Saluti pro-Erdogan Ed è bufera contro la finale a Istanbul
Corretti i 30.000 tifosi ospiti, la squadra ripete il gesto pro Erdogan e anti curdi
Si temevano fischi per la Marsigliese. O magari incidenti fuori e dentro lo stadio. Invece è andato tutto liscio. Almeno fino a quando è sceso il sipario sulla partita, quando i giocatori della Turchia hanno rovinato il clima di sportività che si era respirato fino a quel momento, ripetendo quel saluto militare esibito anche venerdì scorso, dopo il gol realizzato contro l’Albania. Il tutto sotto lo spicchio di curva dei loro tifosi. Un’immagine che ha ben poco da spartire con lo sport e che ha rovinato una sfida calcistica fino a quell’istante più o meno irreprensibile. Iniziata nel migliore dei modi sia sugli spalti, con la tifoseria turca rispettosa dell’inno francese, sia in campo, con le squadre mischiatesi in modo fraterno, per la foto ufficiale. Contribuendo così a disinnescare le tensioni della vigilia provocate da un contesto diplomatico difficile tra i due Paesi. Con Parigi che contesta ad Ankara l’attacco ai curdi in territorio siriano. Sembrava avesse prevalso il buon senso in occasione di una gara, conclusasi con un pareggio che rinvia per entrambe le squadre il discorso qualificazione all’Europeo 2020. A torto, perché alla fine ha avuto il sopravvento il riflesso nazionalista dei turchi: «Siamo giocatori di calcio – ha spiegato il rossonero Calhanoglu -, ma siamo anche con la nostra nazione al cento per cento».
Guerra
Un sentimento di appartenenza emerso di prepotenza al momento del pareggio. Un colpo di testa di Kahveci, su servizio di Calhanoglu, anticipando non solo Pavard, ma pure il bianconero Demiral che ha iniziato a festeggiare, accennando a un primo saluto militare. Lo stesso che aveva provocato polemiche in giro per l’Europa venerdì, tanto da innescare una campagna di boicottaggio della finale di Champions a Istanbul. Il difensore però è stato travolto dai compagni e sembrava che l’episodio si fosse chiuso lì. Invece al fischio finale tutta la squadra è andata a festeggiare mettendosi in linea e portando la mano alla fronte. Un riferimento guerriero in un periodo in cui l’esercito turco ha invaso la Siria per un’operazione militare finalizzata a colpire i curdi, nemici acerrimi del governo di Ankara.
Dissenso
Un attacco contestato duramente e formalmente dal presidente francese Emmanuel Macron che ha sottolineato il dissenso evitando di presenziare la partita cruciale per la nazionale di Deschamps. E come lui, anche il ministro degli esteri Jean-Yves Le Drian che ha lasciato alla collega del dicastero dello Sport il compito di sedersi accanto all’ambasciatore turco. Insomma, il minimo assoluto in termini di diplomazia, per una gara che le autorità temevano potesse sfociare in incidenti. Anche per via del conflitto latente tra le tifoserie di Psg e Galatasaray. Per questo la Prefettura aveva predisposto il dispiegamento di 800 agenti, contro gli abituali 600, e portato a 1.400 il numero di steward: 400 in più del solito.
Fischi
Allo Stade de France poi si era previsto di sparare a tutto volume la Marsigliese per coprire eventuali fischi. Invece, l’inno francese è stato rispettato dai circa 30mila tifosi turchi presenti che invece si sono fatti sentire all’ingresso in campo della nazionale di casa. Quando però sugli spalti c’erano essenzialmente quei supporter turchi arrivati con largo anticipo, magari da Germania e Belgio. Poi durante i 90’ è stato un bel duello di cori e applausi. Con l’esplosione in Bleu al vantaggio di Giroud (31’ s.t.) e quella rossa al pareggio (37’). Uno scenario di sport, rovinato però da Calhanoglu e compagni, nel nome di una causa che non ha nulla a che vedere con il calcio. Costata il posto a Cenk Sahin, giocatore turco licenziato dal club tedesco del Saint Pauli, ma invitato da Erdogan a tornare in Patria, al Basaksehir, squadra vicina al presidente turco.
Calhanoglu «Calciatori sì, ma siamo anche al 100% con la nostra nazione»