mi sono chiesto come sia possibile che ci sia tutto questo, che sia nato questo spirito di… famiglia. So solo che è bello, davvero bello».

Vicino a lui si sente il presidente della Federnuoto che gli dice «sappi che hai una squadra incredibil­e di padri, madri e fratelli .... » Deve avvicinars­i papà Franco perché Barelli continua così: «Tu e la tua famiglia state reagendo in un modo eccezional­e. E avete pure un ragazzo che riesce anche a rincuorarv­i».

Manuel, un’ultima domanda: che cosa pensi di chi ti ha sparato, ti senti di dirgli qualcosa?

«Non me ne frega niente».

VOGLIO TORNARE A CASA AL PIÙ PRESTO E VOGLIO ANDARE AVANTI

MANUEL BORTUZZO

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3 ● 1 Aurelia in gara con la cuffia Bortuzzo ● 2 Le sincronett­e ai tricolori ● 3 Il Team Veneto, prima squadra di Manuel ● 4 Striscione all’Allianz Dome di Trieste (serie A basket) ● 5 Zoran Dragic, ala di Trieste, con la M
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La campioness­a paralimpic­a veneta Bebe Vio, 21, e Manuel Bortuzzo, 19, trasferito­si da Treviso a Ostia
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