LOTTA, TIRA, SEGNA: LAUTARO SIMBOLO DEL NUOVO CORSO INTER
La vittoria in Europa League
Il Toro si carica sulle spalle l’Inter e la trascina oltre il buio dell’ultimo periodo. Sabato scorso, al Tardini contro il Parma, con i nerazzurri nel bel mezzo di una lunghissima astinenza da gol, ha regalato una perla che è valsa una vittoria. E ieri, in una partita resa delicata da una vigilia tanto intensa quanto surreale, si è procurato un calcio di rigore, lo ha trasformato con sicurezza e ha traghettato la squadra al di là delle polemiche. I tifosi, indirizzando nel finale a Handanovic il coro «Un capitano, c’è solo un capitano», si schierano apertamente dalla parte della società e appoggiano il nuovo corso dell’Inter che, inevitabilmente, passa per i gol di Lautaro. Per un giorno, o forse soltanto per qualche ora, non si parlerà di Icardi, della fascia da capitano «revocata», del contratto da rinnovare (o non rinnovare), di Wanda Nara e dei post sui social network. Il palcoscenico, anche se per un breve arco di tempo, sarà tutto suo: di Lautaro Martinez detto il Toro, 21 anni, argentino, maglia numero 10 e un futuro da conquistare, se saprà evitare, con sapienti dribbling, le trappole che si frappongono tra l’essere un talento e il diventare un campione.
Battere il Rapid Vienna, anche se in trasferta, non può essere considerata un’impresa per l’Inter: semmai rientra nell’ordinaria amministrazione. Tuttavia, poiché nel calcio non c’è nulla di scontato, è giusto festeggiare il successo e sottolineare che, date le premesse, la squadra nerazzurra ha dimostrato di avere in sè le forze per reagire. Il passaggio del turno, dopo questa vittoria esterna, sembra in discesa: tra una settimana, a San Siro, l’esame di verifica. Al Toro che là davanti si sbatte, lotta, tira e segna è presto per affidare i sogni di un popolo intero, ma in mancanza di altro, e con un Icardi che s’«inventa» pure il certificato di malattia, non si vedono alternative.
Mentre la Lazio stecca all’Olimpico contro il Siviglia, e compromette la qualificazione (ora serve un’impresa per ribaltare il tavolo), il Napoli domina e si sbarazza facilmente della pratica Zurigo: Insigne, Callejon e Zielinski consegnano ad Ancelotti un successo dentro il quale si può leggere una raggiunta dimensione europea.