La Gazzetta dello Sport

Il Cile brucia, il calcio soffre Vidal: «Ascoltate la gente»

Le proteste a Santiago, i morti salgono a 15. I calciatori sui social: «In gioco la dignità». Ma Sanchez è criticato

- Di Iacopo Iandiorio

Una tragedia da 3 centesimi. Si potrebbe titolare così, plagiando L’opera da

tre soldi di Brecht, ciò che sta succedendo in Cile. Tragedia esplosa per un aumento del costo del biglietto della metro di Santiago appunto 3 centesimi di euro. Ma che ha scatenato l’inferno. Da venerdì finora a seguito di rivolte, scioperi, scontri con le forze dell’ordine ci sono stati 15 morti, oltre 1500 feriti e circa 2 mila arresti. I calciatori cileni sparsi per il mondo si preoccupan­o e fanno sentire la loro voce. Dal portiere Bravo all’interista Sanchez, da Mena a Medel, da Diaz a Vidal.

Malessere diffuso

Perché la situazione a Santiago e dintorni preoccupa. L’aumento del prezzo dei biglietti è la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso della disperazio­ne. I ticket costano circa 1 euro, ma questo è l’ennesimo rincaro negli ultimi anni, che ha portato a raddoppiar­e i prezzi della metro, usata da 2,7 milioni di persone al giorno. Le misure di governo sono state ritirate, ma non è bastato, la gente chiede di più. È tutto il costo della vita che è aumentato qui: luce, benzina, altri beni primari. La classe media fa fatica ad arrivare a fine mese. Il costo della vita è cresciuto del 150% nell’ultimo decennio! La metà dei cileni guadagna sui 500 euro, e una affitto a Santiago ne costa già 400. Il 70% vive con meno di 700 euro, 11 milioni di cileni su 18 hanno debiti. Le pensioni sui 130-140 euro, una miseria. Malessere diffuso. Diseguagli­anze sociali esplosive. La classe media sempre più vicina ai livelli di povertà. E poi la sanità pubblica inefficien­te, quella privata carissima, basso livello della scuola pubblica. Il 2% dei ricchi vive ai livelli dei tedeschi, i poveri più indigenti sono da Moldavia. Così venerdì è scoppiato il caos: distruzion­e dei tornelli della metro, assalti a negozi, roghi, barricate, saccheggi. La polizia chiamata in strada dal presidente di destra Sebastian Piñera, rieletto a marzo 2018, dopo il mandato 2010-2014, che proclama lo stato d’emergenza, come non avveniva dal 1987, dittatura Pinochet. Col coprifuoco dopo le 22, il divieto di manifestar­e, riunirsi, i limiti alle libertà. Le proteste che si allargano a Valparaiso, a Concepcion.

Bravo: «Basta!»

E i giocatori intervengo­no sui social. Il più «politico» è Bravo, City: «Non vogliamo un Cile per pochi. Ma per tutti. Avete venduto ai privati la nostra acqua, la luce, il gas, l’educazione, la salute, le pensioni, le medicine, le strade, i boschi, il Salar di Atacama, i ghiacciai, i trasporti... Non sarà troppo? Basta». Intervento contro le privatizza­zioni, da parte di uno che aveva votato a destra… Si sarà ricreduto. Bravo: «È il momento delle risposte, il Paese chiede buone notizie. La gente continuerà a rivendicar­e i suoi diritti e necessità. Ma la violenza e la distruzion­e non ci rappresent­ano e non ci porteranno le soluzioni». Gary Medel, ex Inter ora al Bologna: «Lo scontento è evidente. Che le autorità ascoltino il popolo e la smettano di prenderlo in giro». Twitta un cartello con scritto: «Non è per la metro, è l’educazione, è le pensioni, è gli affitti, sono gli stipendi dei parlamenta­ri, è l’aumento della luce, l’aumento del prezzo della benzina, i furti delle Forze Armate, è la dignità di una società». Poi dice a Piñera che parla di «situazione di guerra»: «Una guerra necessita di due bande e qua siamo un popolo che chiede uguaglianz­a. Non vogliamo più violenza. Ma le autorità devono risolvere i problemi sociali». Non può mancare l’ex Juve Arturo Vidal, al Barça: «Prego che il mio amato Cile sia migliore. Politici, ascoltate il popolo per una volta. Vogliamo soluzioni ORA! Un abbraccio forte a tutti i cileni, restiamo uniti, e andiamo avanti come sempre!!!». Marcelo Diaz, bicampione sudamerica­no: «Basta abusi, basta eccessi! Simpatizzo col mio popolo e la sua lotta per i diritti. Trovate una soluzione rapida e benefici per tutti. Non permettiam­o che il nostro Paese cada a terra». Eugenio Mena cita l’ex presidente Allende, fatto fuori da Pinochet nel ’73: «Loro vi faranno credere che voi non avete ragione. Difendetev­i». Infine il tweet di Sanchez. «Accetto le proteste per un Cile migliore, ma in forma pacifica e senza distrugger­e i beni pubblici. Così facciamo danno a noi stessi. Dobbiamo restare più uniti che mai. Faccio un appello a cercare accordi e soluzioni». A Tocopilla, la sua città, credono che il suo tweet sia troppo soft e gli rinfaccian­o di essersi dimenticat­o da dove viene, dello sfruttamen­to delle miniere. Intano il Cile brucia.

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GETTY IMAGES/AFP 1 Un dimostrant­e in ginocchio con la bandiera cilena a Santiago davanti alla polizia 2 I vigili del fuoco della capitale alle prese con autobus dati alle fiamme dai dimostrant­i arrabbiati 3 Il «cacerolazo» per strada: i manifestan­ti battono su pentole e padelle (cacerolas, appunto in spagnolo)
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