Il delitto di Luca, il dolore del papà «Ragazzo pulito. Si fidava troppo»
Parlano i familiari della vittima: «Chiediamo solo giustizia Anastasia era come una figlia
La voce rotta dal dolore e il ricordo dell’ultimo saluto al figlio Luca, prima che quella maledetta sera il ragazzo trovasse la morte, all’uscita del John Cabot Pub all’Appio Latino, a Roma: «Prima di uscire per andare a lavoro nel mio ristorante, gli ho fatto un’iniezione per il mal di schiena e lui mi ha detto che ero stato bravissimo. Allora gli ho dato un bacio e lui mi ha guardato con un sorriso e ci siamo abbracciati...». Alfonso Sacchi, il papà del personal trainer di 24 anni ucciso con un colpo di pistola alla testa, non riesce a trattenere le lacrime davanti ai giornalisti convocati in un hotel non lontano dal luogo dell’omicidio. Un incontro voluto per chiarire alcuni aspetti «raccontati in modo non corretto», come hanno subito precisato i legali. In attesa che le indagini chiariscano la dinamica dell’omicidio, il padre risponde alle domande «per chiedere giustizia». E per prendere le distanze da qualsiasi legame del figlio col mondo della droga.
La conferenza stampa
Papà Alfonso, una vita spesa nella ristorazione e gestore di un locale nel pieno centro della capitale, descrive Luca come «un ragazzo pulito, sempre col sorriso, sempre pronto allo scherzo, con tanta voglia di vivere e una grande passione per lo sport». L’uomo chiarisce anche i rapporti tra il figlio e il ragazzo ritenuto il contatto con i pusher: «Si conoscevano dai tempi del liceo». Per poi sottolineare: «Luca vedeva tutti buoni, io gli dicevo di stare attento, di non fidarsi e di stare attento anche a suo fratello quando usciva». Quel fratello che, ora, «piange sempre». Poi le parole su Anastasia, la fidanzata che era con Luca la sera dell’omicidio: «Per me lei è una brava ragazza, era come una figlia. Spero sia sincera o aggiungerebbe dolore su altro dolore. Se mente, è una diva di Hollywood». La posizione della giovane ucraina, babysitter di 25 anni, potrebbe però complicarsi. Dopo aver fornito la versione dello scippo finito male — che da subito non ha convinto gli inquirenti — la ragazza verrà interrogata di nuovo per dare spiegazioni sui soldi nello zainetto e sui rapporti con i pusher. «Quando si parla di lei bisogna camminare con i piedi di piombo. Allo stato attuale lei è una persona offesa», spiegano gli avvocati della famiglia Sacchi.
Buchi neri
Eppure ci sono troppi elementi che non tornano: l’effettiva quantità di denaro contenuti nello zaino che i due spacciatori avrebbero sottratto alla ragazza (le due mazzette da 50 e 20 euro di cui parla il loro intermediario non sono mai state ritrovate) e la dinamica delle trattative per la compravendita di marijuana. Al vaglio degli investigatori, intanto, ci sono i tabulati telefonici per ricostruire i contatti tra i due killer e la coppia di fidanzati. E si aspetta pure la relazione finale dell’autopsia, anche se l’esame autoptico ha già confermato che fatale per Luca è stato lo sparo alla testa e che il giovane è stato colpito con una mazza da baseball, mentre gli esami tossicologici hanno escluso l’utilizzo di droghe. Ma soprattutto, si attende che si componga il puzzle di una tragedia dai contorni ancora troppo oscuri.