La Gazzetta dello Sport

Bergomi e il valore della fascia «I capitani danno l’esempio»

●L’ex bandiera nerazzurra: «La società ha fatto un gesto forte che deve far riflettere Ma lo strappo si può ricucire: lui deve scusarsi e lo spogliatoi­o non portare rancore»

- Vincenzo D’Angelo MILANO

Il peso di una fascia può variare a seconda di chi la porta. Essere capitano significa innanzitut­to dare l’esempio, significa rappresent­are in Italia e nel mondo non solo il club, ma milioni di appassiona­ti. La storia dell’Inter è piena di capitani che hanno segnato generazion­i e portato con orgoglio i colori nerazzurri. Ed è anche grazie a loro che il popolo nerazzurro è diventato sempre più numeroso. Da Meazza a Picchi, da Mazzola a Facchetti, fino ad arrivare a Javier Zanetti, l’ultimo grande capitano riconosciu­to dai tifosi dell’Inter. Prima di lui, però, c’è stata un’altra bandiera come Beppe Bergomi: una carriera in nerazzurro - 756 presenze di cui 519 in Serie A – impreziosi­ta da uno scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana e tre Coppe Uefa. Pochi più dello «Zio» oggi possono spiegare cosa significa essere capitano dell’Inter e quanto sia stato forte il gesto della società di degradare Mauro Icardi.

Bergomi, come si interpreta il ruolo di capitano?

«Essere capitano non significa entrare in campo per primi e scambiarsi i gagliardet­ti. Ma è dare l’esempio, ogni giorno, dentro e fuori dal campo, stando attenti anche alle piccole cose che poi sono quelle che fanno la differenza. È metterci la faccia sempre, quando le cose vanno bene e nei momenti di difficoltà. È aiutare gli stranieri ad ambientars­i e a superare le difficoltà dell’impatto con una nuova cultura e una nuova lingua. È senso di appartenen­za da trasmetter­e e pretendere da tutta la squadra».

Quanto è difficile farlo all’Inter?

«Il pubblico interista è esigente ma anche molto rispettoso. Al di là dei trofei che un capitano può alzare, perché a tutti ovviamente piace vincere, per i tifosi conta vedere l’impegno, la volontà di andare sempre oltre il proprio limite. Il famoso “sudare la maglia”, ossia fare sempre uno scatto in più, un sacrificio per il compagno. Insomma, dimostrare che prima di tutto conta l’Inter. Il capitano deve essere un esempio positivo».

Lei che capitano era?

«Ero un leader silenzioso, parlavo molto poco perché ho sempre preferito i fatti alle parole. Cercavo di dare l’esempio, di essere un modello dentro lo spogliatoi­o soprattutt­o per i più giovani».

Ci racconti un aneddoto.

«Penso all’accoglienz­a verso i nuovi stranieri. Ho passato molto tempo insieme a Bergkamp e alla moglie, li portavo in giro, andavamo a cena. Cercavo di farli sentire come a casa loro, e lo stesso ho fatto anche con Sammer. Poi non tutti riescono a entrare in sintonia col nuovo ambiente».

Che idea si è fatto del nuovo caso Icardi?

«Togliergli la fascia è stato un gesto molto forte, ma mi ritrovo nelle parole di Spalletti. È difficile prendere certe decisioni ma bisognava dare un segnale e tutelare squadra e società. Insomma, è come un padre che deve punire un figlio, lo fa per il suo bene, per fargli capire che sta sbagliando e per aiutarlo a crescere. Ecco, Mauro secondo me dovrebbe capire questo».

Quindi sta dalla parte della società?

«L’Inter è stata spesso accusata di essere troppo “buonista”. Stavolta ha preso una scelta coraggiosa, facendo capire a tutti che il bene del club e della squadra viene prima di qualunque cosa. Ed è giusto così».

Come si ricuce lo strappo?

«Sbagliare è umano, ma bisogna essere bravi a metterci la faccia e a chiedere scusa. Non è facile affrontare uno spogliatoi­o ma Mauro dovrà farlo. E il gruppo una volta chiarita la cosa non dovrà più portare rancore. Solo così si riparte più uniti».

AI TIFOSI BISOGNA DIMOSTRARE SEMPRE SENSO DI APPARTENEN­ZA

BEPPE BERGOMI SULL’ESSERE LEADER

7 5 6

IN CARR IERA

Le partite disputate in nerazzurro da Bergomi in tutte le competizio­ni: 519 soltanto in Serie A

Perché la differenza la fa sempre il gruppo.

«Esatto. Ho avuto un maestro come Bearzot che mi ha insegnato il valore del gruppo: la squadra viene sempre prima del singolo. È il modo giusto per acquistare una mentalità vincente». Parola di zio.

COME UN PADRE CHE PUNISCE UN FIGLIO: SERVE A FARLO CRESCERE

BEPPE BERGOMI SULLO STRAPPO

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Beppe Bergomi, 55 anni, oggi opinionist­a tv. In carriera vanta anche la vittoria del Mondiale 1982 LAPRESSE-LIVERANI

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