Motta si presenta: «Il Genoa casa mia Uniti ce la faremo»
Il tecnico in panchina senza tutor: «Preziosi? Con lui è bastato guardarci negli occhi...»
Tutto molto semplice, una cosa naturale: c’era un debito di riconoscenza morale che Thiago Motta si sentiva di dover onorare con il Genoa. «Così, quando il presidente Preziosi mi ha chiamato, non abbiamo dovuto parlare molto. È stato sufficiente guardarci negli occhi. Lui conosce benissimo me, e viceversa. Lui aveva voglia che io allenassi questa squadra, così come lo volevo io», racconta Thiago Motta. Che adesso sta qui, sul ponte di comando di un Genoa da rivitalizzare, con la stessa impazienza e la medesima gioia di cominciare provata vent’anni fa quando era in Uruguay per il Sudamericano con l’Under 17 brasiliana, e il Barcellona si presentò da lui con la maglia del centenario autografata da Rivaldo, il suo idolo. Dire sì e andare alla Masia fu questione di un attimo.
Idee chiare
Thiago si presenta mentre Marco Rossi, oggi club manager rossoblù, lo ascolta seduto in prima fila. Erano compagni nel Genoa in quel magico 2008-09 con il Gasp in panchina («probabilmente il tecnico più importante che io abbia mai avuto»), e insieme a loro c’erano in rosa Alessio Scarpi e Stefano Raggio Garibaldi, oggi preparatori dei portieri, eAlessandro Pilati, storico preparatore atletico. Oltre al capitano Mimmo Criscito «che ci potrà dare tanto». Nessun tutor per Motta allenatore: la deroga è già stata chiesta, l’italo-brasiliano era iscritto al corso Master Uefa Pro e potrà andare in panchina, con Roberto Murgita che torna a fare il vice della prima squadra: «Poche cose sono cambiate da allora, tante persone sono rimaste», dice con gli occhi sorridenti Motta. Un ragazzo curioso, Thiago, non preoccupato per una classifica che non gli mette ansia addosso. «Questa è una grande opportunità per me, ma sono convinto che usciremo tutti insieme da questa situazione. In quale modo? Semplice, con il lavoro. Ai ragazzi ho parlato dicendo quel che avevo nel cuore: questa maglia va onorata giorno dopo giorno». E poi la storia parla per lui: mai arrendersi. Quando nel 2008 chiuse con l’Atletico Madrid, e il Portsmouth lo bocciò, il Genoa e Preziosi gli diedero la possibilità di ricominciare.
Un passo alla volta
«L’ho letto negli occhi dei giocatori: c’è la volontà di farcela. Quando sono tornato qui, mi sono emozionato. Ho seguito il Genoa, certo, ma il passato non conta più. E poi mi sembrerebbe ingiusto fare commenti sul lavoro di un collega (Andreazzoli, ndr) che non è riuscito a ottenere ciò che avrebbe voluto». Prevale la logica del gruppo, anche pensando all’anticipo con il Brescia: «Curioso cominciare contro Balotelli... Gli auguro ogni bene. Non penso all’accoglienza che il pubblico farà sabato a me, ma alla squadra. Per me è stato un onore avere giocato qui, ma conta il gruppo. Non ho mai visto una squadra giocare bene, e un singolo male, o il contrario». Uscire dai luoghi comuni, senza farsi ingabbiare dalla tattica: «Quando parlai del famoso 27-2 lo feci proprio per togliere un po’ di importanza ai numeri. Puoi fare un calcio offensivo anche schierando cinque difensori». Dategli tempo, e Motta farà divertire. «Io sogno tante cose, ma questo è il momento di ragionare giorno dopo giorno». Thiago è tornato e ha una promessa da mantenere.