La Gazzetta dello Sport

BERRETTINI ARRANCA TSONGA LO IMBAVAGLIA LA CORSA VERSO LONDRA ADESSO È IN SALITA

Matteo deve sperare che Monfils non vada in semifinale o che Wawrinka e De Minaur non vincano il torneo

- Di Riccardo Crivelli

Sbandata all’ultima curva. Svuotato, stanco soprattutt­o di testa dopo sei mesi a tutta, Berrettini scivola a un passo dal traguardo delle Finals, anche se le speranze di un viaggio a Londra rimangono vive: solo che il vantaggio psicologic­o e tecnico adesso è per il redivivo Monfils, favorito dal ritiro di Federer a sorteggio già compilato (Roger, non si fa) e quindi con l’impossibil­ità di rimescolar­e le teste di serie, con la conseguenz­a di un tabellone facile, almeno fino agli ottavi (oggi trova Albot).

Mai in partita

A questo punto, rimanendo ottavo nella Race ma con soli 10 punti guadagnati, Matteo strappa il biglietto per il Masters solo se il francese non approda alle semifinali o se i rimontanti Wawrinka e De Minaur, peraltro posizionat­i dalla stessa parte, non vincono il torneo (molto più difficile). Si sapeva che Tsonga, più fresco, senza tensioni e trascinato dal calore di tutta l’arena, rappresent­ava un ostacolo arduo. Tornato competitiv­o dopo l’operazione a un ginocchio del 2018 (era precipitat­o al numero 262, adesso è 35, ma è stato 5 del mondo nel 2012), JoJo compila una partita quasi perfetta, con percentual­i altissime al servizio che gli consentono di comandare gli scambi e poi di mettere pressione ai turni di battuta di Berretto, che infatti balbetta (60% di punti con la prima). Occorreva una versione più gagliarda di Matteo, invece incapace di reagire all’assalto continuo del francese, quasi rassegnato, sostanzial­mente spento, fino al parziale avverso di 14 punti a 4 che chiude la contesa. Lallievo di Santopadre, in attesa di conoscere il suo destino, può comunque consolarsi con la certezza di chiudere la stagione nella top ten (alla peggio sarà decimo), terzo italiano di sempre dopo Panatta nel 1976 (7) e Barazzutti nel 1978 (10).

Gael redivivo

Peccato. Perché come in «Dieci piccoli indiani» di Agatha Christie, il giallo della corsa alle Finals ha perso uno dopo l’altro un personaggi­o chiave. Il secondo turno, quello dell’ingresso delle prime otto teste di serie, scuote la Race dalle fondamen

ta,qualifican­do Zverev e lasciando in corsa, appunto, solo Monfils, Wawrinka e De Minaur. Demon, tra i giocatori più caldi del momento (ha appena giocato la finale di Basilea), stoppa lo spagnolo Bautista, quello che sembrava il rivale più pericoloso per Matteo: la racchetta gettata a terra sul 5-0 del secondo tie break. lui che è un giocatore di esemplare correttezz­a, simboleggi­a la delusione per un obiettivo sfumato a un passo dal sogno. Londra solo in cartolina anche per Goffin, in un match che riproponev­a quella che appena due anni fa, del Masters, fu addirittur­a la finale: e vince ancora Dimitrov.

Bercy del resto è un torneo sempre particolar­e, perché arriva a compimento di dieci mesi di grandi fatiche: così Schwarztma­n si ritrova con le pile scariche contro Edmund e a Isner, che peraltro avrebbe dovuto vincere il torneo per qualificar­si, non bastano 25 ace (e 4 punti in più in totale) per domare Garin. Per la gioia del redivivo Monfils: «Non sono lontano ma nemmeno così vicino al Masters, l’obiettivo è finire l’anno nei primi 10». Speriamo si accontenti.

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