La Gazzetta dello Sport

«NON RIUSCIVA A CAMMINARE E ADESSO VOLA ECCO IL MIO ANDY»

- Di Federica Cocchi

Una mamma lo sa, e lei lo sapeva che il suo Andy sarebbe tornato. Una sensazione profonda, forse frutto della speranza di vedere di nuovo il sorriso sul volto del figlio cresciuto come un futuro campione. Judy Murray è la madre, biologica e tennistica, di Andy e Jamie, i fratelli scozzesi della racchetta. Jamie, talento nel doppio ma mai protagonis­ta come singolaris­ta e Andy, quarto dei Fab Four arrivato anche al numero 1 del mondo. «Non posso dire con certezza che tornerà ad alti livelli - diceva mamma Murray dopo il secondo intervento all’anca del secondogen­ito —, ma se c’è qualcuno in grado di farcela quello è lui. Perché da sempre, in ogni cosa, mette il cuore e l’anima». Missione compiuta dunque, il sesto senso della madre ha avuto conferma nella finale di Anversa contro Wawrinka. Una partita vera, lottata, e vinta in tre set. Dopo due anni e mezzo Andy è riuscito a sollevare di nuovo un trofeo Atp. Un’impresa incredibil­e, soprattutt­o se si pensa che a gennaio, a Melbourne, aveva annunciato in lacrime che avrebbe lasciato il tennis.

Judy, lei segue molto spesso i suoi ragazzi, da dove ha visto la partita?

«Dalla television­e questa volta, ed è stato sufficient­emente stressante anche così...».

Dopo l’ultimo punto, quello della vittoria, cosa ha fatto?

«Ho stappato una bottiglie di champagne e ho brindato alla sua salute davanti alla tv. Poi gli ho mandato un messaggio vocale per dirgli quanto ero felice e orgogliosa di lui».

Come avete in mente di celebrare?

«Tra pochi giorni dovrebbe nascere il terzo figlio di Andy e Kim. Quando sarà arrivato anche lui ci trasferire­mo in massa a Londra, bisnonna compresa, per festeggiar­e tutti gli eventi in una volta sola. In fondo è una rinascita anche quella di Andy».

A proposito di bisnonna, sua madre come ha vissuto la finale?

«Il giorno prima della finale,

“per sicurezza” ha detto, è andata dal parrucchie­re. Da domenica invece avrà fatto un centinaio di chilometri avanti e indietro da High Street qui a Dunblane (la città scozzese di origine dei Murray, ndr) per commentare l’accaduto con tutte le persone che incontra».

Come ci si sente dopo tanta sofferenza?

«La vittoria sul campo è davvero una grande gioia, ma il più grande trionfo è averlo visto giocare senza dolore e camminare senza aver bisogno delle stampelle. Sono stati due anni interminab­ili e molto dolorosi, per lui e per chi non poteva fare altro che vederlo stare male. Ci sono stati momenti in cui non riusciva nemmeno a mettersi i calzini e allacciars­i le scarpe. Giocare a tennis era l’ultimo dei problemi. Ma lui è un tale guerriero sul campo che sapevo che non avrebbe mollato e avrebbe fatto di tutto per giocare di nuovo e

riprendere una carriera interrotta troppo in fretta. Certo, non immaginavo che sarebbe stato tutto così rapido».

Melbourne e il «match di addio» durante l’Australian Open: è stato un momento molto toccante. Come l’ha vissuto?

«Dopo quella partita infinita con Bautista al quinto set Andy aveva così tanto dolore da non riuscire nemmeno a muoversi. Tanto che ha aspettato due giorni prima di prendere il volo di ritorno. Se anche avesse vinto non avrebbe di certo potuto continuare il torneo. In quel momento mio figlio ha deciso che si sarebbe fatto di nuovo operare facendosi inserire la protesi metallica. Era una questione di qualità della vita, e lui non ce l’aveva più da troppo tempo».

Quando siete arrivati in Australia, a gennaio, avevate già capito che per Andy sarebbe stata dura continuare la carriera...

«Eravamo a Miami a dicembre, per la preparazio­ne off season. Lui stava giocando dei set di allenament­o e sul suo viso leggevo il dolore sfiancante. Continuava a zoppicare, era una tortura per lui. Un giorno si è fermato e mi ha detto: “non ce la faccio più”. Mi ha spezzato il cuore. Il tennis è sempre stato la sua vita e il suo amore».

Qual è stato il momento più difficile durante la riabilitaz­ione?

«È brutto vedere i tuoi figli soffrire, ed è anche molto faticoso assistere alle loro delusioni. Andy faceva pochi progressi, il recupero era lento e lui era molto frustrato. Il fatto di non potergli essere d’aiuto in nessun modo è stato molto angosciant­e per me».

Cosa ha detto a suo figlio dopo la vittoria?

«Che questo trofeo vale tantissimo. Perché è una vittoria della perseveran­za e della resilienza. Gli ho detto che desidero per lui felicità dentro e fuori dal campo, e soprattutt­o gli auguro restare in salute. Ora sta bene, ha una famiglia meraviglio­sa, può guardare al domani finalmente senza più paura e dolore».

Il quarto Fab Four riprenderà il suo posto?

«Se sta bene, Andy, è capace di tutto».

La mamma dell’ex numero 1: «Vederlo soffrire mi ha spezzato il cuore. Solo lui poteva tornare a vincere dopo 2 anni e mezzo»

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Andy Murray, 32 anni
AFP Rinato Andy Murray, 32 anni

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