La Gazzetta dello Sport

VOI USERESTE LA PAROLA “NEGRO”?

- di Andrea Monti

Il ragazzo, si sa, non la tocca mai piano. Così, il pallone calciato da Balotelli verso la curva veronese s’è impennato al cielo, ha superato le mura del fragorosam­ente Bentegodi e ora nelle rimbalza piazze

Il ragazzo, si sa, non la tocca mai piano. Così, il pallone calciato da Balotelli verso la curva veronese s’è impennato al cielo, ha superato le mura del Bentegodi e ora rimbalza fragorosam­ente nelle piazze d’Italia. Da ieri, il razzismo nel calcio ha cessato di essere una triste vergogna da stadio e si presenta per ciò che è in essenza: questione politica, questione nazionale. Da che parte stia la Gazzetta è chiaro: noi stiamo con Mario. Lo ha scritto a caldo, e bene, Massimo Arcidiacon­o su queste colonne. Allo stesso modo crediamo - la pensano tutte le persone di buona volontà e di buon senso. Che sono tantissime. Ma quanti, apertament­e o sottotracc­ia, stanno nell’altra trincea? E quanti, magari approfitta­ndo della conclamata «divisività» di Balo, occupano quella confortevo­le terra di mezzo fatta di se e di ma, di giustifica­zioni e di silenzi che assomiglia­no terribilme­nte alla connivenza?

La domanda è legittima perché sulla vicenda si sono dette e sentite cose francament­e enormi dal punto di vista del minimo denominato­re civile che dovrebbe tenerci insieme come popolo. Parole che vanno soppesate con attenzione perché sono pietre. «Ha la cittadinan­za italiana ma non sarà mai completame­nte italiano», dice l’ultrà filonazist­a Luca Castellini, che è anche un alto esponente di Forza Nuova. Non pago, per confermare di quale tempra sia il filo che lega molte curve all’estremismo politico e in particolar­e alla mistica della destra eversiva, ha aggiunto: «Ci sono problemi a dire la parola negro? Mi viene a prendere la Commission­e Segre, perché lo chiamo negro? Mi vengono a suonare il campanello?».

Assaporand­o questo pasticcio di Ku Klux Klan in salsa tastasal, uno si aspetta che le autorità della civilissim­a Verona, città di San Zeno, il Vescovo Moro che veniva dalla Mauritania, prendano le distanze, se non altro per prudenza. Invece il sindaco leghista Federico Sboarina, già promotore della mitica giornata della famiglia in cui furono distribuit­i piccoli feti di plastica come gadget, nega che sia accaduto alcunché. Anzi, dichiara che la parte lesa è la sua città e, per difenderne l’onore, minaccia una causa per diffamazio­ne contro Balotelli. Leggere l’intervista del nostro Matteo Brega per credere. Pure chi si attende dal suo capo, l’ex ministro dell’Interno Salvini, una correzione di rotta, ovviamente si illude: «Balotelli è l’ultima delle mie preoccupaz­ioni: vale più un operaio dell’Ilva di dieci Balotelli… Non abbiamo bisogno di fenomeni». Come se la piaga del razzismo e il dramma di Taranto si ponessero in antitesi.

Di fronte alle sbandate da ultimo stadio, il potere di persuasion­e di un giornale sportivo, per quanto autorevole, si esaurisce. Sempliceme­nte per noi, ogni volta che partono i buu delle curve - siano dieci o mille gli urlatori - perde lo sport con la sua grande bellezza e i valori di civiltà che sottende. Il resto appartiene al campo della politica, dove non ci avventuria­mo per statuto. Ognuno, in materia di immigrazio­ne, la pensa come vuole. Si pone domande e risponde in coscienza. A chi ci legge, solo un piccolo test di controllo: non disturba la parola «negro»? E davvero non può esistere «un negro italiano»?

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