La Gazzetta dello Sport

Mancini ha l’età di Bearzot ‘82 e oggi può eguagliare Pozzo...

Luigi Garlando

- Di INVIATO A VADUZ (LIECHTENST­EIN)

Tutto cominciò a una settantina di km da qui, a San Gallo, Svizzera, fine maggio 2018, nella più triste amichevole della nostra storia: sparring partner dell’Arabia Saudita che si preparava al Mondiale russo. Noi, sVenturati e commissari­ati, a casa. Roberto Mancini debuttò da c.t. dicendo: «La cosa più importante è che i ragazzi giochino spensierat­i, osando anche a costo di sbagliare». Quello era il seme che ha fatto germogliar­e una Nazionale giovane, bella e coraggiosa. La Nazionale che ci ha qualificat­i all’Europeo 2020 prima degli altri. Un ciclo di 16 partite (10 vinte) per raddrizzar­e la baracca. Oggi abbiamo un c.t. che non parla di coccodrill­i e un presidente che non parla di banane. Abbiamo un allenatore che ha ridato all’Italia il piacere del gioco e alla gente l’orgoglio di seguirla. Abbiamo una Federcalci­o credibile, abile a sostenere la rinascita tecnica e capace di trasmetter­e buoni messaggi sociali. Non è poco. Nella prima conferenza di San Gallo chiesero a Mancini a quale c.t. avrebbe voluto assomiglia­re. Rispose: «A uno che ha vinto il Mondiale». La strada è lunga, ma intanto, dopo la striscia record di 7 vittorie su 7 nelle qualificaz­ioni, battendo oggi il Liechtenst­ein, può eguagliare i 9 successi consecutiv­i di Vittorio Pozzo, che due Mondiali li ha vinti. Precisando che il Mancio, per cura d’aspetto e di guardaoba, assomiglia più a Paul Newman Lippi che a un alpino salesiano, come Pozzo. Nelle prime 16 partite Mancini ha viaggiato a una media punti (2,12) superiore a quella tenuta dai tre «Mondiali» nello stesso tratto: Pozzo (1,81), Bearzot (1,68), Lippi(2). Ovviamente i tre hanno vinto quando più contava. Questo, Roberto, deve ancora dimostrare di saperlo fare. E infatti si libera del paragone con un colpo di tacco: «Una vittoria per raggiunger­e Pozzo? Sì, una vittoria più due Mondiali e un’Olimpiade». Lo abbiamo imparato in questi mesi. Mancini ha maturato una saggezza nuova, ha smussato il carattere. Ha sempre evitato le collisioni con i club. Anche ieri: «Uno stage in più cambia poco. Vorrei che il campionato finisse prima, ma non si può e non lo chiedo». Ha trovato l’empatia ideale con gruppo. Ieri è toccato a Bonucci celebrarlo: «Ci ha dato qualche ora di libertà in più. Abbiamo apprezzato». Tiene in equilibrio i centravant­i per non ferirne uno: «Belotti e Immobile sono alla pari. Non esiste gerarchia. Bravi entrambi». Quella prima volta a San Gallo segnò Balotelli. Sembrava nascesse l’Italia di Mario. È nata l’Italia del Mancio. Che a Vaduz studia le nuove proposte: subito Zaniolo in mediana e Bernardesc­hi alto, poi Tonali. Romagnoli si ricandida, Di Lorenzo si propone, ecco Grifo. Mancini semina ottimismo: «Non vedo squadre con un Messi che vince da solo. All’Europeo ce la giochiamo con tutti». Oggi il Mancio ha l’età di Bearzot nell’82, quando lo chiamavano Vecio. Reagisce: «Beh, anche mio padre mi sembrava vecchio a 40 anni...». Magari eguaglia Pozzo, ma non sarà mai un alpino salesiano.

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 ??  ?? C.t. Mondiali Vittorio Pozzo (1886-1968) ed Enzo Bearzot (1927-2010)
C.t. Mondiali Vittorio Pozzo (1886-1968) ed Enzo Bearzot (1927-2010)

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