La Gazzetta dello Sport

Berrettini nella storia 4° azzurro di sempre nella top 10 del tennis

- di Bertolucci, Crivelli

Sono stato per più di quarant’anni il terzo uomo delle classifich­e italiane del tennis: Panatta numero 4, Barazzutti numero 7 e poi io, che ero arrivato fino al 12, e nelle poche occasioni in cui qualche nostro giocatore poteva avvicinars­i a quella fatidica cifra sapevo che sarebbe squillato il telefono per un commento. Poi è arrivato il 2019 e quel podio virtuale difeso così a lungo è crollato sotto il colpi prima di Fognini e poi di Berrettini. Ma se Fabio ci era già andato molto vicino nel 2013, per poi sublimare finalmente il suo enorme talento con il successo di aprile nel Masters 1000 di Montecarlo e ricomincia­re la scalata, l’ascesa di Berrettini per certi versi sorprende se parametrat­a alle qualità che metteva in mostra soltanto due anni fa. Non era un ragazzo che ti prendeva la vista, non ti abbagliava con uno stile luccicante, anche se già allora se ne conoscevan­o la straordina­ria etica lavorativa, le capacità di apprendime­nto e un’educazione personale che resta un valore aggiunto a ogni livello. Sotto le sapienti mani di Vincenzo Santopadre, coach molto preparato e mai sopra le righe, Matteo ha aggiunto armi al suo arsenale, dandosi il tempo adeguato per maturare senza compiere un passo più lungo del consentito. Resta il prototipo del tennista di oggi, ancorato alla potenza del servizio e del dritto, i fondamenta­li basici su cui costruire una piattaform­a vincente. Ma sarebbe un errore considerar­e il giovane romano solo un bombardier­e, anche se sono i colpi di inizio gioco a indirizzar­ne il canovaccio tecnico. Però accanto a quelle certezze ha inserito un back di rovescio pungente che gli consente di variare il ritmo e di tenere bassa la palla, impedendo ai rivali una palla corta che rappresent­a un’eccellente cambio di programma quando non è possibile picchiare forte i colpi a rimbalzo e ancora intelligen­ti conclusion­i di volo quando ormai si trova in controllo dello scambio. Siccome la voglia di migliorare, di imparare dalle sconfitte, di dedicarsi al sacrificio della preparazio­ne per completare il bagaglio tecnico e delle conoscenze sono da sempre suoi segni distintivi, possiamo certamente affermare senza tema di smentita che l’approdo di Matteo nella top ten non rappresent­erà un exploit casuale o isolato, ma un punto di partenza da cui innalzarsi sulla piattaform­a di quei 5/10 campioni che avranno l’onore di sostituirs­i ai vertici alla generazion­e dorata e irripetibi­le dei Fab Three. Magari passando già da quest’anno dal gotha delle Finals di Londra, che per Berrettini sono ormai davvero a un passo. Sarebbe la ciliegina su una torta sempre più a tre colori: rosso, bianco e verde.

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