Astinenza da Cristiano «Ronaldo era stanco, giusto farlo riposare»
La mancanza di CR7 pesa ma il tecnico non vuole alibi «Passivi e poco cinici. Il braccio di De Ligt? Casuale»
«Duemila» sarebbero i motivi per cui Maurizio Sarri non ha mostrato a Cristiano la maestà del barocco leccese. Dal suo castello nella precollina di Torino, Ronaldo avrà pure apprezzato, ma ha visto confermare una legge di natura: non esiste squadra che possa fare a meno di lui. Il tecnico voleva usare la tappa salentina per sperimentare e dargli fiato, ma l’assenza di CR7 ha pesato un quintale. Un po’ perché basta la sola ombra del portoghese per cambiare l’umore delle difese, un po’ perché Sarri non aveva alternativa all’HD. In quel caos finale, con il Pipita ferito e fasciato, un cambio sarebbe servito. In realtà, il tecnico ha chiarito che questa Juve «deronaldizzata» nasce di concerto con lo stesso CR7: «Cristiano si sentiva stanco anche mentalmente, portarlo in panchina non gli avrebbe permesso di recuperare energie. Il senno di poi non ha più significato, era giusto dargli un turno di riposo per duemila motivi, anche lui sentiva di dover riposare».
Allarme cattiveria
Più nel profondo, però, il problema è in quel cambio estetico, antropologico, filosofico da portare a compimento: la Signora si è fatta indubbiamente più attraente ma, a volte, pure più fragile. Come se nella mutazione genetica avesse (per il momento) smarrito il caro vecchio cinismo: è il tesoro grazie a cui i bianconeri hanno raccolto otto scudetti. Lo stesso Sarri è ben consapevole dell’imperfezione, da correggere presto per spiccare definitivamente il volo: «Ci manca solo buttarla dentro, abbiamo costruito tanto ma non concretizzato per mancanza di cattiveria. La gestione del vantaggio non mi è piaciuta, siamo stati troppo passivi e con un pizzico leggerezza», ha detto a fine partita. E poi il monito da custodire per il futuro: «Questa facilità con cui creiamo pallegol non deve indurci a rilassarci. Giochiamo così per vincere le partite: se ci dà troppa confidenza e toglie la cattiveria, è un problema. Non deve insinuarci nella testa che sia tutto facile».
E De Ligt?
Facile non è mai anche perché la lavatrice può sempre incepparsi: in ogni partita dal «pulito» si passa facilmente allo «sporco» e la Juve sarriana ha, invece, bisogno del perfetto candeggio. Vive della purezza del passaggio, non è adatta alla polvere di battaglie come quella del secondo tempo qui a Lecce: «Ci siamo fatti trasportare nel finale in una partita sporca che non era nostra, dovevamo stare più lucidi...», ha ammesso il tecnico. Forse lucidità è ciò che serve anche a Matthijs de Ligt, al terzo braccio birichino consecutivo in campionato: «Stavolta mi sembrava che la dose di casualità fosse alta, è un movimento naturale, con le nuove regole è difficile evitare certe situazioni», lo ha difeso Sarri. Poi il tackle alle critiche di Bonucci, capitano e un po’ anche tutor del ragazzone biondo: «Il suo è solo un momento, passerà. L’istinto porta a fare movimenti pericolosi, ma deve stare sereno perché ci siamo passati tutti».