Pioli si schiera con Maldini e Suso
«Non si aspetta 10 anni per vincere. Chi attacca Jesus attacca il club»
Per Stefano Pioli il futuro è già oggi, l’orizzonte più lontano sono le 18 e il fischio d’inizio di Roma-Milan. Al massimo, a seconda di come si metterà la partita, potrà spingersi oltre e arrivare a pensare a giovedì prossimo, alla sera di Milan-Spal. Obiettivi a brevissima scadenza: l’allenatore condivide il pensiero del d.t. Maldini, per cui la risalita rossonera deve compiersi in tempi accettabili e non decennali. Tra dieci anni sarà tutto diverso: ci sarà un grande Milan oppure un Milan senza Paolo e Boban, e senza neppure Pioli. «Non credo che senza arrivare a breve nelle prime posizioni ci rivedremo qui a parlare. Nessuno può permettersi il lusso di aspettare 10 anni.
Dobbiamo tornare a vincere già a Roma, sarà difficile ma ne abbiamo le possibilità. Tutti qui sanno che il Milan ha certe ambizioni e deve rimanere ai primi posti: lo sa Elliott, lo sanno i dirigenti, lo so io e lo sanno i giocatori. Maldini ha fatto dichiarazioni lucide, spiegando il momento di questa società. Siamo il Milan e vogliamo essere protagonisti. Capisco i ragionamenti sul futuro ma per tornare a vincere bisogna iniziare subito». Subito, oggi, che di tempo ne è già passato abbastanza.
Tutti con Suso
Per cercare di essere immediatamente efficace Pioli lavora nella direzione che meglio conosce, quella dell’allenamento unito al senso di squadra e dell’unità di gruppo. Ieri a Milanello c’erano i vertici dell’area sportiva, Maldini e Massara, d.t. e d.s., ma non solo: di nuovo presenti anche il Cfo Boban e l’a.d. Gazidis. Specialmente con Paolo il rapporto è stretto e disteso e anche nelle ultime occasioni i due, lui e Pioli, si sono confrontati a lungo. Il principio ispirato all’armonia vale a maggior ragione nel rapporto con i giocatori: due giorni fa dopo la parte tattica e prima di concludere definitivamente la sessione, il gruppo si è diviso in quattro mini squadre avversarie e si è divertito in un torneo di cross e tiri in porta. I vincitori, Pioli compreso, hanno voluto scattare una foto ricordo (sopra). Un senso di coesione per cui ogni critica al singolo deve essere interpretata come un attacco alla squadra e il caso di Suso diventa emblematico: «Non prendiamo parte ai processi social o mediatici, siamo un gruppo unito e pensiamo a essere squadra, ad aiutare il compagno, a sacrificarci per lui perché tutta la squadra ne benefici. Se si colpisce un giocatore si colpisce me e soprattutto il Milan. E tanto per essere chiari: non ho mai promesso niente a nessuno. Non ho compromessi, non ho scelto un solo giocatore di quelli che sono qui. Scelgo Suso perché mi dà più garanzie degli altri. Quando non lo farà più e lo riterrò inferiore a un altro, non giocherà. Vale per lui come per tutti».
Non per gli assenti, ovviamente: «Ibrahimovic? Penso solo a chi ho qui con me». Suso è dunque una delle poche certezze che hanno resistito, mentre intorno molto cambiava: l’atmosfera a Milanello, il sistema di allenamento e di gioco, i protagonisti in campo (Leao e non più Piatek). E la rivoluzione vuole ovviamente comprendere i risultati e l’atteggiamento (non solo vincente come lo era stato nell’ultima trasferta di Genova ma finalmente convincente). Il Milan vuole rovesciare i giudizi post derby: deve dimostrare di reggere il confronto con un’altra candidata all’Europa, test che contro l’Inter aveva fallito.
Pensare positivo
Anche l’allenatore ha un trend personale da invertite: la Roma è la seconda peggior avversaria della carriera, con cui ha vinto solo tre volte (mai da allenatore della Lazio), pareggiate 7 e perse 11. La Roma è l’avversaria che ha segnato di più alle sue squadre (48 gol), di cui 43 in partite di campionato. E’ altrettanto vero
che nell’ultima stagione sulla panchina della Fiorentina sembra averne preso le misure: due pareggi in campionato e la clamorosa vittoria di Coppa Italia, il più largo successo (7 a 1 al Franchi alla Roma di Di Francesco) ottenuto da allenatore. Quello che chiede oggi Pioli è questo, guardare agli aspetti favorevoli della situazione: «E’ il momento di essere più positivi, perché i motivi ci sono, senza isterismi e drammi. I giocatori che sono qui sono da Milan, vero che abbiamo moltissimi giovani, ma tanti hanno allo stesso tempo grande esperienza. Io cerco di fare un calcio propositivo, con me i giocatori di qualità devono poter tentare la giocata, mi piace che si sentano liberi di fare le cose per cui sono portati. Anche così dobbiamo cercare di vincere sempre e di correre velocemente». Per tagliare il traguardo il prima possibile, senza dover rimandare l’appuntamento di dieci anni.