TRA I GIGANTI Ganna: «Il tris Giro-Tour-Vuelta? Sì, noi possiamo»
Filippo cresce nella Ineos dei 4 capitani: «Per me c’è quella prima crono rosa...»
Non ha sfigurato al cospetto dei giganti con cui condivide i colori sociali, e il merito non è soltanto dell’1.93 di altezza. Filippo Ganna è monumentale nell’aspetto e lavora sodo per diventarlo in bicicletta: il primo anno dello sbarco sul pianeta Sky/Ineos è andato nella direzione giusta, tra il terzo titolo iridato dell’inseguimento, quello tricolore della crono e il bronzo iridato contro il tempo. Il «dream team» con Bernal, Froome, Thomas e Carapaz (e arriverà anche Rohan Dennis) non gli fa girare la testa, e neppure l’obbiettivo della squadra di vincere i 3 grandi giri. «Perché non sognare in grande? Se c’è un gruppo che può riuscirci, è il nostro».
Ganna, chi conosce meglio dei quattro?
«Bernal. Quando ha vinto il Gran Piemonte, io ho lavorato per lui. Sono arrivato al traguardo nel momento in cui la premiazione era finita, lui mi ha aspettato per abbracciarmi. Fenomeno in bici, classico ragazzo della porta accanto nella vita di tutti i giorni. Quando si deve lavorare, si lavora. Altrimenti si ride e si scherza».
Froome?
«Ho passato poco tempo con lui. Mi ricordo una cena in ritiro a Maiorca. Stesso tavolo, ma avevo timore di disturbarlo. Se facessi nella mia carriera un quindicesimo di quello che ha fatto lui, sarei contento».
Thomas?
«Un simpaticone. Stavo tornando domenica dalla Chrono des Nations e sul telefono mi era scomparso il 3G per la linea, c’era solo la G, e come si sa tutti lo chiamiamo G, da Geraint. Allora gli ho mandato lo ‘screenshot’ scrivendogli ‘Grazie, oggi lavori per me’. Lui ha riso e ha risposto ‘Per oggi è un piacere farlo’».
Carapaz?
«Al Giro non c’ero, ma ho visto che lo ha vinto con merito e uno così di sicuro non è una meteora. Non ho dubbi che la squadra li dividerà al meglio a seconda degli obiettivi». A proposito di grandi giri, lei non ne ha ancora disputato uno. E il Giro 2020 partirà con una crono di poco meno di 10 chilometri. Potrebbe essere una grande opportunità per vestire la prima rosa?
«Sì, ma diventerà un obiettivo nel momento in cui la squadra riterrà di selezionarmi per il Giro. Prima, non voglio creare false speranze. Se mi farebbe piacere? Porca miseria, certo! E poi non farei parte di una squadra qualsiasi».
Anche se, nel caso, si dovrebbe sacrificare non poco?
«Guardi, se mi dicessero in questo momento ‘Filippo, vieni al Giro, devi lavorare per 100 chilometri a tappa e poi rifiati, ti stacchi, io partirei per Budapest all’istante anche se sto pedalando. Scendo dalla bici, faccio la valigia e vado a prendere l’aereo».
Intanto, ne prenderà uno per andare in vacanza?
«Sì, ma il 12 novembre. Andrò in Madagascar, ci sarà anche Simone Consonni. La stagione su strada è finita ma quella in pista non ancora, visto che sarò alle prove di Coppa del Mondo di Minsk e Glasgow nei primi due fine-settimana di novembre. Voglio farle al meglio delle mie possibilità».
Il 2020 significa Giochi Olimpici di Tokyo. Lei è un pilastro dell’inseguimento a squadre. Ma dopo il bronzo iridato, non diventa interessante pure la cronometro? «Io vorrei proprio farla. Il percorso è duro, ma non più di quella del Mondiale. Se punto alle corse che voglio, con la squadra ci arrivo bene e riesco a conciliare l’attività della Nazionale. Mi riferisco anche ai recenti Europei su pista».
A cosa, in particolare?
«Nell’inseguimento, la gamba non mi ha tradito nel recupero sugli inglesi. Consonni per ringraziarmi mi ha dato un bacio in testa, mentre Lamon urlava “San Filippo da Vignone!”. Normale, siamo un gruppo straunito che ha Tokyo in testa. E finalmente questa settimana (oggi e domani, ndr) ci alleniamo a Montichiari».
Ganna, chiudiamo tornando ad Ineos. È una squadra di «marziani»?
«No. Gente normale. Nessuno ha 3 gambe o 4 polmoni. La differenza la fa la cura dei dettagli, a cominciare dal lavarsi le mani per evitare batteri».
A Tokyo 2020 voglio conciliare il doppio impegno strada e pista Filippo Ganna piemontese, 23 anni