SEGNA CON DYBALA IL LECCE LA RAGGIUNGE MA RESTA PRIMA GRAZIE AL PARMA
Tante palle gol non concretizzate dai bianconeri: 1-1 coi rigori di Paulo e Mancosu (altro braccio di De Ligt...)
Poteva finire 4-0, ma non c’è da stupirsi dell’1-1. Poteva essere una goleada, ma il colpo del k.o. non è al momento nel software juventino. E poteva affondare il Lecce, più di una volta, sospirando di sollievo per una parata, un palo, un centimetro: ma contro una grande che non sa fare la grande è stato meglio giocare così, a testa alta, rischiando come Liverani pretende. Potevano succedere tante cose, ma si sapeva che prima o poi la Juve sarebbe andata a sbattere contro la sua incapacità di far gol. Per essere più precisi: di trasformare in gol la quantità (non qualità) di gioco, di possesso (oltre 70%), di occasioni. E non c’entra Ronaldo, che forse avrebbe spostato gli equilibri ma chissà se avrebbe ribaltato lo scenario. Neanche Dybala travestito da CR7 c’è riuscito. Il Lecce s’è preso un pari sofferto ma credibile: c’era la Juve di fronte e un Sarri abituato a squadre dalla grande facilità di gol. Alla fine è andata bene, sì: ma non sempre chi insegue spreca un sorpasso nell’autostrada vuota a sei corsie, come fatto dall’Inter.
Minimo di gol
Comunque non è più un caso. Sette successi stagionali su nove, compresa la Champions, di un gol. Il minimo sindacale. Sia segnandone quattro al Napoli, sia un paio a Verona, Brescia, Bologna, Lokomotiv. Dando spesso l’impressione, o forse l’illusione ottica, che sia mancato un niente per dilagare. Ma la mira fa parte del gioco, come il portiere avversario. E il problema della Juve è che non vede la porta, ci gira attorno, fatica però a trovare la formula per il triangolo vincente in zona gol. Tanta fascia, tanti cross, ma ce ne fosse uno che crea l’occasione pericolosa. Se aggiungiamo che un bel po’ di gente (Bernardeschi, De Ligt, Danilo, più comprensibilmente Emre Can) è lontana dai suoi standard, si capisce come anche il Lecce possa fare bella figura.
Liverani fino alla fine
In realtà il Lecce a prendersi gli applausi ci prova sempre. Spal o Juve, la filosofia di Liverani (in tribuna) è sempre la stessa. Se sia un bene o un male lo dirà la classifica alla 38a giornata, ma intanto è lì, in zone basse ancora indecifrabili, giocando il calcio più sfrontato che ci sia, meno naif che al debutto con l’Inter. E conquistando il primo punto in casa dopo i sette presi fuori: anche questo un segnale delle colpe della Juve. Di più: dopo un tempo nel quale i bianconeri hanno sfiorato il gol, ispirati da Dybala scatenato, il vice Coppola (o Liverani, annullarlo è corretta. Al 17’ Dybala finisce a terra a centrocampo e Valeri senza esitare tira fuori il cartellino giallo ammonendo Rossettini. Vedendo e rivedendo l’immagine però risulta che non ci sia nessun contatto tra i due, è un chiaro abbaglio. Due gli episodi da rigore, molto fiscali ma che ci possono stare alla luce delle nuove disposizioni. Al 48’ Petriccione in scivolata cerca la palla di Pjanic a filo d’area. Valeri chissà) ha fatto addirittura due cambi offensivi. Lapadula per Farias, Tabanelli per Majer, quando chiunque altro avrebbe pensato a difendersi, infoltire la difesa, togliere una punta. Se vi pare poco...
Problema De Ligt
Applausi da un lato, interrogativi dall’altro. Una giornata un po’ così per la Juve, complice il caldo, ci sta. Però s’è visto un passo indietro nella manovra, più individuale che collettiva: Dybala vecchi tempi, Cuadrado un martello a destra una volta fischia la punizione, il Var raccomanda la review: l’arbitro vede che il contatto è in area e dà il rigore. Al 56’ su un cross in area il pallone finisce sul braccio largo di De Ligt che non fa in tempo a scansarlo, Valeri indica il dischetto. Al 77’ ancora un episodio non fischiato: Tachtsidis finisce nella morsa di Bentancur e Rabiot ma il direttore di gara lascia correre.