OGGI NASCE IL GIRO 103
Via da Budapest, corsa da brividi con Agnello e Izoard
Nei giorni senza partite, visita romantica della città mano nella mano con la fidanzata (e Vienna si presta, non c’è che dire); nei giorni dei match, cannonate con il dritto e con il servizio e nessun gesto d’affetto verso gli avversari. Fin qui, la settimana asburgica di Berrettini si è snodata alla perfezione: cuore, testa e braccio. Soprattutto, sta portando in dote altri punti pesanti per il sogno delle Finals, che sarebbero il premio meritatissimo a una maturazione rapida in cui si sono mescolati talento, ambizione, volontà e sacrificio.
Questione di tiebreak
In Austria, Matteo si può godere per la prima volta fuori competizione (per lei la stagione è finita) la compagnia di Ajla Tomljianovic, la collega australiana con cui si frequenta da Wimbledon. E dunque martedì si sono dedicati a se stessi, ai musei e alle caffetterie del centro, prima di allenarsi insieme con una scommessa in palio: «Abbiamo deciso di giocare un tiebreak - racconta divertito il numero uno azzurro — e alla fine lo ha vinto lei, anche se forse non dovrei dirlo». Non preoccuparti, Berretto: nei tiebreak che contano davvero, non tradisci. Lo scopre sulla propria pelle di ex numero tre del mondo Grigor Dimitrov, certamente declinante ma sempre pericoloso nella giornata buona (chiedere al Federer di New York) e comunque 29 del mondo: rimane attaccato a una partita in cui è l’allievo di Santopadre a procurarsi le poche occasioni per allungare, ma nei due tiebreak si inchina alle prodezze di Matteo, meraviglioso soprattutto nel secondo, quando sigilla la sfida con il favoloso passante in corsa del 5-1 degno del miglior Lendl. Un’altra prova di feroce consapevolezza: «Sono soddisfatto, Grigor è un giocatore di qualità e il match è stato molto equilibrato — analizza il romano — perciò bisognava alzare il livello nei momenti chiave, e io ci sono riuscito, credo con una buona forza mentale». I numeri raccontano di 36 vincenti di Berrettini (14 ace) e l’89% di punti con la prima, un viatico di lusso verso i quarti di domani contro il vincente tra Chung e Rublev, partita che fu la finale della prima edizione delle Next Gen Finals nel 2017, mentre Matteo aveva appena perso il torneo della wild card italiana a Milano 3.
La corsa verso Londra
Ebbene sì: in appena 24 mesi Berretto è passato dalla delusione di un’assenza alla fondata speranza di una presenza. Rimane ottavo nella Race, guadagna altri 45 punti e oggi potrà gettare un occhio con serenità sui risultati dei rivali diretti (Bautista, Goffin e Fognini a Basilea, Monfils a Vienna contro Sinner), mentre Nishikori si sottrae dalla lotta comunicando lo stop per il resto della stagione e l’intervento chirurgico al polso destro che lo tormenta da mesi. La conquista delle Finals ci riporterebbe indietro fin quasi al 1976, la stagione mirabile del nostro tennis e l’ingombrante pietra di paragone di ogni generazione di tennisti italiani negli ultimi 40 anni. Pressioni? Non per Matteo: «Arrivato fin qui, è giusto spenderci fino all’ultima energia, ma non sto cambiando i miei programmi per la qualificazione. Io sto lavorando per avere una carriera che mi permetta di inseguire le Finals per molto tempo». Parole come balsamo.