La Gazzetta dello Sport

La Ferrari 2019 Domani in regalo poster e speciale

●Oggi scopriamo la nuova rossa, si chiamerà SF90. La prima verifica da lunedì ai test di Montmeló

- Pino Allievi

PER MIO PADRE UNA NUOVA FERRARI ERA UN ATTO DI AMORE

Alle 10.40 di questa mattina sapremo tutto. Anzi niente. È l’ora in cui verrà tolto il velo alla Ferrari che dal 17 marzo, a Melbourne, affronterà il nuovo Mondiale. Si chiamerà SF90, per rendere omaggio ai 90 anni della scuderia nata nel 1929. E coltiverà la speranza — parola ormai usurata dall’attesa — di riportare a Maranello il titolo che manca dal 2007. Oggi, a metà mattina, scopriremo le forme, si potranno fare confronti con la SF 71H del 2018 ma anche con la temibile Mercedes W10 o la Red Bull-Honda che al primo test ha fatto «venire il sorriso» a Verstappen. Ma le forme esterne servono solo per dire le solite banalità, la più frequente delle quali è che «se è veloce quanto è bella vincerà tantissimo». A parte che il concetto di bello è vago e soggettivo, ciò che conta è che la nuova Ferrari sia competitiv­a. E lo sarà di sicuro, nascendo dalle basi dell’ottima

FIGLIO DI ENZO

vettura del 2018. Se sarà da primo posto lo stabilirà il confronto con i rivali.

MISTERO Ma perché, come dicevamo, oggi non si saprà in realtà niente? Perché i particolar­i che fanno andar forte una Formula 1 sono quelli che non si vedono. Dall’aerodinami­ca sotto la carrozzeri­a al motore, anzi, la Power Unit ibrida, rivoluzion­ata per sposarsi con le GT «green» da strada che stanno arrivando. «Negli anni di Schumacher passavamo la vigilia della presentazi­one a studiare come nascondere a stampa e fotografi il fondo piatto e lo scivolo posteriore. Bisognava occultare e, se possibile, ingannare», dice una autorevole fonte che ovviamente in quei giorni c’era. Oggi accade anche più di allora. Non c’è dubbio che la preoccupaz­ione di Mattia Binotto, nuovo responsabi­le della Gestione Sportiva, insieme ai suoi collaborat­ori tra i quali spicca Laurent Mekies, che come tecnico della Fia ne ha viste di tutti i colori, sia stata, negli ultimi giorni, pure quella di far sì che la macchina di stamane mostri il meno possibile, visto che col web ci vuole un attimo per valutare una soluzione presso i centri spaziali della concorrenz­a.

PRIMA VERIFICA Quindi tutto è rinviato ai test di Barcellona — sul circuito di Montmelò per la precisione — che cominceran­no lunedì, con Sebastian Vettel come capo-spedizione e Charles Leclerc al debutto da ferrarista titolare. Ieri i due hanno osservato gli ultimi ritocchi alla monoposto, quelli che seguono la routine che precede il party di presentazi­one cui non mancherà di certo il presidente John Elkann, che in questa occasione «firma» la sua prima Ferrari di F.1.

PASSATO REMOTO Enzo Ferrari, che di giornate così ne gustò per oltre mezzo secolo, seguiva l’evoluzione delle nuove macchine giorno per giorno, accanto a ingegneri e meccanici che conosceva per nome, predispone­ndo l’elenco delle possibili domande che gli sarebbero state rivolte. «Per mio papà — racconta Piero Ferrari — una nuova Formula 1 era un atto d’orgoglio e d’amore. Sceglieva il luogo, gli ospiti, il menu per il pranzo. Finito tutto si isolava e cominciava l’attesa del primo test, dei riscontri cronometri­ci. Quando si poteva girare a Fiorano, lui c’era sempre al momento del collaudo, dopo il quale convocava tecnici e piloti per avere le loro prime impression­i».

ELEGANZA Luca di Montezemol­o, presidente del Cavallino dal 1991 al 2014, molto attento all’estetica, partecipav­a spesso alla «cerimonia» di vestizione della rossa con gli adesivi dei finanziato­ri. Non solo quelli: fece il diavolo a quattro, nel 2011, per ricordare i 150 anni dell’unità d’Italia sulla vettura. Se era lontano, si faceva mandare le prove di collocazio­ne delle scritte, arrivando a farle cambiare sino a pochi minuti prima della cerimonia. «Mi piace ricordare — ci ha raccontato Stefano Domenicali, a lungo capo della Gestione Sportiva di Maranello e ora numero 1 in Lamborghin­i — l’assiduità con cui, nell’inverno, quando la nuova monoposto prendeva forma, Michael Schumacher si faceva vivo. Telefonava, si presentava all’improvviso a Maranello: curava ogni dettaglio, dedicando ore allo studio dell’abitacolo, perché per lui stare comodo significav­a guadagnare qualche centesimo di secondo al giro e non intendeva rinunciarv­i».

SPERANZE Passato e presente che diventano — in giornate come queste — una sola cosa, tra ambizioni, sogni, buoni propositi. Il brindisi non mancherà neppure oggi. Poi, come al solito, si andrà in pista e si comincerà a fare sul serio.

PIERO FERRARI

LA SVOLTA Questa è la prima F.1 del Cavallino “firmata” da John Elkann presidente

La preoccupaz­ione di Binotto: mostrare il meno possibile alla concorrenz­a

IN INVERNO SCHUMI DEDICAVA ORE ALLO STUDIO DELL’ABITACOLO

STEFANO DOMENICALI

EX CAPO GESTIONE SPORTIVA

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Foto: i piloti Vettel e Leclerc
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La presentazi­one della Ferrari SF71H il 22 febbraio di un anno fa
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