La Gazzetta dello Sport

LA SERIE A CAMBIA PELLE SE GIOCHI, ADDIO DIFESA E TUDOR SUPERA LE BIG

Adesso ai difensori si chiede di costruire e le marcature ne risentono. Il caso Udinese

- Di Alex Frosio

DDopo otto giornate di campionato, la miglior difesa galleggia a metà classifica. La squadra che ha incassato il minor numero di gol finora è infatti l’Udinese: il suo (ottimo) portiere Musso si è arreso soltanto in 6 occasioni, e già in quattro partite ha chiuso le imposte della propria porta. Nello scorso torneo, i friulani in 38 gare solamente 9 volte hanno messo a referto un “clean sheet”, cioè una gara senza prendere gol. Insomma, Igor Tudor è un bel pezzo avanti. Posto che se domenica l’Inter non si fosse fatta un pisolino post-prandiale a Sassuolo, Conte avrebbe numeri ancora migliori, alla pari con la Juve dominatric­e degli ultimi anni (e che si sta ben adattando al “difendere in avanti” di Sarri), si tratta di un dato anomale per la Serie A: dal 2007-08, infatti, la difesa è quasi proverbial­mente ciò che ti fa vincere il campionato, molto più delle capacità realizzati­ve dell’attacco. L’ultima squadra scudettata pur senza la miglior difesa è stata l’Inter 2006-07 (dietro alla Lazio e soprattutt­o alla Fiorentina).

Più propositiv­i

Ma il campionato italiano sta provando a cambiare pelle, impostazio­ne, filosofia. A partire proprio da chi da anni guida il carrozzone: la scelta juventina di Maurizio Sarri al posto di Max

Allegri va nella direzione di un calcio più propositiv­o, ma anche a livelli meno ambiziosi il “primo non prenderle” è finito in secondo piano. Non è un caso se finora gli 0-0 si contino letteralme­nte sulle dita di una mano: appena 5 su 80 gare.

Il trend europeo

In un certo senso, l’Udinese, nei suoi numeri particolar­i, conferma l’avviciname­nto italiano agli standard europei. Tudor pratica un calcio di chiusura e ripartenza, difende spesso con cinque uomini, si rintana nella propria metà campo dove la sua squadra diventa scorbutica da superare. Ai 6 gol subiti si accompagna­no le sole 4 reti segnate, che ne fanno il peggior attacco insieme con la Sampdoria ultima. Dati analoghi si trovano nei maggiori campionati europei, dove una difesa che prende pochi gol si accompagna a un attacco che fatica a segnare. Il trend sembra delineato: se vuoi proteggert­i bene, rinunci a un po’ di efficacia davanti. In Spagna le migliori difese sono quelle di Atletico Madrid (strano, eh) e Athletic Bilbao, che in 9 giornate hanno incassato appena 5 gol, ma entrambe ne hanno segnati solo 8, bottino realizzati­vo da parte destra della classifica. La Bundesliga premia il Wolsburg (5 gol incassati e 11 segnati), la Francia il Reims (4 gol presi, 9 segnati). In Premier, lo Sheffield United è accompagna­to dall’eccezione Liverpool. I campioni d’Europa sono gli unici a comandare il campionato con la miglior difesa, guidata dal miglior d’Europa, Van Dijk.

La spiegazion­e

E qui si entra nel campo delle qualità individual­i. La vecchia scuola italiana, sublimata nel 2006 dal Pallone d’oro a Cannavaro, sembra in crisi: Chiellini ha 35 anni, solo Mancini e Bastoni stanno crescendo bene. Paolo Nicolato, c.t. dell’Under 21, ha denunciato una certa penuria di centrali puri nel biennio che gestisce. «Perché ora costruiamo centrali diversi, ai quali si chiede soprattutt­o di costruire. Dieci anni fa il giocatore che toccava più palloni era il play, ora sono proprio i difensori centrali. La coperta è un po’ corta: se devo dare qualcosa di più in impostazio­ne, mi toglie qualcosa dall’altra parte», spiega Filippo Galli, ex centrale del Milan di Sacchi ed ex responsabi­le del florido settore giovanile rossonero. Eppure molto spesso si notano difensori che marcano blandament­e, a un metro e mezzo dall’avversario, per il quale è molto più semplice liberarsi. Ma è effetto del nuovo trend. L’avanguardi­a più pura appartiene a Pep Guardiola: nel suo Manchester City che ha affrontato il Crystal Palace in Premier e l’Atalanta in Champions non c’erano difensori di ruolo nell’undici titolare. «I difensori oggi sembrano meno pronti, meno preparati - è l’analisi di Galli - perché gli viene chiesto un lavoro di possesso palla che prima non era richiesto. C’è un impegno cognitivo molto più ampio, che determina un dispendio cui prima non erano abituati. Così si perde qualcosa in attenzione, in aggressivi­tà. Si va giustament­e verso la ricerca di un calcio “proattivo”, di essere partecipat­ivi alla costruzion­e, e la Nazionale di Mancini è un esempio forte di calcio moderno: in questo senso, il difensore deve essere più bravo quando la sua squadra ha il pallone, piuttosto che quando non ce l’ha come succedeva una volta». Ci sono le eccezioni, come l’Atalanta di Gasperini, uno dei pochi che ancora insegna l’antica arte della marcatura e dell’anticipo: «E per me la Dea può piazzarsi dietro a Juve e Inter dice Galli -, altri curano meno quell’aspetto. C’entra la qualità individual­e, penso al Sassuolo che non ha più Demiral e Lirola, ma tanti allenatori chiedono di difendere uno contro uno e non di reparto, e questo crea delle difficoltà in più, il centrale è lasciato più a se stesso». E non tutti sono Koulibaly o Chiellini.

Servono centrali diversi: nel calcio di oggi sono loro a toccare più palloni

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GETTY IMAGES/LAPRESSE Centrali Da sin. Koulibaly, Bonucci, Mancini e Samir
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Filippo Galli 56 anni, ex difensore ed ex responsabi­le vivaio del Milan

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